ATTO SECONDO


Scena Prima

(Appartamenti reali. Artaserse ed Artabano)

▼ARTASERSE▲
(nell'uscire verso la scena)
Dal carcere o custodi
qui si conduca Arbace. Ecco adempite
le tue richieste; ah voglia il ciel che giovi
questo incontro a salvarlo.

▼ARTABANO▲
Io non vorrei
che credessi, o signor, la mia domanda
pietà di padre o mal fondata speme
di trovarlo innocente. È troppo chiara
la colpa sua, deve morir.
Non altro mi muove a rivederlo
che la tua sicurezza. Ancor del fallo
è ignota la cagione,
sono i complici ignoti, ogni segreto
tenterò discoprir.

▼ARTASERSE▲
La tua fortezza
quanto invidio Artabano. Io mi sgomento
d'un amico al periglio;
tu non ti perdi e si condanna il figlio.

▼ARTABANO▲
La fermezza del volto
quanto costa al mio core. Intesi anch'io
le voci di natura. Anch'io provai
le comuni di padre deboli tenerezze;
ma fra le mie dubiezze
il dover trionfò. Non è mio figlio
chi mi porta il rossor di sì gran fallo;
prima ch'io fossi padre, ero vassallo.

▼ARTASERSE▲
La tua virtude istessa
mi parla per Arbace. Io più ti deggio
quanto meno il difendi.
Ah renderei
troppo ingrata mercede a' merti tui,
senza dolor s'io ti punissi in lui.
Deh cerchiamo Artabano
una via di salvarlo, una ragione
ch'io possa dubbitar del suo delitto;
unisci, io te ne priego,
le tue cure alle mie.

▼ARTABANO▲
Che far poss'io,
s'ogni evento l'accusa
e intanto Arbace si vede reo,
non si difende e tace?

▼ARTASERSE▲
Ma innocente si chiama. I labri suoi
non son usi a mentir. Come in un punto
cangiò natura! Ah l'infelice ha forse
qualche ragion del suo silenzio. A lui
parla Artabano; ei svelerà col padre
quanto al giudice tace. Io m'allontano.
In libertà seco ragiona; osserva,
esamina il suo cor. Trova, se puoi,
un'ombra di difesa. Accorda insieme
la salvezza del figlio,
la pace del tuo re, l'onor del trono;
ingannami, se puoi, ch'io ti perdono.

Rendimi il caro amico,
parte dell'alma mia,
fa' ch'innocente sia
come l'amai finor.
Compagni dalla cuna
tu ci vedesti e sai
che in ogni mia fortuna
seco finor provai
ogni piacer diviso,
diviso ogni dolor.

(parte)

Scena Seconda

(Artabano, poi Arbace con alcune Guardie)

▼ARTABANO▲
(Fra sè)
Son quasi in porto.

(Ad Arbace)

Arbace avvicinati.

(alle guardie)

E voinelle prossime stanze
pronti attendete ad ogni cenno.

(partono)

▼ARBACE▲
Il padre solo con me!

▼ARTABANO▲
Pur mi riesce o figlio
di salvar la tua vita. Io chiesi ad arte
all'incauto Artaserse
la libertà di favellarti.
Andiamo. Per una via che ignota
sempre gli fu, scorgendo i passi tui
deluder posso i suoi custodi e lui.

▼ARBACE▲
Mi proponi una fuga
che saria prova al mio delitto.

▼ARTABANO▲
Ah vieni,
folle che sei; la libertà ti rendo,
t'involo al regio sdegno,
agli applausi ti guido e forse al regno.

▼ARBACE▲
Che dici! Al regno?

▼ARTABANO▲
È da gran tempo, il sai,
a tutti in odio il regio sangue. Andiamo,
alle commosse squadre
basta mostrarti. Ho già la fede in pegno
de' primi duci.

▼ARBACE▲
Io divenir ribelle!
Solo in pensarlo innorridisco! Ah padre
lasciami l'innocenza.

▼ARTABANO▲
È già perduta
nella credenza altrui. Sei prigioniero
e comparisci reo.

▼ARBACE▲
Ma non è vero.

