ATTO QUINTO
Il chiostro del convento di San Giusto.
(Una notte di luna. Elisabetta entra lentamente, s’avvicina alla tomba di Carlo Quinto e s’inginocchia.)
Introduzione (Orchestra)
ELISABETTA
Tu che le vanità
conoscesti del mondo
e godi nell’avel
il riposo profondo,
s’ancor si piange in cielo,
piangi sul mio dolore,
e porta il pianto mio
al trono del Signor,
il pianto mio
porta al trono del Signor.
Carlo qui verrà! Sì!
Che parta e scordi omai.
A Posa di vegliar
sui giorni suoi giurai.
Ei segua il suo destin,
la gloria il traccerà.
Per me, la mia giornata
a sera è giunta già!
Francia, nobile suol,
sì caro a’ miei verd’anni!
Fontainebleau!
vêr voi schiude il pensier i vanni.
Eterno giuro d’amore
là Dio da me ascoltò,
e quest’eternità un giorno sol durò.
Tra voi, vaghi giardin
di questa terra ibéra,
se Carlo ancor dovrà
fermar i passi a sera,
che le zolle, i ruscelli,
i fonti, i boschi,
i fior con le lor armonie
cantino il nostro amor.
Addio! Addio, bei sogni d’ôr,
illusione perduta!
Il nodo si spezzò,
la luce è fatta muta!
Addio! addio verd’anni ancor!
Cedendo al duol crudel,
il cor ha un sol desir:
la pace dell’avel!
Tu che le vanità, ecc.
…ah, il pianto mio
reca a’ piè del Signor.
(Carlo entra.)
CARLO
È dessa!
ELISABETTA
Un detto, un sol;
al ciel io raccomando
il pellegrin che parte;
e poi sol vi domando
e l’obblio e la vita.
CARLO
Sì, forte esser vogl’io;
ma quando è infranto amore
pria della morte uccide.
ELISABETTA
No, pensate a Rodrigo.
Non è per folli idee
ch’ei si sacrificò!
CARLO
Sulla terra fiamminga,
io vo’ che a lui s’innalzi
sublime, eccelso avel
qual mai ne ottenne un re,
tanto nobil e bel.
ELISABETTA
I fior del paradiso
a lui sorrideranno!
CARLO
Vago sogno m’arrise! ei sparve!
e nell’affanno un rogo appar a me
che spinge vampe al ciel.
Di sangue tinto un rio,
resi i campi un avel,
un popolo che muor
e a me la man protende,
siccome a Redentor,
nei dì della sventura!
A lui n’andrò beato,
se spento o vincitor,
plauso o pianto m’avrò
dal tuo memore cor!
ELISABETTA
Sì, l’eroismo è questo e
la sua sacra fiamma!
L’amor degno di noi,
l’amor che i forti infiamma!
Ei fa dell’uomo un Dio!
Va, di più non tardar!
Va, va, va! e salva
un popolo che muor!
CARLO
Sì, con la voce tua
quella gente m’appella…
ELISABETTA
Il popol salva!
CARLO
…e se morrò per lei,
la mia morte fia bella.
ELISABETTA
Va, va di più non tardar!
CARLO
Sì, mia morte fia bella!
ELISABETTA
Va, di più non tardar…
e salva un popol che muore.
CARLO
La mia morte fia bella!
Ma pria di questo dì,
alcun poter uman
disgiunta non avria
la mia dalla tua man!
Ma vinto in sì gran dì
l’onor ha in me l’amore;
impresa a questa par rinnova
e mente e core!
Non vedi, Elisabetta!
Io ti stringo al mio sen,
né mia virtù vacilla,
né ad essa mancherò!
Or che tutto finì
e la man io ritiro
dalla tua man…
tu piangi?
ELISABETTA
Sì piango, ma t’ammiro.
Il pianto gli è dell’alma,
e veder tu lo puoi
qual san pianto versar
le donne per gli eroi!
Ma lassù ci vedremo
in un mondo migliore,
dell’avvenir eterno
suonan per noi già l’ore;
e là noi troverem
nel grembo del Signor
il sospirato ben,
che fugge in terra ognor!
ELISABETTA, poi CARLO
Ma lassù ci vedremo
in un mondo migliore,
dell’avvenir eterno,
suonan per noi già l’ore;
e là noi troverem
stretti insiem nel Signor
il sospirato ben
che fugge in terra ognor!
ELISABETTA
In tal dì che per noi
non avrà più domani…
INSIEME
…tutti i nomi scordiam
degli affetti profani, ecc.
CARLO
Addio, mia madre!
ELISABETTA
Mio figlio, addio!
CARLO
Eterno addio!
ELISABETTA
Eterno addio!
CARLO
Addio!
ELISABETTA
Addio!
CARLO
Per sempre addio!
INSIEME
Per sempre addio!
Per sempre!
FILIPPO
(entrando, seguito dal Grande Inquisitore e dai familiari del Santo Uffizio, e prendendo il braccio della Regina)
Sì, per sempre!
Io voglio un doppio sacrifizio!
Il dover mio farò.
(all’Inquisitore)
Ma voi?
L’INQUISITORE
Il Santo Uffizio il suo farà.
ELISABETTA
Ciel!
L’INQUISITORE
(ai familiari additando Carlo)
Guardie!
CARLO
Dio mi vendicherà!
il tribunal di sangue
sua mano spezzerà!
(Don Carlo difendendosi, indietreggia verso la tomba di Carlo Quinto. Le porte del Chiostro s’apron e appare il "Frate" del primo atto ma col manto e colla corona reale. È Carlo Quinto.)
IL FRATE
Il duolo della terra
nel chiostro ancor ci segue,
solo del cor la guerra
in ciel si calmerà.
L’INQUISITORE
È la voce di Carlo!
FAMILIARI DEL SANTO UFFIZIO
È Carlo Quinto!
FILIPPO
(atterrito)
Mio padre!
ELISABETTA
Oh ciel!
(Carlo Quinto trascina nel chiostro Don Carlo smarrito.)
Fine dell’opera