Atto Terzo
O bel Genio nipponico, bello e antico Genio delle poesie, leggende, paurosi drammi, grottesche commedie e ute dolcissime agli amori che animano i silenzii delle sere… Bello e antico Genio dei fiori e dei pittori, non dunque gaiezza di colori vivaci, non bianchi chiarori di lune o distese di prati verdi correnti ai declivii di azzurri monti rispecchiati da laghi candidi, non trionfi di cieli e stormi di migranti uccelli, o mari d’argento ed agili saettii di awabis, intorno alla agonia di Iris ?
Sul delicato corpo, capolavoro distrutto, giù nell’abisso incombono solo le tre sinistre notti, la notte senza stelle del cielo, la notte senza riflessi delle acque morte, la notte senza lacrime della insensibilità della natura.
Così qui muore la vergine, il picciol corpo abbandonato all’abbraccio della bomhêria velenosa e della scirpa pungente.
Di lassù non un riflesso di una delle mille gaie lumiere del Yoshiwara !
Nell’aria greve e letale pur tuttavia vagano incerte ombre strane.
Bella e antica fantasia nipponica, sono essi forse gli Èni del tuo mondo superstizioso che scendono radendo gli squallidi fianchi della squallida montagna, i tuoi grotteschi, bonarii o perversi folletti dalle facce sinistramente buffone ? È Benkei a cavallo della sua gran campana di bronzo ? È Kintoki abbracciato ad un orso che ride ? È Momotaro gobbo e sbilenco ? O sono forse gli Incubi in forma di granchi o nani dall’orribile rictus quelle strane ombre ?
In verità rassembrano fantastiche creationi, così la penombra caliginosa li trasfigura ! No ; non sono gli enti permalosi e ad ora bonaccioni delle tue fole infantili, bello e antico Genio nipponico ; sono dei cenciaioli, quaggiù sospinti dalla lotta per la esistenza !
Colle loro lanternuzze, bizzarre umane lucciole della Vita cittadina, errano, l’uncino acuto a mano, guardando, desiderando, sognando i più pazzi tesori del mondo, giù in questo fango di cose morte.
LA NOTTE
▼VOCI DI DONNE CANTANDO A BOCCA CHIUSA▲
(in lontananza)
(Alcune figure strane errano con piccole lanterne e con uncini, rovistando.)
▼UN CENCIAIUOLO▲
(Tutto solo in disparte, canticchia un Elogio alla Luna.)
Ad ora bruna e tarda
La Luna è tutta gaia
Se in due la si riguarda ;
Soli è una Luna scialba…
Se Notte non ti appaia,
Amica, invoca l’Alba !
▼ALCUNI CENCIAIUOLI▲
(frugando inutilmente)
La fogna è avara e muta !
L’uncino invan la scruta !
▼UN CENCIAIUOLO▲
(S’arresta, gli occhi fissi nell’uncino trattenuto da un qualche cosa presso l’acqua morta.)
Tacete !
Il mio s’intrica !
(Il cenciaiuolo ritira con paziente cautela l’uncino e trae a sè diretto un inviluppo d’ortiche. Gli altri ridono.)
▼ALTRI CENCIAIUOLI▲
(Ridono.)
Ah, ah, ah !
▼ALCUNI CENCIAIUOLI▲
È il cespo d’un’ortica !
▼ALTRI CENCIAIUOLI▲
(Ridono.)
Ah, ah, ah, ah, ah, ah !
(Ritornano a cercare.)
▼UN CENCIAIUOLO▲
(Respinge brutalmente il collega che gli stavicino.)
Olà !
(Il suo uncino ha fatto presa in un blocco di fango e resiste contro un oggetto, pesante, come fosse davvero uno scrigno colmo di rios d’oro.)
Non muover passo !
▼ALTRI CENCIAIUOLI▲
Un tesoro ?
▼ALCUNI CENCIAIUOLI▲
Dell’oro !
▼ALTRI CENCIAIUOLI▲
Grand’oro !
▼ALCUNI CENCIAIUOLI▲
Gran tesoro !
(Con enorme sforzo il fortunato cenciaiuolo estrae dal fango un sasso… e gli altri ridono.)
▼I CENCIAIUOLI▲
Ah, ah, ah !
È il tesoro d’un sasso !
