Preludio
PROLOGO
(Venezia.
Terrazzo del palazzo Grimani. Festa di notte. Alcune maschere attraversano di tratto in tratto il terrazzo, dai due lati del quale si vede il palagio splendidamente illuminato. In fondo il canale della Giudecca, sul quale si veggono a passare ad intervalli nelle tenebre alcune gondole. In lontano Venezia al chiaror di luna.)
▼GAZELLA▲
Bella Venezia!
▼PETRUCCI▲
Amabile!
▼GAZELLA, PETRUCCI▲
Degni piacer soggiorno
▼ORSINI▲
Men di sue notti è limpido
d'ogn'altro cielo il giorno.
(Corrono d'ogni parte a veder le dame e le maschere che passeggiano.)
ORSINI, poi LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI e GAZELLA
E l'orator Grimani
noi seguirem domani:
tali avrem mai
tali delizie in riva al Po?
▼GUBETTA▲
(inoltrandosi)
Le avrem. D'Alfonso è splendida,
lieta la Corte assai;
Lucrezia Borgia …
CORO e TUTTI
Acquetati, non la nomar giammai.
▼VITELLOZZO▲
Nome esecrato è questo.
▼LIVEROTTO▲
La Borgia, io la detesto.
CORO e TUTTI
Chi le sue colpe intendere,
e non odiarla può?
▼ORSINI▲
Io più di tutti. Uditemi.
(tutti si accostano)
Un veglio, un indovino …
▼GENNARO▲
Novellator perpetuo
esser vuoi dunque, Orsino?
▼LIVEROTTO, VITELLOZZO, GUBETTA, PETRUCCI, GAZELLA▲
Taci!
▼GENNARO▲
Lascia la Borgia in pace:
udir di lei mi spiace.
▼LIVEROTTO, VITELLOZZO▲
Taci, non l'interrompere,
breve il suo dir sarà.
▼GENNARO▲
lo dormirò. Destatemi
quando finito avrà.
(si adagia, e a poco a poco si addormenta)
▼ORSINI▲
Uditemi.
Nella fatal di Rimini
e memorabil guerra,
ferito e quasi esanime
io mi giaceva a terra.
Gennaro a me soccorse,
il suo destrier mi porse,
e in solitario bosco
mi trasse e mi salvò.
LIVEROTTO, VITELLOZZO, poi CORO e TUTTI
La sua virtù conosco,
la sua pietade io so.
▼ORSINI▲
Là nella notte tacita,
lena pigliando e speme,
giurammo insieme di vivere
e di morire insieme.
"E insiem morrete," allora
voce gridò sonora:
e un veglio in veste nera
gigante a noi s'offri.
LIVEROTTO, ecc.
Cielo!
▼ORSINI▲
"Fuggite i Borgia, o giovani,"
ei proseguì più forte.
"Odio alla rea Lucrezia,
dov'è Lucrezia è morte."
LIVEROTTO, ecc.
Qual mago egl'era
per profetar così?
▼ORSINI▲
Sparve ciò detto, e il vento,
in suono di lamento,
quel nome ch'io detesto
tre volte replico!
LIVEROTTO, ecc. più CORO
Rio vaticinio è questo,
Ma fe' puoi dargli? No.
(Odesi la musica d'una banda dall'interno del palagio.)
▼CORO▲
Senti. La danza invitaci.
Bando, bando a si triste immagini,
passiam la notte in gioia.
Assai quell'empia femmina
ne diè tormento e noia.
▼ORSINI▲
Fede a fallaci oroscopi
l'anima mia non presta fe',
ma pur, mio malgrado, un palpito
tal sovvenir mi desta.
Spesso dovunque movo,
quel veglio orrendo trovo,
dovunque io movo,
quella minaccia orribile
parmi la notte udir, ah!
LIVEROTTO, ecc. più CORO
Finchè il Leon temuto
ne porge asilo e aiuto,
l'arti e il furor de' Borgia
non ci potran colpir.
Vieni, la danza invitaci …
lasciam costui dormir.
(Partono tutti, traendo seco Orsini.)
(Approda una gondola: n'esce una Dama mascherata. È Lucrezia. S'inoltra guardinga.
Vede Gennaro addormentato e s'appressa a lui contemplandolo con piacere e rispetto.
Gubetta le va incontro.)
▼LUCREZIA▲
Tranquillo ei posa.
Oh! sian così tranquille sue notti sempre!
e mai provar non debba qual delle notti mie,
quant'è il tormento, ah! -
(a Gubetta)
Sei tu?
▼GUBETTA▲
Son io. Pavento che alcun vi scopra: ai giorni
vostri, è vero, scudo è Venezia; ma vietar non
puote che conosciuta non v'insulti alcuno.
▼LUCREZIA▲
E insultata sarei! m'abborre ognuno!
Pur, per sì trista sorte nata io non era.
Oh! potess'io far tanto che il passato non fosse,
e in un cor solo destare un senso di pietade e amore,
che invano al mondom in mia grandezza
io chiedo! Quel giovin vedi?
▼GUBETTA▲
Il vedo, e da più di lo seguo,
e indarno tento scoprir l'arcano
che per fui vi tragge
da Ferrara a Venezia in tanta ambascia.
▼LUCREZIA▲
Tu scoprirlo! Nol puoi!
Seco mi lascia.
(Gubetta parte. Mentre Lucrezia si avvicina a Gennaro non si accorge di due uomini mascherati che passano dal fondo, e si fermano in disparte.)
▼LUCREZIA▲
(guardandolo con affetto)
Com'è bello! quale incanto
in quel volto onesto e altero!
No, giammai leggiadro tanto
non sel pinse il mio pensiero.
L'alma mia di gioia è piena
or che alfin lo può mirar.
Mi risparmia, o ciel, la pena
ch'ei mi debba un dì sprezzar.
Se il destassi? … No, non oso,
nè scoprire il mio sembiante,
pure il ciglio lagrimoso
terger debbo un solo istante.
(Lucrezia si toglie la maschera e si asciuga le lagrime.)
▼DUCA▲
(indietro)
Vedi? è dessa.
▼RUSTIGHELLO▲
(indietro)
È dessa, è vero.
▼DUCA▲
Chi è il garzone?
▼RUSTIGHELLO▲
Un venturiero
▼DUCA▲
Non ha patria?
▼RUSTIGHELLO▲
Ne parenti, ma è guerrier fra i più valenti.
▼DUCA▲
Di condurlo adopra ogn'arte
a Ferrara in mio poter.
▼RUSTIGHELLO▲
Con Grimani all'alba ei parte,
ei previene il tuo pensier
▼LUCREZIA▲
Mentre geme i cor sommesso,
mentre piango a te d'appresso,
dormi e sogna, o dolce oggetto,
sol di gioia e di diletto,
ed un angiol tutelare
non ti desti che al piacer!
Ah! triste notti e veglie amare
debbo sola sostener.
Gioie sogna, ed un angiol
non ti desti che al piacer!
(Lucrezia si avvicina a baciare la mano a Gennaro.
I due mascherati partono. Gennaro si desta e afferra Lucrezia per le braccia.)
▼LUCREZIA▲
Ciel!
▼GENNARO▲
Che vegg'io?
▼LUCREZIA▲
Lasciatemi!
▼GENNARO▲
No, no, gentil signora.
▼LUCREZIA▲
Lasciatemi!
▼GENNARO▲
No, per mia fede!
▼LUCREZIA▲
Ah! lasciatemi!
▼GENNARO▲
No, per mia fede!
Ch'io vi contempli ancora!
Leggiadra, leggiadra, amabil siete,
nè paventar dovete,
che ingrato ed insensibile
per voi si trovi un cor.
▼LUCREZIA▲
Gennaro! e fia possibile
che a me tu porti amor?
▼GENNARO▲
Qual dubbio è il vostro?
▼LUCREZIA▲
Ah dimmelo.
▼GENNARO▲
Sì, quanto lice, io v'amo
▼LUCREZIA▲
(fra sè)
Oh gioia!
