ATTO SECONDO
OUVERTURE
Scena I
Inferno, nel quale si vede Alceste incatenata
ad un sasso, e tormentata da due Furie. Si apre
la Scena al suono di orrida Sinfonia.
RECITATIVO
ERCOLE
(con Clava, che conduce Cerbero incatenato.)
In van ti scuoti, in vano,
Chiudi nelle tue gole i rei latrati;
imprigiona i tuoi fiati nell'ingordo tuo
ventre! In questi sassi, tra due ferri,
io t'incateno i passi.
(Getta Cerbero nella voragine
dalla quale forte quantità di fumo, e fiamme.)
ALCESTE
Alcide, Alcide?
ERCOLE
Alceste?
ALCESTE
Pietà de' miei tormenti.
ERCOLE
Per te discesi in queste soglie ardenti.
Segue la Sinfonia; Ercole discende nella
voragine, percuote con la clava le Furie, che
tormentavano Alceste, le quali impaurite
fuggono a volo per l'aria, e la conduce fuori
dell'inferno, facendola montar seco per le
rupi; si chiude la gola, e poi così
tardamente sparisce.
SINFONIA
ERCOLE
Ecco Alceste spezzati
i tartarei legami,
seguimi, se tu brami
da sì tristo soggiorno
ritornar ravvivata ai rai del giorno.
Del supremo Tonante mio genitor
quest'è l'alto decreto,
perchè Alceste ritorni al Rege Admeto.
ALCESTE
Liberator pietoso.
ERCOLE
Regina liberata,
ritorniamo al tuo sposo.
ALCESTE
Dalla morte alla vita io son rinata.
ARIA
Quanto godrà
Allor che mi vedrà,
L'amato sposo mio,
Il caro ben.
Sò che dirà,
Mio dolce e bel desio,
Idolo del cor mio,
Ti stringo al sen.
(Partono.)
Scena II
Giardino. Antigona ed Orindo.
RECITATIVO
ANTIGONA
E che sperar poss'io,
se il bell'idolo mio,
vago del mio dolor, che l'alma strugge,
lungi da questo seno
(o Dio! sen' fugge?)
ORINDO
Non t'affligger, o bella,
che servi alle tue voglie
già mille cori avrai; e il primo
ad amarti io sarò.
ANTIGONA
Amarmi? o questo nò!
ORINDO
Sì rigida! perchè?
(Accenna di vezzeggiarla.)
ANTIGONA
Frena la destra audace.
ORINDO
Tanto rigor?
ANTIGONA
Cotanto ardir?
ORINDO
Incolpa la tua beltade.
ANTIGONA
Indegno,
tu cerchi amor, e incontrerai lo sdegno.
ARIA
ORINDO
Bella, non t'adirar;
E che ci posso far,
Se a me rubasti il cor?
Non posso no ben mio
Cangiar il mio desio
Perchè lo sforza Amor.
Scena III
Trasimede con il ritratto in mano,
Antigona ed Orindo in disparte.
RECITATIVO
TRASIMEDE
Godo, o bella, vederti in questo loco.
ANTIGONA
Signor, grazie ti rendo
de' tuoi regi favori.
TRASIMEDE
Mio bellissimo foco,
tu sei dolce cagion de' miei dolori.
ANTIGONA
A chi parli?
TRASIMEDE
Al mio bene.
ANTIGONA
A quel dipinto?
TRASIMEDE
No, no, a quello che io miro,
Ahi! l'altro è estinto.
ORINDO
Or so, perchè mi sprezza:
Ella ama il Prence, e l'amor mio non cura.
TRASIMEDE
Sì, sì, più che vi miro
(guardando Antigona)
Sospirate vaghezze sì, voi siete,
che l'anima m'ardete:
d'una beltà dipinta,
qual conforto sperar posso al mio duolo?
Vanne Antigona al suolo,
(Getta il ritratto,
ed Orindo nascostamente lo raccoglie, e parte.)
A te, a te mi volgo,
splendor di mie pupille,
bella effigie animata,
cara Antigona amata.
ANTIGONA
Fuggirò col partir la tua follia.
TRASIMEDE
Ferma Antigona mia.
ARIA
Da te più tosto partir vogl'io,
Bel idol mio,
Ma con te resta questo mio cor.