▼ARTABANO▲
Questo non giova.
È l'innocenza, Arbace,
un pregio che consiste
nel credulo consenso
di chi l'ammira; e se le togli questo,
in nulla si risolve. Il giusto è solo
chi sa fingerlo meglio e chi nasconde
con più destro artificio i sensi sui
nel teatro del mondo agli occhi altrui.

▼ARBACE▲
T'inganni. Un'alma grande
è teatro a sé stessa. Ella in segreto
s'approva e si condanna;
e placida e sicura
del volgo spettator l'aura non cura.

▼ARTABANO▲
Sia ver; ma l'innocenza
si dovrà preferir forse alla vita
per conservarla?

▼ARBACE▲
E questa vita, o padre,
che mai la credi?

▼ARTABANO▲
Il maggior dono, o figlio,
che dar possan gli dèi.

▼ARBACE▲
La vita è un bene
che usandone si scema; ogni momento
ch'altri ne gode è un passo
che al termine avvicina e dalle fascie
si comincia a morir, quando si nasce.

▼ARTABANO▲
E dovrò per salvarti
contender teco? Altra ragion per ora
non ricercar che il cenno mio. T'affretta.

▼ARBACE▲
No, perdona; sia questo
il tuo cenno primiero
trasgredito da me.

▼ARTABANO▲
Vinca la forza
le resistenze tue. Sieguimi.

(va per prenderlo)

▼ARBACE▲
(si scosta)
In pace
lasciami o padre. A troppo gran cimento
riduci il mio rispetto. Ah se mi sforzi farò…

▼ARTABANO▲
Minacci ingrato!
Parla, di', che farai?

▼ARBACE▲
No 'l so; ma tutto
farò per non seguirti.

▼ARTABANO▲
E ben vediamo
chi di noi vincerà. Sieguimi, andiamo.

(lo prende per la mano)

▼ARBACE▲
Custodi, olà?

▼ARTABANO▲
T'accheta.

▼ARBACE▲
Olà custodi?

(Artabano lascia Arbace vedendo li custodi)

▼ARBACE▲
Rendetemi i miei lacci.
Al carcer mio guidatemi di nuovo.

▼ARTABANO▲
(Fra sé)
Ardo di sdegno.

▼ARBACE▲
Padre, un addio.

▼ARTABANO▲
Va', non t'ascolto, indegno.

▼ARBACE▲
Mi scacci sdegnato!
Mi sgridi severo!
Pietoso placato
vederti non spero,
se in questi momenti
non senti pietà.
Che ingiusto rigore!
Che fiero consiglio!
Scordarsi l'amore
d'un misero figlio,
d'un figlio infelice
che colpa non ha.

(parte con le guardie)

Scena Terza

(Artabano, poi Megabise)

▼ARTABANO▲
I tuoi deboli affetti
vinci Artabano. Un temerario figlio
s'abbandoni al suo fato. Ah che nel core
condannarlo non posso.
Io l'amo appunto perché non mi somiglia.
A un tempo istesso
e mi sdegno e l'ammiro
e d'ira e di pietà
fremo e sospiro.

▼MEGABISE▲
Che fai? Che pensi? Irresoluto e lento
signor così ti stai? Non è più tempo
di meditar ma d'eseguir. Si aduna
de' satrapi il consiglio; ecco raccolte
molte vittime insieme. I tuoi rivali
là troveremo uniti. Uccisi questi,
piana è per te la via del trono.
Arbace a liberar si voli.

▼ARTABANO▲
Ah Megabise,
che sventura è la mia! Ricusa il figlio
e regno e libertà. De' giorni suoi
cura non ha, perde sé stesso e noi.

▼MEGABISE▲
Che dici?

▼ARTABANO▲
Invan finora
con lui contesi.

▼MEGABISE▲
A liberarlo a forza
al carcere corriamo.

▼ARTABANO▲
Il tempo istesso,
che perderemo in superar la fede
e il valor de' custodi,
agio bastante al re sarà
di preparar difese.

▼MEGABISE▲
È ver.
Dunque Artaserse
prima si sveni e poi si salvi Arbace.

▼ARTABANO▲
Ma rimane in ostaggio
la vita d'un mio figlio.