▼GENNARO▲
(incerto)
Va … v'a …
(deciso)
Eppur, uditemi …
esser verace io bramo.
Avvi un più caro oggetto,
cui nutro immenso affetto.
▼LUCREZIA▲
E ti è dime più caro?
▼GENNARO▲
Si.
▼LUCREZIA▲
Chi è mai?
▼GENNARO▲
Mia madre ell'è.
▼LUCREZIA▲
Tua madre!
▼GENNARO▲
Si.
▼LUCREZIA▲
Tua madre! Oh mio Gennaro!
Tu l'ami?
▼GENNARO▲
Al par di me.
▼LUCREZIA▲
Ed ella?
▼GENNARO▲
Ah! compiangetemi:
io non la vidi mai.
▼LUCREZIA▲
Ma, come?
▼GENNARO▲
È funesta istoria,
che sempre altrui celai,
ma son da ignoto istinto
a dirla a voi sospinto;
alma cortese e bella
nel vostro volto appar.
▼LUCREZIA▲
Ah! favella, tutto mi puoi narrar!
▼GENNARO▲
Di pescatore ignobile
esser figlruol credei
e seco oscuro in Napoli
vissi i prim'anni miei.
Quando un guerriero incognito
venne d'inganno a trarmi;
mi diè cavallo ed armi,
e un foglio a me lasciò.
▼LUCREZIA▲
Ebben?
▼GENNARO▲
Era mia madre, ahi misera!
Mia madre che scrivea …
di rio possente vittima
per sè, per me temea;
di non parlar, nè chiedere
il nome suo qual era
calda mi fe' preghiera,
ed obbedita io l'ho,
calda mi fe' preghiera.
▼LUCREZIA▲
(asciugandosi le lagrime)
E il foglio suo?
▼GENNARO▲
Miratelo:
mai dal mio cor si parte.
▼LUCREZIA▲
Oh! quante amare lagrime
forse in vergarlo ha sparte!
▼GENNARO▲
Ed io, signora, oh quanto
su quelle cifre ho pianto!
Ma che? voi pur piangete?
▼LUCREZIA▲
Ah sì.
▼GENNARO▲
Piangete?
▼LUCREZIA▲
Per lei … per te …
▼GENNARO▲
Per me?
▼LUCREZIA▲
Per te.
▼GENNARO▲
Piangete per me?
Alma gentil voi siete,
ancor più caro a me.
▼LUCREZIA▲
Ama tua madre, e tenero
sempre per lei ti serba.
Prega che l'ira plachisi
della sua sorte acerba.
Prega che un giorno stringere
ella ti possa al cor.
▼GENNARO▲
L'amo, si, l'amo e sembrami
vederla in ogni oggetto,
una soave immagine
me n'ho formato in petto;
seco, dormente o vigile,
seco favello ognor.
▼LUCREZIA▲
(fra se)
Tenero cor!
▼GENNARO▲
Alma gentil voi siete,
più caro a me.
▼LUCREZIA▲
Ah! Ama tua madre, (ecc.)
▼GENNARO▲
L'amo, (ecc.)
(Sì avvicinano da varie parti le maschere: escono paggi con torcie che accompagnano Dame e Cavalieri. Orsini entra accompagnato dai suoi amici.)
▼LUCREZIA▲
Gente appressa … io ti lascio.
▼GENNARO▲
(trattenendola)
Ah! fermate
▼ORSINI▲
(riconosce Lucrezia, l'addita ai compagni)
Chi mai veggo!
▼LUCREZIA▲
Mi è forza lasciarti.
▼GENNARO▲
Deh! chi siete almen dirmi degnate …
▼LUCREZIA▲
Tal che t'ama, e sua vita è l'amarti.
▼ORSINI▲
(inoltrandosi)
lo dirollo.
▼LUCREZIA▲
(coprendosi colla maschera il volto, volendo allontanarsi)
Gran Dio!
▼ORSINI▲
(opponendosi)
Non partite. Forza è udirne …
(riconducendola)
▼LUCREZIA▲
Gennaro!
▼GENNARO▲
Che ardite?
S'avvi alcun d'insultarla capace,
di Gennaro più amico non è.
▼ORSINI▲
Chi siam noi sol chiararla ne piace.
▼LUCREZIA▲
(fra se)
Oh cimento!
▼ORSINI▲
E poi fugga da te.
▼GENNARO▲
Favellate.
▼ORSINI▲
Maffio Orsini, signora, son io,
cui svenaste il dormente fratello.
▼VITELLOZZO▲
Io Vitelli, cui feste lo zio
trucidar nel rapito castello.
▼LIVEROTTO▲
Io nipote d'Appiano tradito,
da voi spento in infame convito.
▼PETRUCCI▲
Io Petrucci, del conte cugino,
cui toglieste di Siena il domino.
▼GAZELLA▲
Io congiunto d'oppresso consorte,
che vedeste nel Tebro perir.
▼GENNARO▲
Ciel! che ascolto!
▼LUCREZIA▲
(fra sè)
Oh! malvagia mia sortei
▼CORO▲
Qual rea donna!
▼LUCREZIA▲
(fra se)
Ove fuggo? che dir?
▼ORSINI▲
Or che a lei 'esser nostro è palese,
odi il suo …
GENNARO e CORO
Dite, dite.
ORSINI ecc.
Ella è donna che infame si rese,
che l'orrore sarà d'ogni etade …
▼LUCREZIA▲
Grazia! grazia!
ORSINI ecc.
Ella e donna venefica, impura,
vilipese, oltraggiò la natura.
Come odiata, è temuta del paro,
chè potente il destino la fa.
▼GENNARO▲
Oh! chi è mai?
▼LUCREZIA▲
(supplichevole a' suoi piedi)
Non udirli, o Gennaro …
ORSINI ecc., più CORO
(strappandole la maschera)
È la Borgia … ravvisala …
▼GENNARO▲
Dio! … va, va, va!
▼TUTTI▲
(con un grido d'orrore)
Ah!
▼LUCREZIA▲
Ah!
(Tutti fuggono, Lucrezia segue Gennaro, tenendolo per le ginocchia.)
ATTO PRIMO
SCENA PRIMA
(Una piazza di Ferrara.
Da un lato palazzo con verone, sotto al quale uno stemma di marmo, ove è scritto con caratteri visibili di rame dorato «BORGIA».
Dall'altro una piccola casa coll'uscio sulla strada, lecui finestre sono illuminate di dentro.
Notte)
▼DUCA▲
Nel veneto corteggio lo ravvisasti?
▼RUSTIGHELLO▲
E me gli posi al fianco, e lo seguii come se
l'ombra io fossi del corpo suo.
(addita la casa di Gennaro)
Quello è il suo tetto.
▼DUCA▲
Quello? Appo il ducale ostello …
Lucrezia il volle!
▼RUSTIGHELLO▲
E in esso ancora il vuole,
se non m'inganna di quel vil Gubetta
l'ire e il redir, e lo spiar furtivo.
▼DUCA▲
Entrarvi ei puote, non ne uscir mai vivo.
(Odonsi voci e suoni dalla casa di Gennaro)
Odi?
▼RUSTIGHELLO▲
Gli amici in festa.
Tutta la notte accoglieva in quelle porte
il giovin folle.
VOCI dalla casa
Viva! … Evviva! …
▼RUSTIGHELLO▲
Separarsi all'alba han per costume.
▼DUCA▲
E l'ultim' alba è questa che al temerario splende;
l'ultimo addio che dagli amici ei prende.
Vieni: la mia vendetta
è meditata e pronta:
ei l'assicura e affretta
col cieco suo fidar.
▼RUSTIGHELLO▲
Ma se l'altier Grimani
là si recasse ad onta?
▼DUCA▲
Mai per codesti insani
me non vorrà sfidar.
Qualunque sia l'evento
che può recar fortuna,
nemico non pavento
l'altero ambasciator.
Noti sempre chiusa ai popoli
fu la fatal Laguna,
ad oltraggiato principe
aprir si puote ancora.
(I suoni dalla casa di Gennaro si fan più vicini, si spengono i lumi.)