▼ALCUNI CENCIAIUOLI▲
Ah, ah, ah, ah, ah !
▼IL CENCIAIUOLO▲
(Riprende il suo Elogio alla Luna, mentre gli altri continuano a rovistare.)
Ad ora bruna e tarda,
La luna è tutta gaia
Se in due la si riguarda ;
Soli… è una Luna scialba…
Se Notte…
(Un rapido bagliore luccica sotto il monte tagliato a picco : un grido di sorpresa strozza al canterino cenciaiuolo l’Elogio alla Luna.)
▼UN CENCIAIUOLO▲
Un guizzo !
(Il bagliore è già svanito, e invano innalzano e abbassano le lanterne per richiamare nell’oggetto misterioso il bagliore intravveduto.)
▼ALCUNI CENCIAIUOLI▲
Spento !
Svanito via !
▼IL CENCIAIUOLO▲
D’avida… fantasia il tormento !
(Ecco di nuovo, e più distinto, il bagliore di prima : è la veste d’Iris)
▼I CENCIAIUOLI▲
Ancor ! È raggio d’or !
Traluce ! È luce ! È veste !
▼UN CENCIAIUOLO▲
Ha dentro ancor
Il corpo che la porta !
(I cenciaiuoli, che sono accorsi avidamente, s’arrestano avanti il corpo d’Iris e non osano stendervi le mani.)
▼IL CENCIAIUOLO▲
Che importa ?
È d’una morta !
(Si slanciano sul corpo d’Iris. La veste è strappata con gran violenza ; uno respingendo l’altro a pugni, a ceffate, si contendono gli orpelli di Kyoto. Un moto di vita sfugge dal piccolo corpo d’Iris. I cenciaiuoli, atterriti, superstiziosi, paurosi, fuggono.)
▼IL CENCIAIUOLO▲
(lontanissimo)
Amico, invoca l’Alba !
▼IRIS▲
(Rinvenendo un poco, come trasognata, mormora, quasi rampogna contro il mondo, il destino o la divinità.)
Perché ? Perché ?
(E rimane immobile : nell’aere freddo e muto le sembra di udire strane e beffarde voci, che rassembrano quelle dei tre personaggi della sua breve esistenza : il giovane della voluttà, il taikomati, il padre cieco.)
L’EGOISMO DI OSAKA
▼LA VOCE DI OSAKA▲
Ognun pel suo cammino
Va spinto dal destino
Di sua fatal natura !
Il tuo gentile vezzo,
Calma a desìo divino,
È un’umana tortura.
Tu muori come il fior
Che pel suo olezzo muor !
Nel mio egoismo tetro
Or porto altrove il mio riso
E canto di spetro.
Così la Vita ! Addio !
L’EGOISMO DI KYOTO
▼LA VOCE DI KYOTO▲
Rubai ; fui bastonato,
Onde mutai mestiere ;
Ho la livrea indossato
Del più gran re : il Piacere.
Or siamo quim così.
Io, per la mia viltà carnefice,
Tu, vittima per questa tua beltà…
Perché ? Io no lo so…
Così la Vita ! Vò !
L’EGOISMO DEL CIECO
▼LA VOCE DEL CIECO▲
Ohimè, chi allumerà
Nell’inverno il mio foco
E all’ombra o a fresco loco
L’estate m’addurrà ?
Tale è il pensier che in fondo
Dispreme il pianto mio
E fa il mio duol profondo !
Così la Vita ! Addio !
(Le voci misteriose, così come hanno favellato alla fantasia della morente fanciulla, si estinguono bizzarramente.)
▼IRIS▲
(credendo sempre di sognare)
Ancora il triste sogno pauroso !
Visioni ! Affanni ! Angoscie !
Persone ignote !
Ignote cose e lochi
E strane risa e lacrime !
▼LA VOCE DI OSAKA▲
(lontanissima)
Tu muori come il fior
Che pel suo olezzo muor…
▼IRIS▲
(Il pensiero della sua misera vita le si affaccia dolorosamente.)
Il picciol mondo della mia casetta
Perché dispar ? Perché ?
Giardin, rondini, fior,
Echi a’ miei canti…
Tutto dilegua e tace.
Perché codesti strazii
E queste tenebre ?