Deh, ti sovvenga, ch'io vivo in pene,
Caro mio bene,
E per te abrucio d'un vivo ardor.
(Parte.)
Scena IV
RECITATIVO
ANTIGONA
(sola)
Per me si strugge Trasimede, o Dio!
Ma se amarlo non posso,
E che mai far degg'io?
Ad un oggetto solo è il cor costante,
e Admeto è quello, per cui vivo amante.
ARIA
E per monti, e per piani, e per selve
Tra bruti, e tra belve
Io costante il mio ben seguirò.
Se pietà non ha poi di mie pene
L'amato mio bene,
Io per esso contenta morrò.
(Parte.)
Scena V
Admeto, ed Orindo con il ritratto
RECITATIVO
ORINDO
Sire; da che bramasti
la cagion de' trasporti saper di Trasimede;
io col pensiero rivolto a ricercarla,
e a compiacerti, seguiva il Prence;
e nel seguirlo al fine conobbi,
ch'era questa.
(Gli porge l'immagine di Antigona.)
L'immago di colei, per cui sospira;
Antigona la chiama,
morta la crede, e in vita ogn'or la brama.
ADMETO
Come l'avesti?
ORINDO
Immerso nel suo duolo,
vanne Antigona al suolo,
ei disse, e la gettò: io non veduto,
la raccolsi, e qui venni.
ADMETO
Assai di lei più vago,
ha il volto suo questa bizzarra immago;
d'Antigona non è, che Trasimede
un tempo già l'effigie sua mi diede.
ORINDO
Forse di qualche bella,
ch'ha d'Antigona in nome egli sarà.
ADMETO
E si sprezza così tanta beltà?
Vanne Orindo, ed osserva,
come facesti, il Prence; e torna,
quando credi saper di lui.
ORINDO
Legge è il commando.
(Parte.)
ADMETO
Dove mi trasportate
Vanità di pensieri!
Ad Alceste tornate,
E col pensier mirate
Tra l'ombre il mio bel sole.
Deh torna o invitta prole
Del Monarca del Ciel;
Tornami, oh Dio!
Alceste il mio tesor,
L'idolo mio.
ARIA
Sparite, o pensieri,
Se solo volete,
Tiranni severi,
Ch'io peni così!
Se pur lo potete,
Rendete l'oggetto,
Che grato diletto
Mi diè notte e dì!
Scena VI
Mentre Admeto stà per entrare in scena,
vien sopragiunto da Antigona e Meraspe;
Trasimede gli osserva in disparte.
RECITATIVO
ANTIGONA
Ecco chi tanto adoro.
MERASPE
A lui ti scuopri.
ANTIGONA
Io vado.
(S'inginocchia a' piedi del Re.)
Signor; già che la sorte a me ti guida,
umil qual sono anch'io, bramo inchinarti:
qui nel Real Giardino,
di questi fior la cura a me fu data.
ADMETO
Ergiti, o bella;
approvo in te la scelta.
(La solleva da terra.)
ANTIGONA
Ahi! troppo,
troppo mi onori, o Sire.
(Admeto osserva il ritratto, e poi Antigona.)
TRASIMEDE
Che vedo! tra le braccia
del Re la bella mia!
ADMETO
Dimmi, chi sei?
ANTIGONA
Rosilda m'appello
e figlia son di quel pastore.
(Accennando Meraspe.)
ADMETO
Conosci questa effigie?
ANTIGONA
Sì, mio Signor; la vidi in mano a Trasimede:
Questa è quella, per cui egro d'amor delira;
e d'Antigona morta la perdita fatal piange,
e sospira.
ADMETO
Che parli tu d'Antigona?
ANTIGONA
Racconto quanto so.
ADMETO
La vedesti?
ANTIGONA
Su le Trojane Arene già tempo è,
il piè portai; vidi quella infelice,
e l'ammirai.
ADMETO
Come sai, che di lei sia
Trasimede acceso?
ANTIGONA
Lo sò, perchè sovente Antigona mi chiama,
perchè forse assomiglio a quel ritratto;
e la sua fiamma scopre e il suo tormento.
ADMETO
Che ascolto? Ah Trasimede,
il tuo fallo comprendo,
la tua fiamma discuopro,
e la tua frode intendo.