▼MEGABISE▲
Ecco il riparo.
Dividiamo i seguaci. Assaliremo
nell'istesso momento
tu il carcere, io la reggia.

▼ARTABANO▲
Ah che divisi
siamo deboli entrambi.

▼MEGABISE▲
Ad un partito
convien pure appigliarsi.

▼ARTABANO▲
Il più sicuro è il non prenderne alcuno.
Agio bisogna a ricompor le sconcertate fila
della trama impedita.

▼MEGABISE▲
E se frattanto Arbace si condanna?

▼ARTABANO▲
Il caso estremo
al più pronto rimedio
risolver ne farà. Basta per ora
che a simular tu siegua e che de' tuoi
mi conservi la fede. Io cauto intanto
a sedurre i custodi
m'applicherò. Non m'avvisai finor
d'abbisognarne e reputai follia
moltiplicare i rischi
senza necessità.

▼MEGABISE▲
Di me disponi come più vuoi.

▼ARTABANO▲
Deh non tradirmi amico.

▼MEGABISE▲
Io tradirti! Ah signor, che mai dicesti?
Tanto ingrato mi credi? Io mi rammento
de' miei bassi principi; alla tua mano
deggio quanto possiedo; a' primi gradi
dal fango popolar tu mi traesti.
Io tradirti! Ah signor, che mai dicesti?

▼ARTABANO▲
È poco, o Megabise,
quanto feci per te; vedrai s'io t'amo,
se m'arride il destin.
So per Semiragli affetti tuoi,
non gli condanno e penso…
Eccola. Un mio comando
l'amor suo t'assicuri e noi congiunga
con più saldi legami.

▼MEGABISE▲
O qual contento!

Scena Quarta

(Semira e detti)

▼ARTABANO▲
Figlia, è questi il tuo sposo.

▼SEMIRA▲
(Fra sé)
Ahimè, che sento.

(Ad Artabano)

E ti par tempo o padre
di stringere imenei,
quando il germano…

▼ARTABANO▲
Non più. Può la tua mano
molto giovargli.

▼SEMIRA▲
Il sacrificio è grande;
signor meglio rifletti. Io son…

▼ARTABANO▲
Tu sei
folle, se mi contrasti;
ecco il tuo sposo; io così voglio e basti.

Amalo e se al tuo sguardo
amabile non è,
la man che te lo diè
rispetta e taci.
Poi nell'amar men tardo
forse il tuo cor sarà,
quando fumar vedrà
le sacre faci.

(parte)

Scena Quinta

(Semira e Megabise)

▼SEMIRA▲
Ascolta o Megabise; io mi lusingo
alfin dell'amor tuo. Posso una prova
sperarne a mio favor?

▼MEGABISE▲
Che non farei cara per ubbidirti!

▼SEMIRA▲
E pure io temo le ripugnanze tue.

▼MEGABISE▲
Questo timore dilegui un tuo comando.

▼SEMIRA▲
Ah se tu m'ami, questi imenei disciogli.

▼MEGABISE▲
Io!

▼SEMIRA▲
Sì. Salvarmi del genitor così potrai dall'ira.

▼MEGABISE▲
T'ubbidirei ma parmi
ch'ora meco scherzar voglia Semira!

▼SEMIRA▲
Io non parlo da scherzo.

▼MEGABISE▲
Eh non ti credo;
vuoi così tormentarmi, io me n'avvedo.

▼SEMIRA▲
Tu mi deridi. Io ti credei finora
più generoso amante.

▼MEGABISE▲
Ed io più saggia finora ti credei.

▼SEMIRA▲
D'un'alma grande
che bella prova è questa!

▼MEGABISE▲
Che discreta richiesta
da farsi a un amator!

▼SEMIRA▲
T'apersi un campo
ove potevi esercitar con lode
la tua virtù, senz'essermi molesto.

▼MEGABISE▲
La voglio esercitar ma non in questo.

▼SEMIRA▲
Dunque
invano sperai?

▼MEGABISE▲
Sperasti invano.

▼SEMIRA▲
Dunque il pianto…

▼MEGABISE▲
Non giova.

▼SEMIRA▲
Queste preghiere mie…

▼MEGABISE▲
Son sparse a' venti.