▼RUSTIGHELLO▲
Tutta la notte in festa.
▼DUCA▲
E l'ultima sarà.
▼RUSTIGHELLO▲
L'ultimo addio sarà.
▼DUCA▲
Sì … Qualunque sia l'evento, (ecc.)
(Escono tutti lieti dalla casa di Gennaro. Egli solo è pensoso.
Gubetta si fa vedere in disparte.)
▼ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI, GAZELLA▲
Addio, Gennaro.
▼GENNARO▲
Addio, nobili amici.
▼ORSINI▲
Ma che? deggio si mesto mirarti ognor?
▼GENNARO▲
Mesto non già
(fra se)
Potessi, se non vederti,
almen giovarti, o madre!
▼ORSINI▲
Mille beltà leggiadre
saran stasera al genial festino,
cui la gentil n'invita principessa Negroni.
▼TUTTI▲
(meno Gennaro)
Tutti fummo invitati
▼GUBETTA▲
(avanzandosi)
E il sono anch'io.
▼LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI, GAZELLA▲
Oh! Il signor Beverana!
(Tutti gli vanno incontro, tranne Gennaro e Orsini.)
▼GENNARO▲
(a Orsini)
Da per tutto è costui!
Già da gran tempo m'è sospetto.
▼ORSINI▲
Oh, non temer: uom lieto,
e, qual siam tutti, uno sventato è desso.
▼VITELLOZZO▲
Or via! cosi dimesso
io non ti vo', Gennaro.
▼LIVEROTTO▲
Ammaliato t'avria forse la Borgia?
▼GENNARO▲
E ognor di lei v'udrò parlarmi?
Giuro al cielo, signori, scherzi non voglio,
Uomo non v'ha che abborra al par di me costei.
▼PETRUCCI▲
Tacete. È quello il suo palagio.
▼GENNARO▲
E il sia. Stampare in fronte vorrei l'infamia,
anche a stampar son pronto su quelle mura
dov'è scritto "Borgia".
(Sale un gradino e colla punta del pugnale fa saltar via il "B" del BORGIA.)
LIVEROTTO, ecc.
Che fai?
▼GENNARO▲
Leggete adesso
ORSINI, LIVEROTTO, ecc.
Oh diamin! "ORGIA"!
▼GUBETTA▲
Una facezia è questa,
che può costar domani ben cara a molti.
▼GENNARO▲
Ove del reo si chieda,
me stesso a palesar pronto son io.
(Si vedono indietro due uomini vestiti di nero.)
▼ORSINI▲
Qualcun ci osserva. Separiamci.
▼TUTTI▲
Addio.
(Gennaro rientra in casa. Gli altri si disperdono.)
▼RUSTIGHELLO▲
Oui che fai?
▼ASTOLFO▲
Che tu ten vada fermo aspetto.
E tu che fai?
▼RUSTIGHELLO▲
Che tu sgombri la contrada fermo attendo.
▼ASTOLFO▲
Con chi l'hai?
▼RUSTIGHELLO▲
Con quel giovine straniero ch'ha qui stanza.
E tu con chi?
▼ASTOLFO▲
Con quel giovine straniero.
▼RUSTIGHELLO▲
Con quel?
▼ASTOLFO▲
… che pur esso alberga qui.
▼RUSTIGHELLO▲
Dove il guidi?
▼ASTOLFO▲
Alla Duchessa.
E tu dove?
▼RUSTIGHELLO▲
Al Duca appresso.
▼ASTOLFO▲
Oh! la via non è listessa.
▼RUSTIGHELLO▲
Nè conduce a un fine stesso.
▼ASTOLFO▲
L'una a festa …
▼RUSTIGHELLO▲
L'altra a morte …
▼ASTOLFO, RUSTIGHELLO▲
Delle due qual s'aprirà?
Del più destro o del più forte
dal voler dipenderà.
(Rustighello fa un segno dal cantone della strada; entra un drappello di scherani, i quali circondano Astolfo.)
RUSTIGHELLO, gli SCHERANI
La Non far motto, parti, sgombra:
il più forte appien lo vedi.
Guai per te se appena un' ombra
di sospetto a lui tu porgi.
Sai che un solo qui tutte regge:
somma legge è il suo voler.
▼ASTOLFO▲
Lo so … lo so
Ma il furor della Duchessa?
RUSTIGHELLO, gli SCHERANI
Taci, e d'essa no, non temer.
Al suo nome, alla sua fama,
tè l'audace estrema offesa.
▼ASTOLFO▲
Fè l'audace estrema offesa.
RUSTIGHELLO, gli SCHERANI
Vendicarsi il Duca brama;
impedirlo è stolta impresa.
▼ASTOLFO▲
Certo, certo, è stolta impresa,
RUSTIGHELLO, gli SCHERANI
Se da saggio oprar tu vuoi,
dêi piegare, partir, tacer.
(Astolfo si ritira. Rustighello e gli Scherani atterrano le porte della casa di Gennaro.)
SCENA SECONDA
(Sala net palazzo Ducale.
Gran porta in fondo. A dritta un uscio chiuso da invetriata. A sinistra un altro uscio segreto. Tavolino in mezzo coperto di velluto.)
▼DUCA▲
Tutto eseguisti?
▼RUSTIGHELLO▲
Tutto. Il prigioniero qui presso attende.
▼DUCA▲
Or bada. A quella in fondo segreta sala,
della statua a piedi dell avol mio,
riposi armadi schiude quest'aurea chiave.
Ivi d'argento un vaso, e un d'or vedrai:
nella propinqua stanza ambo gli reca,
nè desio ti tent dell'aureo vaso.
Vin de' Borgia è desso.
(Rustighello fa per partire)
Attendi. All'uscio appresso
ti tienti di spada armato.
Ov'io ti chiami, i vasi apporta;
ov'altro cenno intendi,
col ferro accorri.
▼USCIERE▲
(dalla porta)
La Duchessa.
▼DUCA▲
Affretta.
(RustighelIo parte. Lucrezia entra.)
Così turbata?
▼LUCREZIA▲
A voi mi trae vendetta.
Colpa inaudita, infame, a denunziarvi io vengo.
Avvi in Ferrara chi cella vostra sposa
a pien meriggio oltraggia il nome e mutilarlo ardisce.
▼DUCA▲
M'è noto.
▼LUCREZIA▲
E noi punisce? e il soffre Alfonso in vita?
▼DUCA▲
A noi dinanzi tosto fia tratto.
▼LUCREZIA▲
Sia! pretendo che morte egl'abbia, e al mio cospetto:
e sacra ducal parola al vostro amor ne chiedo.
▼DUCA▲
E sacra io dolla.
(all'Usciere)
Il prigionier.
(Usciere parte.)
Si presenta Gennaro disarmato fra le guardie.
▼LUCREZIA▲
(turbata al vederlo, fra sè)
Chi vedo!
▼DUCA▲
(con un sorriso)
Noto vi è desso?
▼LUCREZIA▲
(fra sè)
Oh Ciel! Gennaro! Ahi! qual fatalità!
▼GENNARO▲
La vostra Altezza, o Duca, toglier mi fece dal mio
tetto a forza da gente armata.
Chieder posso, io spero,
d'onde mertai questo rigor estremo?
▼DUCA▲
Capitano, appressate!
▼LUCREZIA▲
(fra se)
Io gelo, io tremo!
▼DUCA▲
Un temerario osava testè, di giorno,
dal ducal palago, con man profana
cancellar l'augusto nome di "Borgia".
Il reo a cerca.
▼LUCREZIA▲
I reo non è costui!
▼DUCA▲
D'onde il sapete?
▼LUCREZIA▲
Egli era stamane altrove …
Alcun de' suoi compagni commise il fallo.
▼GENNARO▲
Non è ver.
▼DUCA▲
L'udite?
Siate sincero, e dite se il reo voi siete.
▼GENNARO▲
Uso a mentir non sono; chè della vita istessa
più caro ho l'onor mio.
Duca Alfonso, io confesso, il reo son io.
▼LUCREZIA▲
(fra se)
Misera me!