E perché piango e muoio,
E m’abbandona ogni persona
E cosa e vita,
E luce, e tutto ?
Il Picciol mondo della mia casetta
È silenzio e paura.
(sempre l’angoscia, la stessa domanda)
Perché ? Perché ?
(Nel cielo cominciano i primi bagliori. La luce si fa più viva, quasi volesse rianimare la morente Iris, che guarda fissa nelle immense profondità dell’azzurro cielo. I primi raggi del sole scendono a carezzare Iris ; essa crede sentire in sé rinnovellarsi la vita : e con entusiasmo alzandosi e protendendo le braccia in alto, saluta il sole, che ora tutta la illumina.)
▼IRIS▲
Un gran occhio mi guarda !
Il Sole ? È il Sole !
Tu sol non m’abbandoni !
A me tu vieni,
Io riposo al tua raggio
Riposo nella luce !
Aure di canti !
Mari di splendori !
Plaghe, cieli di fiori !
(Muore Iris, ma già eterna, sente la sua anima divenire fulgida come un raggio, alla voce ben nota del suo Sole che chiama.)
▼IL SOLE (CORO)▲
Ancor ! Son Io, la Vita !
Son la Beltà infinita,
La Luce ed il Calor.
Amate, o Cose !
Dico : Sono il Dio novo e antico ;
Son l’Amor, son l’Amor !
I FIORI
▼VOCI DI DONNE CANTANDO A BOCCA CHIUSA▲
(Tutta una fantasia di fiori, che sbocciano sotto la potenza dei raggi solari, si stende poco a poco intorno al corpo d’Iris. Non più gli squallidi dirupi, la melmosa fogna, ma una immensità di fiori ed un mare di luce.)
(Gli steli dei fiori si annodano intorno al corpo d’Iris, come braccia umane, e la sollevano su per l’azzurro e l’infinito… verso il sole.)
▼IL SOLE (CORO)▲
Dei Mondi Io la Cagione ;
Dei Cieli Io la Ragione !
Uguale Io scendo ai Re,
Sì come a te, mousmè !(ecc.)
L’anima tua è mia !
D’un fiore all’agonia venite
O fior, o fior venite tutti, o fior !
(O Morte, Signora Misteriosa, quanto sei grande nella tua pietà, Tu che tanti mare e cieli eterni poni fra gli umani e i loro dolori !)
Atto Terzo
O bel Genio nipponico, bello e antico Genio delle poesie, leggende, paurosi drammi, grottesche commedie e ute dolcissime agli amori che animano i silenzii delle sere… Bello e antico Genio dei fiori e dei pittori, non dunque gaiezza di colori vivaci, non bianchi chiarori di lune o distese di prati verdi correnti ai declivii di azzurri monti rispecchiati da laghi candidi, non trionfi di cieli e stormi di migranti uccelli, o mari d’argento ed agili saettii di awabis, intorno alla agonia di Iris?
Sul delicato corpo, capolavoro distrutto, giù nell’abisso incombono solo le tre sinistre notti, la notte senza stelle del cielo, la notte senza riflessi delle acque morte, la notte senza lacrime della insensibilità della natura.
Così qui muore la vergine, il picciol corpo abbandonato all’abbraccio della bomhêria velenosa e della scirpa pungente.
Di lassù non un riflesso di una delle mille gaie lumiere del Yoshiwara!
Nell’aria greve e letale pur tuttavia vagano incerte ombre strane.
Bella e antica fantasia nipponica, sono essi forse gli Èni del tuo mondo superstizioso che scendono radendo gli squallidi fianchi della squallida montagna, i tuoi grotteschi, bonarii o perversi folletti dalle facce sinistramente buffone? È Benkei a cavallo della sua gran campana di bronzo? È Kintoki abbracciato ad un orso che ride? È Momotaro gobbo e sbilenco? O sono forse gli Incubi in forma di granchi o nani dall’orribile rictus quelle strane ombre?
In verità rassembrano fantastiche creationi, così la penombra caliginosa li trasfigura! No ; non sono gli enti permalosi e ad ora bonaccioni delle tue fole infantili, bello e antico Genio nipponico ; sono dei cenciaioli, quaggiù sospinti dalla lotta per la esistenza!