D'Antigona invaghito
da Troja mi portasti
l'effigie d'altra donna, e m'hai tradito.
ANTIGONA
Nume del ciel, che sento!
TRASIMEDE
L'immago, che poc'anzi al suol gettai
la mia frode ha svelata:
Fatto ben io, che resti al Re involata.
(Parte.)
ADMETO
Se l'aura tu respiri, degli Elisi beati,
Antigona condona il mio commesso errore:
Al tribunal d'amore non m'accusar d'ingrato
m'ingannò Trasimede.
ANTIGONA
Ah scellerato!
ADMETO
Stimi Antigona morta?
ANTIGONA
In mezzo alle armi
da ferro ostil restò svenata in corte:
ma se viva qui fosse, or che disciolto sei,
seco celebreresti i promessi imenei?
ADMETO
Non so ciò che farei.
(Parte.)
ANTIGONA
Non so ciò che farei?
Dunque sì poco m'amasti, traditor?
MERASPE
O Principessa,
perchè non ti scopristi?
ANTIGONA
Perchè ancor non è tempo.
MERASPE
Forse nociva a te fia la tardanza?
ANTIGONA
In mar d'affanni assorta,
Meraspe, io vedo già la mia speranza.
ARIA
Da tanti affanni oppressa
Talor dico a me stessa:
Vivere tu non puoi, misera amante.
Par che il confermi amore,
Dicendo, che dal core
Partirà solo il duol, con l'alma errante.
(Partono.)
Scena VII
Bosco. Ercole, ed Alceste, travestita da guerriero.
RECITATIVO
ERCOLE
A qual fine, o Regina,
sotto guerriero manto il sen copristi?
ALCESTE
Ercole; del mio core
vo' scoprirti gli arcani.
Sappi, che questi arnesi
vestirmi fece gelosia d'amore.
Se il consorte adorai,
tu il vedesti, e lo sai.
Or, che mercè della tua destra invitta
dall'abisso alla luce io son tornata,
vo' scoprir, se nel cor del mio consorte
ver me spento è il suo amor con la mia morte.
ERCOLE
Credimi, che doglioso il tuo fatto deplora,
e il nome tuo và proferendo ogn'ora.
ALCESTE
Se il mi piange dirò,
ch'egli è il primo marito,
che vedovo restando
fra tormentose voglie
s'abbia veduto a lacrimar la moglie.
ERCOLE
Ah, come al tuo apparir, tosto il vedrai,
nascergli d'improviso la gioia al core,
e al mesto labbro il riso.
ALCESTE
Deh; contentati Alcide pria di me,
ricondurti entro la Reggia
ove giunto dirai, che in van per me calcasti
le vie d'abisso, e che non mi trovasti.
ERCOLE
Alla trista novella
l'eccessivo dolor potria svenarlo.
ALCESTE
Sarò presta al soccorso
e a risanarlo.
ERCOLE
Già che così t'aggrada,
parto, Alceste, a servirti.
ALCESTE
Starò poco a servirti.
ARIA
Gelosia spietata Aletto,
Meco uscisti dall'inferno,
E m'entrasti a forza in petto
Per affligger questo cor.
Ti vorrei scacciar dal seno,
Ma non ho vigore bastante;
Chi non prova il tuo veleno,
Nò, non sa, che cosa è amor.
(Parte.)
Scena VIII
Admeto, solo.
RECITATIVO
ADMETO
Quivi tra questi solitari orrori,
lontan dall'altre cure
vengo a sfogar gl'interni miei dolori.
Admeto, e che farai?
Fra l'ombre della notte
quando tutto s'oblia
per doppio foco l'alma tua s'affanna.
La sorte ti condanna,
di due belle, che estinte
già negli Elisi son, d'essere amante:
Dove trarrai le piante
per trovar il tuo bene?
Se il trovi poi, chi ti trarrà di pene?
Ah! che se abbraccio Alceste,
Antigona disprezzo, e al mio cor,
benchè avezzo a penar sempre,
un tal dolor è troppo.
Giusti numi del ciel, se deste aita
a questa afflitta vita,
fate, che il duolo abbia in me fine omai.
Admeto, e che farai?
ARIA
Ah, sì, morrò,
E allor potrò
Dividere quel cor,
Che in vita è poco.