▼DUCA▲
(piano a Lucrezia)
Vi diedi la mia ducal parola …
▼LUCREZIA▲
Alcuni istanti favellarvi in segreto,
Alfonso, io bramo.
(fra se)
Deh! secondami, o Ciel!
(A un cenno di Alfonso Gennaro è condotto via.)
▼DUCA▲
Soli noi siamo. Che chiedete?
▼LUCREZIA▲
Vi chiedo, o signore,
di quel giovane illesa la vita.
▼DUCA▲
Come? dianzi cotanto rigore?
L'ira vostra è si tosto sparita?
▼LUCREZIA▲
(con vezzo)
Fu capriccio. A che giova ch'ei mora?
giovin tanto! … Perdono gli do.
▼DUCA▲
La mia fede vi diedi, o signora,
nè a mia fede giammai fallirò.
▼LUCREZIA▲
Ma, Duca …
▼DUCA▲
Mai.
▼LUCREZIA▲
Ascoltate …
▼DUCA▲
Mai.
▼LUCREZIA▲
(frenandosi)
Don Alfonso, favore ben lieve
voi negate a sovrana, a consorte!
▼DUCA▲
Chi v'offese irne impune non deve.
Voi chiedeste, io giurai a sua morte.
▼LUCREZIA▲
Perdoniam: siam clementi del paro …
la clemenza è regale virtú.
▼DUCA▲
No, mai … Non posso.
▼LUCREZIA▲
E si avverso a Gennaro chi vi fè, caro Alfonso?
▼DUCA▲
Chi? … Tu!
▼LUCREZIA▲
Io? che dite?
▼DUCA▲
Tu l'ami, si, tu l'ami!
▼LUCREZIA▲
(fra sè)
Che ascolto!
▼DUCA▲
In Venezia il seguisti.
▼LUCREZIA▲
(fra se)
Ah! giusto Ciel!
▼DUCA▲
Si, tu l'ami, e il seguisti.
▼LUCREZIA▲
lo?
▼DUCA▲
Anche adesso ne volto
si leggea l'empio ardor che nutristi.
▼LUCREZIA▲
Don Alfonso!
▼DUCA▲
T'acqueta.
▼LUCREZIA▲
Vi giuro, vi giuro …
▼DUCA▲
Non macchiarti di nuovo spergiuro.
▼LUCREZIA▲
No.
▼DUCA▲
To l'ami e in Venezia il seguisti.
▼LUCREZIA▲
Don Alfonso!
▼DUCA▲
È omai tempo ch'io prenda
de' miei torti vendetta tremenda;
e tremenda da questo momento
sul tuo complice infame cadrà.
▼LUCREZIA▲
(in ginocchio)
Ah, grazia, Alfonso, pietà!
▼DUCA▲
L'indegno vo' spento.
▼LUCREZIA▲
Per pietà!
▼DUCA▲
Più non odo pietà.
▼LUCREZIA▲
Non odi pietà? No?
▼DUCA▲
No.
▼LUCREZIA▲
No?
(sorgendo)
Oh! a te bada, a te stesso pon mente
Don Alfonso, mio quarto marito!
Omai troppo m'hai visto piangente,
omai troppo il mio core è ferito.
Al dolore sottentra la rabbia,
ti potria far la Borgia pentir.
▼DUCA▲
Mi sei nota, nè porre in oblio
chi sei tu, se il volessi, potrei;
ma tu pensa che il Duca son io,
che in Ferrara e in mia mano tu sei!
lo ti lascio la scelta s'ei debba
di veleno o di spada morir.
Scegli.
▼LUCREZIA▲
(fuor di se)
Oh Dio!
▼DUCA▲
Scegli.
▼LUCREZIA▲
Dio possente!
Oh! A te bada, (ecc.)
▼DUCA▲
Mi se nota, (ecc.)
Trafitto tosto ei sia.
▼LUCREZIA▲
Deh! t'arresta …
▼DUCA▲
Ch'ei cada …
▼LUCREZIA▲
Non commetter si nero delitto!
▼DUCA▲
Scegli, scegli …
▼LUCREZIA▲
Ah! non musia di spada!
▼DUCA▲
Sii prudente: d'appresso ti sono,
nulla speme ti è dato nutrir.
(fa cenno che venga Gennaro)
▼LUCREZIA▲
L'infelice al suo fato abbandono
Uom crudele! mi sento morir!
(cade sopra una sedia.)
È introdotto Gennaro.
▼DUCA▲
(a Gennaro)
Della Duchessa ai prieghi,
che il vostro fallo obblia,
è forza pur ch'io pieghi,
e liberta vi dia.
▼LUCREZIA▲
(fra se)
Oh! come ei finge!
▼DUCA▲
E poi, tanto è valore in voi,
che d'Adria il mar privarne,
e Italia insiem, non vo'.
▼GENNARO▲
Quai so dame grazie,
signor, ve'n do.
▼LUCREZIA▲
(fra se)
Perfido!
▼GENNARO▲
Pur, poichè dirlo è dato
senza temer vitade,
in uom che l'ha mertato
il beneficio cade.
▼DUCA▲
Come?
▼GENNARO▲
Di vostra Altezza il padre,
cinto d'avverse squadre,
pena, se scodo e aita
non gli era un venturier.
▼DUCA▲
E quel voi siete?
▼LUCREZIA▲
(sorgendo)
E vita voi gli serbaste?
▼GENNARO▲
È ver.
▼LUCREZIA▲
Duca! …
▼DUCA▲
(fra se)
L'indegna spera.
▼LUCREZIA▲
(fra se)
S'ei si mutasse!
▼DUCA▲
(fra se)
È vano
(a Gennaro)
Seguir la mia bandiera
vorreste, o Capitano?
▼GENNARO▲
Al Veneto Governo
nodo mi stringe eterno,
e sacro è il giuro.
▼DUCA▲
(guarda Lucrezia)
Io so …
▼LUCREZIA▲
(fra se)
Dio!
▼DUCA▲
Io so.
(presentandogli una borsa)
Quest' oro almen, deh! …
▼GENNARO▲
Assai dai miei signori io n'ho.
▼DUCA▲
Almen, siccome antico
stil' è fra noi degl'avi,
libare a nappo amico
spero che a voi non gravi.
▼GENNARO▲
Sommo per me favore
questo sarà, signore…
▼DUCA▲
Gentil la mia consorte
coppiera a noi sarà.
▼LUCREZIA▲
(fra se)
State peggior di morte!
(si alza per fuggire)
▼DUCA▲
(prendendola per mano)
Meco, o Duchessa!
(fa cenno a Rustighella)
Olà!
(a Lucrezia in disparte)
Guai se ti sfugge un moto,
se ti tradisce un detto!
Uscir dal mio cospetto
vivo quest'uom non dè.
Taci, taci!
Versa il liquor, ti è noto,
strano è il ribrezzo in te.
▼LUCREZIA▲
Oh! se sapessi a quale
opra m'astringi atroce,
per quanto sii feroce,
ne avresti error con me.
Ah! pietà!
Va: non v'ha mostro eguale,
colpa maggior non v'è.
▼GENNARO▲
(fra se)
Meco benigni tanto
mai non credea costoro …
Trovar perdono in loro
sogno pur sembra a me.
Madre! esser dee soltanto
del tuo pregar mercè.
▼DUCA▲
Or via: mesciamo!
▼GENNARO▲
Attonito per tanto onor son io.
▼DUCA▲
A voi, Duchessa.
▼LUCREZIA▲
(fra se)
Il barbaro!
▼DUCA▲
(a Lucrezia)
Il vaso d'or.
▼LUCREZIA▲
(a parte)
Gran Dio!
(versa dal vaso d'oro)
▼DUCA▲
V'assista il Ciel, Gennaro.
▼GENNARO▲
Fausto vi sia del paro.
(bevono)
▼LUCREZIA▲
(a parte)
Vanne: non ha natura mostro peggior di te.
▼GENNARO▲
(fra se)
Madre, è la mia ventura del tuo pregar mercè
▼DUCA▲
(a parte)
Trema per te, spergiura! vittima prima egli è.