▼SEMIRA▲
E bene, al padre ubbidirò ma senti;
non lusingarti mai
ch'io voglia amarti. Aborrirò costante
quel funesto legame
che a te mi stringerà. Sarai, lo giuro,
oggetto agli occhi miei sempre d'orrore;
la mano avrai ma non sperare il core.

▼MEGABISE▲
Non lo chiedo o Semira.
Io mi contento
di vederti mia sposa; e per vendetta,
se ti basta d'odiarmi,
odiami pur, ch'io non saprò lagnarmi.

Non temer ch'io mai ti dica
alma infida, ingrato core;
possederti ancor nemica
chiamerò felicità.
Io detesto la follia
d'un incomodo amatore
che a' pensieri ancor vorria
limitar la libertà.

(parte)

Scena Sesta

(Semira, poi Mandane)

▼SEMIRA▲
Qual serie di sventure un giorno solo
unisce a' danni miei!
Mandane, ah senti.

▼MANDANE▲
Non m'arrestar Semira.

▼SEMIRA▲
Ove t'affretti?

▼MANDANE▲
Vado al real consiglio.

▼SEMIRA▲
Io tua seguace
sarò, se giova all'infelice Arbace.

▼MANDANE▲
L'interesse è distinto;
tu salvo il brami ed io lo voglio estinto.

▼SEMIRA▲
E un'amante d'Arbace parla così?

▼MANDANE▲
Parla così, Semira, una figlia di Serse.

▼SEMIRA▲
Il mio germano
o non ha colpa o per tua colpa è reo,
perché troppo t'amò…

▼MANDANE▲
Questo è il maggiore
de' falli suoi. Col suo morir degg'io
giustificar me stessa e vendicarmi
di quel rossor che soffre
il mio genio real che a lui donato
dovea destarlo a generose imprese
e per mia pena un traditor lo rese.

▼SEMIRA▲
E non basta a punirlo
delle leggi il rigor che a lui sovrasta,
senza gl'impulsi tuoi?

▼MANDANE▲
No che non basta.
Io temo in Artaserse
la tenera amistà; temo l'affetto
ne' satrapi e ne' grandi; e temo in lui
quell'ignoto poter, quell'astro amico
che in fronte gli risplende,
che degli animi altrui signor lo rende.

▼SEMIRA▲
Va', sollecita il colpo,
accusalo, spietata,
riducilo a morir. Però misura
prima la tua costanza. Hai da scordarti
le speranze, gli affetti,
la data fé, le tenerezze, i primi
scambievoli sospiri, i primi sguardi
e l'idea di quel volto
dove apprese il tuo core
la prima volta a sospirar d'amore.

▼MANDANE▲
Ah barbara Semira,
io che ti feci mai! Perché risvegli
quella al dover ribelle
colpevole pietà che opprimo in seno
a forza di virtù? Perché ritorni
con questa idea che il mio coraggio atterra
fra' miei pensieri a rinovar la guerra.

Se d'un amor tiranno
credei di trionfar,
lasciami nell'inganno,
lasciami lusingar
che più non amo.
Se l'odio è il mio dover,
barbara, e tu lo sai,
perché avveder mi fai
che invan lo bramo.

(parte)

Scena Settima

(Semira)

▼SEMIRA▲
A qual di tanti mali
prima oppormi degg'io?
Mandane, Arbace, Megabise,
Artaserse, il genitore,
tutti son miei nemici.
Ognun m'assale
in alcuna del cor tenera parte;
mentre ad uno m'oppongo,
io resto agli altri
senza difesa esposta;
ed il contrasto sola di tutti
a sostener non basto.

Se del fiume altera l'onda
tenta uscir dal letto usato,
corre a questa, a quella sponda
l'affannato agricoltor.
Ma disperde in su l'arene
il sudor, le cure e l'arti,
che se in una ei lo trattiene,
si fa strada in cento parti
il torrente vincitor.