Colle loro lanternuzze, bizzarre umane lucciole della Vita cittadina, errano, l’uncino acuto a mano, guardando, desiderando, sognando i più pazzi tesori del mondo, giù in questo fango di cose morte.
LA NOTTE
VOCI DI DONNE CANTANDO A BOCCA CHIUSA
(in lontananza)
(Alcune figure strane errano con piccole lanterne e con uncini, rovistando.)
UN CENCIAIUOLO
(Tutto solo in disparte, canticchia un Elogio alla Luna.)
Ad ora bruna e tarda
La Luna è tutta gaia
Se in due la si riguarda ;
Soli è una Luna scialba…
Se Notte non ti appaia,
Amica, invoca l’Alba!
ALCUNI CENCIAIUOLI
(frugando inutilmente)
La fogna è avara e muta!
L’uncino invan la scruta!
UN CENCIAIUOLO
(S’arresta, gli occhi fissi nell’uncino trattenuto da un qualche cosa presso l’acqua morta.)
Tacete!
Il mio s’intrica!
(Il cenciaiuolo ritira con paziente cautela l’uncino e trae a sè diretto un inviluppo d’ortiche. Gli altri ridono.)
ALTRI CENCIAIUOLI
(Ridono.)
Ah, ah, ah!
ALCUNI CENCIAIUOLI
È il cespo d’un’ortica!
ALTRI CENCIAIUOLI
(Ridono.)
Ah, ah, ah, ah, ah, ah!
(Ritornano a cercare.)
UN CENCIAIUOLO
(Respinge brutalmente il collega che gli stavicino.)
Olà!
(Il suo uncino ha fatto presa in un blocco di fango e resiste contro un oggetto, pesante, come fosse davvero uno scrigno colmo di rios d’oro.)
Non muover passo!
ALTRI CENCIAIUOLI
Un tesoro?
ALCUNI CENCIAIUOLI
Dell’oro !
ALTRI CENCIAIUOLI
Grand’oro!
ALCUNI CENCIAIUOLI
Gran tesoro!
(Con enorme sforzo il fortunato cenciaiuolo estrae dal fango un sasso… e gli altri ridono.)
I CENCIAIUOLI
Ah, ah, ah!
È il tesoro d’un sasso!
ALCUNI CENCIAIUOLI
Ah, ah, ah, ah, ah!
IL CENCIAIUOLO
(Riprende il suo Elogio alla Luna, mentre gli altri continuano a rovistare.)
Ad ora bruna e tarda,
La luna è tutta gaia
Se in due la si riguarda ;
Soli… è una Luna scialba…
Se Notte…
(Un rapido bagliore luccica sotto il monte tagliato a picco : un grido di sorpresa strozza al canterino cenciaiuolo l’Elogio alla Luna.)
UN CENCIAIUOLO
Un guizzo!
(Il bagliore è già svanito, e invano innalzano e abbassano le lanterne per richiamare nell’oggetto misterioso il bagliore intravveduto.)
ALCUNI CENCIAIUOLI
Spento!
Svanito via!
IL CENCIAIUOLO
D’avida… fantasia il tormento!
(Ecco di nuovo, e più distinto, il bagliore di prima : è la veste d’Iris)
I CENCIAIUOLI
Ancor! È raggio d’or!
Traluce! È luce! È veste!
UN CENCIAIUOLO
Ha dentro ancor
Il corpo che la porta!
(I cenciaiuoli, che sono accorsi avidamente, s’arrestano avanti il corpo d’Iris e non osano stendervi le mani.)
IL CENCIAIUOLO
Che importa?
È d’una morta!
(Si slanciano sul corpo d’Iris. La veste è strappata con gran violenza ; uno respingendo l’altro a pugni, a ceffate, si contendono gli orpelli di Kyoto. Un moto di vita sfugge dal piccolo corpo d’Iris. I cenciaiuoli, atterriti, superstiziosi, paurosi, fuggono.)
IL CENCIAIUOLO
(lontanissimo)
Amico, invoca l’Alba!
IRIS
(Rinvenendo un poco, come trasognata, mormora, quasi rampogna contro il mondo, il destino o la divinità.)
Perché? Perché?
(E rimane immobile : nell’aere freddo e muto le sembra di udire strane e beffarde voci, che rassembrano quelle dei tre personaggi della sua breve esistenza : il giovane della voluttà, il taikomati, il padre cieco.)