▼DUCA▲
(a Lucrezia)
Or, Duchessa, a vostr'agio potete
trattenerlo oppur dargli commiato.
(parte)
▼LUCREZIA▲
(fra sè)
Oh! qual raggio!
▼GENNARO▲
(inchinandosi)
Signora, accogliete i saluti
d'un cor non ingrato.
(Lucrezia si assicura della partenza del Duca, poi corre a prendere Gennaro.)
▼LUCREZIA▲
Infelice! il veleno bevesti …
▼GENNARO▲
Ah!
▼LUCREZIA▲
Non far motto, trafitto cadresti.
▼GENNARO▲
Come?
▼LUCREZIA▲
(dandogli un 'ampoletta)
Prendi e parti: una goccia, una sola,
di quel farmaco vita ti dà.
Lo nascondi, t'affretta, t'invola,
t'accompagni del ciel la pietà.
▼GENNARO▲
Che mai sento! E null'altro che morte
aspettarmi io dovea in tua Corte!
Un rio genio mi pose la benda,
m'inspirò sì fatal securtà.
▼LUCREZIA▲
No, Gennaro …
▼GENNARO▲
Forse, forse …
▼LUCREZIA▲
… bevi e parti!
▼GENNARO▲
… una morte più orrenda
la tua destra, o malvagia, mi dà.
(Gennaro beve il contravveleno)
▼LUCREZIA▲
Tu sei salvo! Oh supremo contento!
Quindi invola! Ah, mio Gennaro, va!
▼GENNARO▲
Si, chi più speri che t'abbia pietà!
(Lucrezia fa fuggire Gennaro per la porta segreta.
Si presenta dal fondo Rustighello col Duca. Ella cade sovra una sedia.)
Preludio
PROLOGO
Venezia.
Terrazzo del palazzo Grimani. Festa di notte. Alcune maschere attraversano di tratto in tratto il terrazzo, dai due lati del quale si vede il palagio splendidamente illuminato. In fondo il canale della Giudecca, sul quale si veggono a passare ad intervalli nelle tenebre alcune gondole. In lontano Venezia al chiaror di luna.
GAZELLA
Bella Venezia!
PETRUCCI
Amabile!
GAZELLA, PETRUCCI
Degni piacer soggiorno
ORSINI
Men di sue notti è limpido
d'ogn'altro cielo il giorno.
Corrono d'ogni parte a veder le dame e le maschere che passeggiano.
ORSINI, poi LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI e GAZELLA
E l'orator Grimani
noi seguirem domani:
tali avrem mai
tali delizie in riva al Po?
GUBETTA
inoltrandosi
Le avrem. D'Alfonso è splendida,
lieta la Corte assai;
Lucrezia Borgia …
CORO e TUTTI
Acquetati, non la nomar giammai.
VITELLOZZO
Nome esecrato è questo.
LIVEROTTO
La Borgia, io la detesto.
CORO e TUTTI
Chi le sue colpe intendere,
e non odiarla può?
ORSINI
Io più di tutti. Uditemi.
tutti si accostano
Un veglio, un indovino …
GENNARO
Novellator perpetuo
esser vuoi dunque, Orsino?
LIVEROTTO, VITELLOZZO, GUBETTA, PETRUCCI, GAZELLA
Taci!
GENNARO
Lascia la Borgia in pace:
udir di lei mi spiace.
LIVEROTTO, VITELLOZZO
Taci, non l'interrompere,
breve il suo dir sarà.
GENNARO
lo dormirò. Destatemi
quando finito avrà.
si adagia, e a poco a poco si addormenta
ORSINI
Uditemi.
Nella fatal di Rimini
e memorabil guerra,
ferito e quasi esanime
io mi giaceva a terra.
Gennaro a me soccorse,
il suo destrier mi porse,
e in solitario bosco
mi trasse e mi salvò.
LIVEROTTO, VITELLOZZO, poi CORO e TUTTI
La sua virtù conosco,
la sua pietade io so.
ORSINI
Là nella notte tacita,
lena pigliando e speme,
giurammo insieme di vivere
e di morire insieme.
"E insiem morrete," allora
voce gridò sonora:
e un veglio in veste nera
gigante a noi s'offri.
LIVEROTTO, ecc.
Cielo!
ORSINI
"Fuggite i Borgia, o giovani,"
ei proseguì più forte.
"Odio alla rea Lucrezia,
dov'è Lucrezia è morte."
LIVEROTTO, ecc.
Qual mago egl'era
per profetar così?
ORSINI
Sparve ciò detto, e il vento,
in suono di lamento,
quel nome ch'io detesto
tre volte replico!
LIVEROTTO, ecc. più CORO
Rio vaticinio è questo,
Ma fe' puoi dargli? No.
Odesi la musica d'una banda dall'interno del palagio.
CORO
Senti. La danza invitaci.
Bando, bando a si triste immagini,
passiam la notte in gioia.
Assai quell'empia femmina
ne diè tormento e noia.
ORSINI
Fede a fallaci oroscopi
l'anima mia non presta fe',
ma pur, mio malgrado, un palpito
tal sovvenir mi desta.
Spesso dovunque movo,
quel veglio orrendo trovo,
dovunque io movo,
quella minaccia orribile
parmi la notte udir, ah!
LIVEROTTO, ecc. più CORO
Finchè il Leon temuto
ne porge asilo e aiuto,
l'arti e il furor de' Borgia
non ci potran colpir.
Vieni, la danza invitaci …
lasciam costui dormir.
Partono tutti, traendo seco Orsini.
Approda una gondola: n'esce una Dama mascherata. È Lucrezia. S'inoltra guardinga.
Vede Gennaro addormentato e s'appressa a lui contemplandolo con piacere e rispetto.
Gubetta le va incontro.
LUCREZIA
Tranquillo ei posa.
Oh! sian così tranquille sue notti sempre!
e mai provar non debba qual delle notti mie,
quant'è il tormento, ah! -
a Gubetta
Sei tu?
GUBETTA
Son io. Pavento che alcun vi scopra: ai giorni
vostri, è vero, scudo è Venezia; ma vietar non
puote che conosciuta non v'insulti alcuno.
LUCREZIA
E insultata sarei! m'abborre ognuno!
Pur, per sì trista sorte nata io non era.
Oh! potess'io far tanto che il passato non fosse,
e in un cor solo destare un senso di pietade e amore,
che invano al mondom in mia grandezza
io chiedo! Quel giovin vedi?
GUBETTA
Il vedo, e da più di lo seguo,
e indarno tento scoprir l'arcano
che per fui vi tragge
da Ferrara a Venezia in tanta ambascia.
LUCREZIA
Tu scoprirlo! Nol puoi!
Seco mi lascia.
Gubetta parte. Mentre Lucrezia si avvicina a Gennaro non si accorge di due uomini mascherati che passano dal fondo, e si fermano in disparte.
LUCREZIA
guardandolo con affetto
Com'è bello! quale incanto
in quel volto onesto e altero!
No, giammai leggiadro tanto
non sel pinse il mio pensiero.
L'alma mia di gioia è piena
or che alfin lo può mirar.
Mi risparmia, o ciel, la pena
ch'ei mi debba un dì sprezzar.
Se il destassi? … No, non oso,
nè scoprire il mio sembiante,
pure il ciglio lagrimoso
terger debbo un solo istante.
Lucrezia si toglie la maschera e si asciuga le lagrime.
DUCA
indietro
Vedi? è dessa.
RUSTIGHELLO
indietro
È dessa, è vero.
DUCA
Chi è il garzone?
RUSTIGHELLO
Un venturiero
DUCA
Non ha patria?
RUSTIGHELLO
Ne parenti, ma è guerrier fra i più valenti.
DUCA
Di condurlo adopra ogn'arte
a Ferrara in mio poter.
RUSTIGHELLO
Con Grimani all'alba ei parte,
ei previene il tuo pensier
LUCREZIA
Mentre geme i cor sommesso,
mentre piango a te d'appresso,
dormi e sogna, o dolce oggetto,
sol di gioia e di diletto,
ed un angiol tutelare
non ti desti che al piacer!