(parte)

Scena Ottava

(Gran sala del real consiglio con trono da un lato, sedili dall'altro per i Grandi del regno. Tavolino e sedia alla destra del suddetto trono. Artaserse preceduto da una parte delle Guardie e da' Grandi del regno, seguìto dal restante delle Guardie, poi Megabise)

▼ARTASERSE▲
Eccomi, o della Persia
fidi sostegni, del paterno soglio
le cure a tolerar. Son del mio regno
sì torbidi i principi e sì funesti
che l'inesperta mano
teme di questo avvicinarsi al freno.
Voi che nudrite in seno
zelo, valore, esperienza e fede,
dell'affetto in mercede,
che il mio gran genitor vi diede in dono,
siatemi scorta in su le vie del trono.

▼MEGABISE▲
Mio re, chiedono a gara
e Mandane e Semira a te l'ingresso.

▼ARTASERSE▲
Oh dèi!
Vengano. Io vedo
qual diversa cagione entrambe affretta.

(parte Megabise)

Scena Nona

(Mandane, Semira, Megabise e detto)

▼SEMIRA▲
Artaserse pietà.

▼MANDANE▲
Signor vendetta;
d'un reo chiedo la morte.

▼SEMIRA▲
Ed io la vita chiedo d'un innocente.

▼MANDANE▲
Il fallo è certo.

▼SEMIRA▲
Incerto è il traditor.

▼MANDANE▲
Condanna Arbace ogni apparenza.

▼SEMIRA▲
Assolve Arbace ogni ragion.

▼MANDANE▲
L'amor l'accusa.

▼SEMIRA▲
L'amicizia il difende.

▼MANDANE▲
Il sangue sparso
dalle vene del padre chiede un castigo.

▼SEMIRA▲
E il conservato sangue
nelle vene del figlio un premio chiede.

▼MANDANE▲
Ricordati…

▼SEMIRA▲
Rammenta…

▼MANDANE▲
Che sostegno del trono solo è il rigor.

▼SEMIRA▲
Che la clemenza è base.

▼MANDANE▲
D'una misera figlia deh t'irriti il dolor.

▼SEMIRA▲
Ti plachi il pianto
d'una afflitta germana.

▼MANDANE▲
Ognun che vedi,
fuor che Semira, il sacrificio aspetta.

(s'inginocchiano)

▼SEMIRA▲
Artaserse pietà.

▼MANDANE▲
Signor vendetta.

▼ARTASERSE▲
Sorgete; oh dio, sorgete.
Il vostro affanno quanto è minor del mio.
Teme Semira il mio rigor, Mandane
teme la mia clemenza.
E amico e figlio Artaserse sospira
nel timor di Mandane e di Semira.
Solo d'entrambe io così provo…

(vedendo Artabano)

Ah vieni. Consolami Artabano.
Hai per Arbace difesa alcuna?
Ei si discolpa?

Scena Decima

(Artabano e detti)

▼ARTABANO▲
È vana
la tua, la mia pietà. La sua salvezza
o non cura o dispera.

▼ARTASERSE▲
E vuol ridurmi
l'ingrato a condannarlo?

▼SEMIRA▲
Condannarlo? Ah crudel!
Dunque vedrassi sotto
un'infame scure di Semira il germano,
della Persia l'onore,
l'amico d'Artaserse, il difensore?
Misero Arbace! Inutile mio pianto!
Vilipeso dolor!

▼ARTASERSE▲
Semira a torto
m'accusi di crudel. Che far poss'io,
se difesa non ha? Tu che faresti?
Che farebbe Artabano? Olà custodi,
Arbace a me si guidi.
Il padre istesso
sia giudice del figlio. Egli l'ascolti,
ei l'assolva se può. Tutta in sua mano
la mia depongo autorità reale.

▼ARTABANO▲
Come!

▼MANDANE▲
E tanto prevale
l'amicizia al dover? Punir no 'l vuoi,
se la pena del reo commetti al padre.

▼ARTASERSE▲
A un padre io la commetto
di cui nota è la fé, che un figlio accusa
ch'io difender vorrei, che di punirlo
ha più ragion di me.

▼MANDANE▲
Ma sempre è padre.

▼ARTASERSE▲
Perciò doppia ragione
ha di punirlo. Io vendicar di Serse
la morte sol deggio in Arbace. Ei deve
nel figlio vendicar con più rigore
e di Serse la morte e il suo rossore.