L’EGOISMO DI OSAKA
LA VOCE DI OSAKA
Ognun pel suo cammino
Va spinto dal destino
Di sua fatal natura!
Il tuo gentile vezzo,
Calma a desìo divino,
È un’umana tortura.
Tu muori come il fior
Che pel suo olezzo muor!
Nel mio egoismo tetro
Or porto altrove il mio riso
E canto di spetro.
Così la Vita! Addio!
L’EGOISMO DI KYOTO
LA VOCE DI KYOTO
Rubai ; fui bastonato,
Onde mutai mestiere ;
Ho la livrea indossato
Del più gran re : il Piacere.
Or siamo quim così.
Io, per la mia viltà carnefice,
Tu, vittima per questa tua beltà…
Perché? Io no lo so…
Così la Vita! Vò!
L’EGOISMO DEL CIECO
LA VOCE DEL CIECO
Ohimè, chi allumerà
Nell’inverno il mio foco
E all’ombra o a fresco loco
L’estate m’addurrà?
Tale è il pensier che in fondo
Dispreme il pianto mio
E fa il mio duol profondo!
Così la Vita! Addio!
(Le voci misteriose, così come hanno favellato alla fantasia della morente fanciulla, si estinguono bizzarramente.)
IRIS
(credendo sempre di sognare)
Ancora il triste sogno pauroso!
Visioni! Affanni! Angoscie!
Persone ignote!
Ignote cose e lochi
E strane risa e lacrime!
LA VOCE DI OSAKA
(lontanissima)
Tu muori come il fior
Che pel suo olezzo muor…
IRIS
(Il pensiero della sua misera vita le si affaccia dolorosamente.)
Il picciol mondo della mia casetta
Perché dispar? Perché?
Giardin, rondini, fior,
Echi a’ miei canti…
Tutto dilegua e tace.
Perché codesti strazii
E queste tenebre?
E perché piango e muoio,
E m’abbandona ogni persona
E cosa e vita,
E luce, e tutto?
Il Picciol mondo della mia casetta
È silenzio e paura.
(sempre l’angoscia, la stessa domanda)
Perché? Perché?
(Nel cielo cominciano i primi bagliori. La luce si fa più viva, quasi volesse rianimare la morente Iris, che guarda fissa nelle immense profondità dell’azzurro cielo. I primi raggi del sole scendono a carezzare Iris ; essa crede sentire in sé rinnovellarsi la vita : e con entusiasmo alzandosi e protendendo le braccia in alto, saluta il sole, che ora tutta la illumina.)
IRIS
Un gran occhio mi guarda!
Il Sole? È il Sole!
Tu sol non m’abbandoni!
A me tu vieni,
Io riposo al tua raggio
Riposo nella luce!
Aure di canti!
Mari di splendori!
Plaghe, cieli di fiori!
(Muore Iris, ma già eterna, sente la sua anima divenire fulgida come un raggio, alla voce ben nota del suo Sole che chiama.)
IL SOLE (CORO)
Ancor! Son Io, la Vita!
Son la Beltà infinita,
La Luce ed il Calor.
Amate, o Cose!
Dico : Sono il Dio novo e antico ;
Son l’Amor, son l’Amor!
I FIORI
VOCI DI DONNE CANTANDO A BOCCA CHIUSA
(Tutta una fantasia di fiori, che sbocciano sotto la potenza dei raggi solari, si stende poco a poco intorno al corpo d’Iris. Non più gli squallidi dirupi, la melmosa fogna, ma una immensità di fiori ed un mare di luce.)
(Gli steli dei fiori si annodano intorno al corpo d’Iris, come braccia umane, e la sollevano su per l’azzurro e l’infinito… verso il sole.)
IL SOLE (CORO)
Dei Mondi Io la Cagione ;
Dei Cieli Io la Ragione!
Uguale Io scendo ai Re,
Sì come a te, mousmè! ecc.
L’anima tua è mia!
D’un fiore all’agonia venite
O fior, o fior venite tutti, o fior!
O Morte, Signora Misteriosa, quanto sei grande nella tua pietà, Tu che tanti mare e cieli eterni poni fra gli umani e i loro dolori!