Ah! triste notti e veglie amare
debbo sola sostener.
Gioie sogna, ed un angiol
non ti desti che al piacer!
Lucrezia si avvicina a baciare la mano a Gennaro.
I due mascherati partono. Gennaro si desta e afferra Lucrezia per le braccia.
LUCREZIA
Ciel!
GENNARO
Che vegg'io?
LUCREZIA
Lasciatemi!
GENNARO
No, no, gentil signora.
LUCREZIA
Lasciatemi!
GENNARO
No, per mia fede!
LUCREZIA
Ah! lasciatemi!
GENNARO
No, per mia fede!
Ch'io vi contempli ancora!
Leggiadra, leggiadra, amabil siete,
nè paventar dovete,
che ingrato ed insensibile
per voi si trovi un cor.
LUCREZIA
Gennaro! e fia possibile
che a me tu porti amor?
GENNARO
Qual dubbio è il vostro?
LUCREZIA
Ah dimmelo.
GENNARO
Sì, quanto lice, io v'amo
LUCREZIA
fra sè
Oh gioia!
GENNARO
incerto
Va … v'a …
deciso
Eppur, uditemi …
esser verace io bramo.
Avvi un più caro oggetto,
cui nutro immenso affetto.
LUCREZIA
E ti è dime più caro?
GENNARO
Si.
LUCREZIA
Chi è mai?
GENNARO
Mia madre ell'è.
LUCREZIA
Tua madre!
GENNARO
Si.
LUCREZIA
Tua madre! Oh mio Gennaro!
Tu l'ami?
GENNARO
Al par di me.
LUCREZIA
Ed ella?
GENNARO
Ah! compiangetemi:
io non la vidi mai.
LUCREZIA
Ma, come?
GENNARO
È funesta istoria,
che sempre altrui celai,
ma son da ignoto istinto
a dirla a voi sospinto;
alma cortese e bella
nel vostro volto appar.
LUCREZIA
Ah! favella, tutto mi puoi narrar!
GENNARO
Di pescatore ignobile
esser figlruol credei
e seco oscuro in Napoli
vissi i prim'anni miei.
Quando un guerriero incognito
venne d'inganno a trarmi;
mi diè cavallo ed armi,
e un foglio a me lasciò.
LUCREZIA
Ebben?
GENNARO
Era mia madre, ahi misera!
Mia madre che scrivea …
di rio possente vittima
per sè, per me temea;
di non parlar, nè chiedere
il nome suo qual era
calda mi fe' preghiera,
ed obbedita io l'ho,
calda mi fe' preghiera.
LUCREZIA
asciugandosi le lagrime
E il foglio suo?
GENNARO
Miratelo:
mai dal mio cor si parte.
LUCREZIA
Oh! quante amare lagrime
forse in vergarlo ha sparte!
GENNARO
Ed io, signora, oh quanto
su quelle cifre ho pianto!
Ma che? voi pur piangete?
LUCREZIA
Ah sì.
GENNARO
Piangete?
LUCREZIA
Per lei … per te …
GENNARO
Per me?
LUCREZIA
Per te.
GENNARO
Piangete per me?
Alma gentil voi siete,
ancor più caro a me.
LUCREZIA
Ama tua madre, e tenero
sempre per lei ti serba.
Prega che l'ira plachisi
della sua sorte acerba.
Prega che un giorno stringere
ella ti possa al cor.
GENNARO
L'amo, si, l'amo e sembrami
vederla in ogni oggetto,
una soave immagine
me n'ho formato in petto;
seco, dormente o vigile,
seco favello ognor.
LUCREZIA
fra se
Tenero cor!
GENNARO
Alma gentil voi siete,
più caro a me.
LUCREZIA
Ah! Ama tua madre, ecc.
GENNARO
L'amo, ecc.
Sì avvicinano da varie parti le maschere: escono paggi con torcie che accompagnano Dame e Cavalieri. Orsini entra accompagnato dai suoi amici.
LUCREZIA
Gente appressa … io ti lascio.
GENNARO
trattenendola
Ah! fermate
ORSINI
riconosce Lucrezia, l'addita ai compagni
Chi mai veggo!
LUCREZIA
Mi è forza lasciarti.
GENNARO
Deh! chi siete almen dirmi degnate …
LUCREZIA
Tal che t'ama, e sua vita è l'amarti.
ORSINI
inoltrandosi
lo dirollo.
LUCREZIA
coprendosi colla maschera il volto, volendo allontanarsi
Gran Dio!
ORSINI
opponendosi
Non partite. Forza è udirne …
riconducendola
LUCREZIA
Gennaro!
GENNARO
Che ardite?
S'avvi alcun d'insultarla capace,
di Gennaro più amico non è.
ORSINI
Chi siam noi sol chiararla ne piace.
LUCREZIA
fra se
Oh cimento!
ORSINI
E poi fugga da te.
GENNARO
Favellate.
ORSINI
Maffio Orsini, signora, son io,
cui svenaste il dormente fratello.
VITELLOZZO
Io Vitelli, cui feste lo zio
trucidar nel rapito castello.
LIVEROTTO
Io nipote d'Appiano tradito,
da voi spento in infame convito.
PETRUCCI
Io Petrucci, del conte cugino,
cui toglieste di Siena il domino.
GAZELLA
Io congiunto d'oppresso consorte,
che vedeste nel Tebro perir.
GENNARO
Ciel! che ascolto!
LUCREZIA
fra sè
Oh! malvagia mia sortei
CORO
Qual rea donna!
LUCREZIA
fra se
Ove fuggo? che dir?
ORSINI
Or che a lei 'esser nostro è palese,
odi il suo …
GENNARO e CORO
Dite, dite.
ORSINI ecc.
Ella è donna che infame si rese,
che l'orrore sarà d'ogni etade …
LUCREZIA
Grazia! grazia!
ORSINI ecc.
Ella e donna venefica, impura,
vilipese, oltraggiò la natura.
Come odiata, è temuta del paro,
chè potente il destino la fa.
GENNARO
Oh! chi è mai?
LUCREZIA
supplichevole a' suoi piedi
Non udirli, o Gennaro …
ORSINI ecc., più CORO
strappandole la maschera
È la Borgia … ravvisala …
GENNARO
Dio! … va, va, va!
TUTTI
con un grido d'orrore
Ah!
LUCREZIA
Ah!
Tutti fuggono, Lucrezia segue Gennaro, tenendolo per le ginocchia.
SCENA PRIMA
Una piazza di Ferrara.
Da un lato palazzo con verone, sotto al quale uno stemma di marmo, ove è scritto con caratteri visibili di rame dorato «BORGIA».
Dall'altro una piccola casa coll'uscio sulla strada, lecui finestre sono illuminate di dentro.
Notte
DUCA
Nel veneto corteggio lo ravvisasti?
RUSTIGHELLO
E me gli posi al fianco, e lo seguii come se
l'ombra io fossi del corpo suo.
addita la casa di Gennaro
Quello è il suo tetto.
DUCA
Quello? Appo il ducale ostello …
Lucrezia il volle!
RUSTIGHELLO
E in esso ancora il vuole,
se non m'inganna di quel vil Gubetta
l'ire e il redir, e lo spiar furtivo.
DUCA
Entrarvi ei puote, non ne uscir mai vivo.
Odonsi voci e suoni dalla casa di Gennaro
Odi?
RUSTIGHELLO
Gli amici in festa.
Tutta la notte accoglieva in quelle porte
il giovin folle.
VOCI dalla casa
Viva! … Evviva! …
RUSTIGHELLO
Separarsi all'alba han per costume.
DUCA
E l'ultim' alba è questa che al temerario splende;
l'ultimo addio che dagli amici ei prende.
Vieni: la mia vendetta
è meditata e pronta:
ei l'assicura e affretta
col cieco suo fidar.
RUSTIGHELLO
Ma se l'altier Grimani
là si recasse ad onta?
DUCA
Mai per codesti insani
me non vorrà sfidar.
Qualunque sia l'evento
che può recar fortuna,
nemico non pavento
l'altero ambasciator.