Così nel doppio amor
All'una, e l'altra bella
Risplenda una facella
In doppio foco.
(Parte.)
Scena IX
Antigona condotta a forza
da soldati e Trasimede.
RECITATIVO
ANTIGONA
Lasciatemi, oh felloni,
voi nell'opre imitate
i barbari pirati, empi ladroni!
TRASIMEDE
Incolpa, o bella, incolpa
in te la somiglianza,
che d'Antigona porti,
e non l'offese mie, non i miei torti.
ANTIGONA
Quest'è l'amor, la fede
che ad Antigona serbi?
TRASIMEDE
O rimproveri giusti, o mia mancanza!
Per vana somiglianza
dovrò rendermi infido?
Resta in pace Rosilda, e se t'offesi
di già pentiti i sensi miei son resi.
(I soldati lasciano Antigona, ed ella si ritira.)
Scena X
Trasimede, a cui giunge un paggio
che gli presenta un ritratto; ed Antigona in disparte.
RECITATIVO
TRASIMEDE
Questo dunque è il ritratto
che per me tu involasti
dal real gabinetto?
Ma che vegg'io?
(Guarda il ritratto.)
Questa non è l'immago d'Antigona
il mio bene, ma l'immago del Re;
prendila o stolto, e ritornala in corte!
(Nel partire che fa il paggio con il ritratto del Re,
le cade disavvedutamente.)
Anche un bene dipinto
mi contende la sorte.
ARIA
Chi è nato alle sventure
Non può mai ritrovar
Conforto e pace.
Incontra ogn'or sciagure,
Nè il ben sa mai trovar,
Se parla, o tace.
(Parte.)
Scena XI
Antigona sola, e poi Alceste.
RECITATIVO
ANTIGONA
Il ritratto d'Admeto ha nel corso
perduto il servo incauto;
non è poco, o fortuna,
che in mano mi presenti il ritratto
gradito di colui, che nel cor
porto scolpito.
O caro Admeto, o idolatrato volto!
ALCESTE
O caro Admeto! chi è costei,
che ascolto?
ANTIGONA
Amor lo sà, quanto, o mio ben,
t'adoro: Lasciate, ch'io vi baci,
adorate sembianze, ond'io mi moro.
ALCESTE
Costei sopra il ritratto
del Rege mio consorte và
gemendo così per darmi morte.
ANTIGONA
Chi m'osserva?
ALCESTE
Un guerriero
che le tue voci udì.
ANTIGONA
Chi è trafitta d'amor, parla così.
ALCESTE
Resisti, o cor!
Deh, dimmi:
Ami tu quell'aspetto?
ANTIGONA
Io l'amo, è vero,
e se ben mel contese
il destino severo,
spero che un dì la sorte
mel conceda in consorte.
ALCESTE
Questo è troppo! Chi sei?
ANTIGONA
Dell'esser mio non posso
darti notizia alcuna;
sol ti dirò, ch'io sono
uno scherzo del fato e di fortuna.
ALCESTE
E dove abiti?
ANTIGONA
In corte.
ALCESTE
Mai non la vidi.
A' tetti tuoi ritorna.
ANTIGONA
Addio.
ALCESTE
Va in pace; ah no!
Fermati, ascolta, dimmi:
Ami il Tessalo Re?
ANTIGONA
Di lui m'accesi.
ALCESTE
E speri tu di conseguirlo in sposo?
ANTIGONA
Più non mi chieder, no, più dir non oso.
ARIA
La sorte mia vacilla
Come scintilla in ciel
Tremula stella;
Talor s'oscura, e poi
Spargendo i raggi suoi
Appar più bella.
(Parte.)
Scena XII
RECITATIVO
ALCESTE
Quest'è dunque la fede,
che mi serba colui, per cui già volsi
perder la propria vita?
Ingratissimo Re, empio consorte!
Ma, che deliri, o Alceste?
Forse involò costei l'effigia amata
e s'infinge così, per nascondere a me,
che l'ha rubata.
ARIA
Vedrò fra poco
Se l'idol mio
Cangiò desio,
O se costante
Ei pur m'adora
Qual m'adorò.
Poi s'egli a giuoco
Prende il mio affetto,
A suo dispetto
Costante ancora
Io l'amerò.