Noti sempre chiusa ai popoli
fu la fatal Laguna,
ad oltraggiato principe
aprir si puote ancora.
I suoni dalla casa di Gennaro si fan più vicini, si spengono i lumi.
RUSTIGHELLO
Tutta la notte in festa.
DUCA
E l'ultima sarà.
RUSTIGHELLO
L'ultimo addio sarà.
DUCA
Sì … Qualunque sia l'evento, ecc.
{Escono tutti lieti dalla casa di Gennaro. Egli solo è pensoso.
Gubetta si fa vedere in disparte.}
ORSINI, LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI, GAZELLA
Addio, Gennaro.
GENNARO
Addio, nobili amici.
ORSINI
Ma che? deggio si mesto mirarti ognor?
GENNARO
Mesto non già
fra se
Potessi, se non vederti,
almen giovarti, o madre!
ORSINI
Mille beltà leggiadre
saran stasera al genial festino,
cui la gentil n'invita principessa Negroni.
TUTTI
meno Gennaro
Tutti fummo invitati
GUBETTA
avanzandosi
E il sono anch'io.
LIVEROTTO, VITELLOZZO, PETRUCCI, GAZELLA
Oh! Il signor Beverana!
Tutti gli vanno incontro, tranne Gennaro e Orsini.
GENNARO
a Orsini
Da per tutto è costui!
Già da gran tempo m'è sospetto.
ORSINI
Oh, non temer: uom lieto,
e, qual siam tutti, uno sventato è desso.
VITELLOZZO
Or via! cosi dimesso
io non ti vo', Gennaro.
LIVEROTTO
Ammaliato t'avria forse la Borgia?
GENNARO
E ognor di lei v'udrò parlarmi?
Giuro al cielo, signori, scherzi non voglio,
Uomo non v'ha che abborra al par di me costei.
PETRUCCI
Tacete. È quello il suo palagio.
GENNARO
E il sia. Stampare in fronte vorrei l'infamia,
anche a stampar son pronto su quelle mura
dov'è scritto "Borgia".
Sale un gradino e colla punta del pugnale fa saltar via il "B" del BORGIA.
LIVEROTTO, ecc.
Che fai?
GENNARO
Leggete adesso
ORSINI, LIVEROTTO, ecc.
Oh diamin! "ORGIA"!
GUBETTA
Una facezia è questa,
che può costar domani ben cara a molti.
GENNARO
Ove del reo si chieda,
me stesso a palesar pronto son io.
Si vedono indietro due uomini vestiti di nero.
ORSINI
Qualcun ci osserva. Separiamci.
TUTTI
Addio.
Gennaro rientra in casa. Gli altri si disperdono.
RUSTIGHELLO
Oui che fai?
ASTOLFO
Che tu ten vada fermo aspetto.
E tu che fai?
RUSTIGHELLO
Che tu sgombri la contrada fermo attendo.
ASTOLFO
Con chi l'hai?
RUSTIGHELLO
Con quel giovine straniero ch'ha qui stanza.
E tu con chi?
ASTOLFO
Con quel giovine straniero.
RUSTIGHELLO
Con quel?
ASTOLFO
… che pur esso alberga qui.
RUSTIGHELLO
Dove il guidi?
ASTOLFO
Alla Duchessa.
E tu dove?
RUSTIGHELLO
Al Duca appresso.
ASTOLFO
Oh! la via non è listessa.
RUSTIGHELLO
Nè conduce a un fine stesso.
ASTOLFO
L'una a festa …
RUSTIGHELLO
L'altra a morte …
ASTOLFO, RUSTIGHELLO
Delle due qual s'aprirà?
Del più destro o del più forte
dal voler dipenderà.
Rustighello fa un segno dal cantone della strada; entra un drappello di scherani, i quali circondano Astolfo.
RUSTIGHELLO, gli SCHERANI
La Non far motto, parti, sgombra:
il più forte appien lo vedi.
Guai per te se appena un' ombra
di sospetto a lui tu porgi.
Sai che un solo qui tutte regge:
somma legge è il suo voler.
ASTOLFO
Lo so … lo so
Ma il furor della Duchessa?
RUSTIGHELLO, gli SCHERANI
Taci, e d'essa no, non temer.
Al suo nome, alla sua fama,
tè l'audace estrema offesa.
ASTOLFO
Fè l'audace estrema offesa.
RUSTIGHELLO, gli SCHERANI
Vendicarsi il Duca brama;
impedirlo è stolta impresa.
ASTOLFO
Certo, certo, è stolta impresa,
RUSTIGHELLO, gli SCHERANI
Se da saggio oprar tu vuoi,
dêi piegare, partir, tacer.
Astolfo si ritira. Rustighello e gli Scherani atterrano le porte della casa di Gennaro.
SCENA SECONDA
Sala net palazzo Ducale.
Gran porta in fondo. A dritta un uscio chiuso da invetriata. A sinistra un altro uscio segreto. Tavolino in mezzo coperto di velluto.
DUCA
Tutto eseguisti?
RUSTIGHELLO
Tutto. Il prigioniero qui presso attende.
DUCA
Or bada. A quella in fondo segreta sala,
della statua a piedi dell avol mio,
riposi armadi schiude quest'aurea chiave.
Ivi d'argento un vaso, e un d'or vedrai:
nella propinqua stanza ambo gli reca,
nè desio ti tent dell'aureo vaso.
Vin de' Borgia è desso.
Rustighello fa per partire
Attendi. All'uscio appresso
ti tienti di spada armato.
Ov'io ti chiami, i vasi apporta;
ov'altro cenno intendi,
col ferro accorri.
USCIERE
dalla porta
La Duchessa.
DUCA
Affretta.
RustighelIo parte. Lucrezia entra.
Così turbata?
LUCREZIA
A voi mi trae vendetta.
Colpa inaudita, infame, a denunziarvi io vengo.
Avvi in Ferrara chi cella vostra sposa
a pien meriggio oltraggia il nome e mutilarlo ardisce.
DUCA
M'è noto.
LUCREZIA
E noi punisce? e il soffre Alfonso in vita?
DUCA
A noi dinanzi tosto fia tratto.
LUCREZIA
Sia! pretendo che morte egl'abbia, e al mio cospetto:
e sacra ducal parola al vostro amor ne chiedo.
DUCA
E sacra io dolla.
all'Usciere
Il prigionier.
Usciere parte.
Si presenta Gennaro disarmato fra le guardie.
LUCREZIA
turbata al vederlo, fra sè
Chi vedo!
DUCA
con un sorriso
Noto vi è desso?
LUCREZIA
fra sè
Oh Ciel! Gennaro! Ahi! qual fatalità!
GENNARO
La vostra Altezza, o Duca, toglier mi fece dal mio
tetto a forza da gente armata.
Chieder posso, io spero,
d'onde mertai questo rigor estremo?
DUCA
Capitano, appressate!
LUCREZIA
fra se
Io gelo, io tremo!
DUCA
Un temerario osava testè, di giorno,
dal ducal palago, con man profana
cancellar l'augusto nome di "Borgia".
Il reo a cerca.
LUCREZIA
I reo non è costui!
DUCA
D'onde il sapete?
LUCREZIA
Egli era stamane altrove …
Alcun de' suoi compagni commise il fallo.
GENNARO
Non è ver.
DUCA
L'udite?
Siate sincero, e dite se il reo voi siete.
GENNARO
Uso a mentir non sono; chè della vita istessa
più caro ho l'onor mio.
Duca Alfonso, io confesso, il reo son io.
LUCREZIA
fra se
Misera me!
DUCA
piano a Lucrezia
Vi diedi la mia ducal parola …
LUCREZIA
Alcuni istanti favellarvi in segreto,
Alfonso, io bramo.
fra se
Deh! secondami, o Ciel!
A un cenno di Alfonso Gennaro è condotto via.
DUCA
Soli noi siamo. Che chiedete?
LUCREZIA
Vi chiedo, o signore,
di quel giovane illesa la vita.
DUCA
Come? dianzi cotanto rigore?
L'ira vostra è si tosto sparita?
LUCREZIA
con vezzo
Fu capriccio. A che giova ch'ei mora?
giovin tanto! … Perdono gli do.
DUCA
La mia fede vi diedi, o signora,
nè a mia fede giammai fallirò.
LUCREZIA
Ma, Duca …
DUCA
Mai.
LUCREZIA
Ascoltate …
DUCA
Mai.
LUCREZIA
frenandosi
Don Alfonso, favore ben lieve
voi negate a sovrana, a consorte!
DUCA
Chi v'offese irne impune non deve.
Voi chiedeste, io giurai a sua morte.
LUCREZIA
Perdoniam: siam clementi del paro …
la clemenza è regale virtú.
DUCA
No, mai … Non posso.
LUCREZIA
E si avverso a Gennaro chi vi fè, caro Alfonso?
DUCA
Chi? … Tu!
LUCREZIA
Io? che dite?
DUCA
Tu l'ami, si, tu l'ami!
LUCREZIA
fra sè
Che ascolto!
DUCA
In Venezia il seguisti.
LUCREZIA
fra se
Ah! giusto Ciel!
DUCA
Si, tu l'ami, e il seguisti.
LUCREZIA
lo?
DUCA
Anche adesso ne volto
si leggea l'empio ardor che nutristi.
LUCREZIA
Don Alfonso!
DUCA
T'acqueta.
LUCREZIA
Vi giuro, vi giuro …
DUCA
Non macchiarti di nuovo spergiuro.
LUCREZIA
No.
DUCA
To l'ami e in Venezia il seguisti.
LUCREZIA
Don Alfonso!
DUCA
È omai tempo ch'io prenda
de' miei torti vendetta tremenda;
e tremenda da questo momento
sul tuo complice infame cadrà.
LUCREZIA
in ginocchio
Ah, grazia, Alfonso, pietà!
DUCA
L'indegno vo' spento.
LUCREZIA
Per pietà!
DUCA
Più non odo pietà.
LUCREZIA
Non odi pietà? No?
DUCA
No.
LUCREZIA
No?
sorgendo
Oh! a te bada, a te stesso pon mente
Don Alfonso, mio quarto marito!
Omai troppo m'hai visto piangente,
omai troppo il mio core è ferito.
Al dolore sottentra la rabbia,
ti potria far la Borgia pentir.
DUCA
Mi sei nota, nè porre in oblio
chi sei tu, se il volessi, potrei;
ma tu pensa che il Duca son io,
che in Ferrara e in mia mano tu sei!
lo ti lascio la scelta s'ei debba
di veleno o di spada morir.
Scegli.
LUCREZIA
fuor di se
Oh Dio!
DUCA
Scegli.
LUCREZIA
Dio possente!
Oh! A te bada, ecc.
DUCA
Mi se nota, ecc.
Trafitto tosto ei sia.
LUCREZIA
Deh! t'arresta …
DUCA
Ch'ei cada …
LUCREZIA
Non commetter si nero delitto!
DUCA
Scegli, scegli …
LUCREZIA
Ah! non musia di spada!
DUCA
Sii prudente: d'appresso ti sono,
nulla speme ti è dato nutrir.
fa cenno che venga Gennaro
LUCREZIA
L'infelice al suo fato abbandono
Uom crudele! mi sento morir!
cade sopra una sedia.
È introdotto Gennaro.
DUCA
a Gennaro
Della Duchessa ai prieghi,
che il vostro fallo obblia,
è forza pur ch'io pieghi,
e liberta vi dia.
LUCREZIA
fra se
Oh! come ei finge!
DUCA
E poi, tanto è valore in voi,
che d'Adria il mar privarne,
e Italia insiem, non vo'.
GENNARO
Quai so dame grazie,
signor, ve'n do.
LUCREZIA
fra se
Perfido!
GENNARO
Pur, poichè dirlo è dato
senza temer vitade,
in uom che l'ha mertato
il beneficio cade.
DUCA
Come?
GENNARO
Di vostra Altezza il padre,
cinto d'avverse squadre,
pena, se scodo e aita
non gli era un venturier.
DUCA
E quel voi siete?
LUCREZIA
sorgendo
E vita voi gli serbaste?
GENNARO
È ver.
LUCREZIA
Duca! …
DUCA
fra se
L'indegna spera.
LUCREZIA
fra se
S'ei si mutasse!
DUCA
fra se
È vano
a Gennaro
Seguir la mia bandiera
vorreste, o Capitano?
GENNARO
Al Veneto Governo
nodo mi stringe eterno,
e sacro è il giuro.
DUCA
guarda Lucrezia
Io so …
LUCREZIA
fra se
Dio!
DUCA
Io so.
presentandogli una borsa
Quest' oro almen, deh! …
GENNARO
Assai dai miei signori io n'ho.
DUCA
Almen, siccome antico
stil' è fra noi degl'avi,
libare a nappo amico
spero che a voi non gravi.
GENNARO
Sommo per me favore
questo sarà, signore…
DUCA
Gentil la mia consorte
coppiera a noi sarà.
LUCREZIA
fra se
State peggior di morte!
si alza per fuggire
DUCA
prendendola per mano
Meco, o Duchessa!
fa cenno a Rustighella
Olà!
a Lucrezia in disparte
Guai se ti sfugge un moto,
se ti tradisce un detto!
Uscir dal mio cospetto
vivo quest'uom non dè.
Taci, taci!
Versa il liquor, ti è noto,
strano è il ribrezzo in te.
LUCREZIA
Oh! se sapessi a quale
opra m'astringi atroce,
per quanto sii feroce,
ne avresti error con me.
Ah! pietà!
Va: non v'ha mostro eguale,
colpa maggior non v'è.
GENNARO
fra se
Meco benigni tanto
mai non credea costoro …
Trovar perdono in loro
sogno pur sembra a me.
Madre! esser dee soltanto
del tuo pregar mercè.
DUCA
Or via: mesciamo!
GENNARO
Attonito per tanto onor son io.
DUCA
A voi, Duchessa.
LUCREZIA
fra se
Il barbaro!
DUCA
a Lucrezia
Il vaso d'or.
LUCREZIA
a parte
Gran Dio!
versa dal vaso d'oro
DUCA
V'assista il Ciel, Gennaro.
GENNARO
Fausto vi sia del paro.
bevono
LUCREZIA
a parte
Vanne: non ha natura mostro peggior di te.
GENNARO
fra se
Madre, è la mia ventura del tuo pregar mercè
DUCA
a parte
Trema per te, spergiura! vittima prima egli è.
DUCA
a Lucrezia
Or, Duchessa, a vostr'agio potete
trattenerlo oppur dargli commiato.
parte
LUCREZIA
fra sè
Oh! qual raggio!
GENNARO
inchinandosi
Signora, accogliete i saluti
d'un cor non ingrato.
Lucrezia si assicura della partenza del Duca, poi corre a prendere Gennaro.
LUCREZIA
Infelice! il veleno bevesti …
GENNARO
Ah!
LUCREZIA
Non far motto, trafitto cadresti.
GENNARO
Come?
LUCREZIA
dandogli un 'ampoletta
Prendi e parti: una goccia, una sola,
di quel farmaco vita ti dà.
Lo nascondi, t'affretta, t'invola,
t'accompagni del ciel la pietà.
GENNARO
Che mai sento! E null'altro che morte
aspettarmi io dovea in tua Corte!
Un rio genio mi pose la benda,
m'inspirò sì fatal securtà.
LUCREZIA
No, Gennaro …
GENNARO
Forse, forse …
LUCREZIA
… bevi e parti!
GENNARO
… una morte più orrenda
la tua destra, o malvagia, mi dà.
Gennaro beve il contravveleno
LUCREZIA
Tu sei salvo! Oh supremo contento!
Quindi invola! Ah, mio Gennaro, va!
GENNARO
Si, chi più speri che t'abbia pietà!
Lucrezia fa fuggire Gennaro per la porta segreta.
Si presenta dal fondo Rustighello col Duca. Ella cade sovra una sedia.