▼MANDANE▲
Dunque così…

▼ARTASERSE▲
Così, se Arbace è il reo,
la vittima assicuro al re svenato
ed al mio difensor non sono ingrato.

▼ARTABANO▲
Ah signor, qual cimento…

▼ARTASERSE▲
Degno di tua virtù.

▼ARTABANO▲
Di questa scelta che si dirà?

▼ARTASERSE▲
Che si può dir?

(a' grandi)

Parlate,
se v'è ragion che a dubitar vi muova.

▼MEGABISE▲
Il silenzio d'ognun la scelta approva.

▼SEMIRA▲
Ecco il germano.

▼MANDANE▲
(Fra sé)
Ahimè!

▼ARTASERSE▲
S'ascolti.

(va in trono e i grandi siedono)

▼ARTABANO▲
(nell'andare e sedere al tavolino, Fra sé)
Affetti, ah tolerate il freno.

▼MANDANE▲
(Fra sé)
Povero cor non palpitarmi in seno.

Scena Undicesima

(Arbace, con catene fra alcune Guardie, e detti)

▼ARBACE▲
Tanto in odio alla Persia
dunque son io che di mia rea fortuna
l'ingiustizie a mirar tutta s'aduna!
Mio re.

▼ARTASERSE▲
Chiamami amico.
Infin ch'io possa
dubitar del tuo fallo,
esser lo voglio.
E perché sì bel nome
in un giudice è colpa,
ad Artabano
il giudizio è commesso.

▼ARBACE▲
Al padre!

▼ARTASERSE▲
A lui.

▼ARBACE▲
(Para sí)
Gelo d'orror.

▼ARTABANO▲
Che pensi? Ammiri forse
la mia costanza?

▼ARBACE▲
Inorridisco, o padre,
nel mirarti in quel luogo.
E ripensando quale io son,
qual tu sei, come potesti
farti giudice mio?
Come conservi così intrepido il volto?
E non ti senti l'anima lacerar?

▼ARTABANO▲
Quei moti interni,
ch'io provo in me, tu ricercar non devi
né quale intelligenza
abbia col volto il cor. Qualunque io sia
lo son per colpa tua.
Se a' miei consigli
tu davi orecchio e seguitar sapevi
l'orme d'un padre amante, in faccia a questi
giudice non sarei, reo non saresti.

▼ARTASERSE▲
Misero genitor!

▼MANDANE▲
Qui non si venne
i vostri ad ascoltar privati affanni.
O Arbace si difenda o si condanni.

▼ARBACE▲
(Fra sè)
Quanto rigor

▼ARTABANO▲
Dunque alle mie richieste
risponda il reo.
Tu comparisci, Arbace,
di Serse l'uccisor.
Ne sei convinto;
ecco le prove.
Un temerario amore,
uno sdegno ribelle…

▼ARBACE▲
Il ferro, il sangue,
il tempo, il luogo, il mio timor, la fuga
so che la colpa mia fanno evidente.
E pur vera non è, sono innocente.

▼ARTABANO▲
Dimostralo se puoi;
placa lo sdegno
dell'offesa Mandane.

▼ARBACE▲
Ah se mi vuoi
costante nel soffrir, non assalirmi
in sì tenera parte. Al nome amato
barbaro genitor…

▼ARTABANO▲
Taci, e non vedi
nella tua cieca intolleranza e stolta
dove sei, con chi parli
e chi t'ascolta?

▼ARBACE▲
Ma padre…

▼ARTABANO▲
(Fra sè)
Affetti, ah tollerate il freno!

▼MANDANE▲
(Fra sè)
Povero cor
non palpitarmi in seno.

▼SEMIRA▲
Chiede pur la tua colpa
difesa o pentimento.

▼ARTASERSE▲
Ah porgi aita alla nostra pietà.

▼ARBACE▲
Mio re non trovo né colpa né difesa
né motivo a pentirmi; e se mi chiedi
mille volte ragion
di questo eccesso,
tornarò mille volte a dir l'istesso.

▼ARTABANO▲
(Fra sè)
O amor di figlio!

▼MANDANE▲
Egli ugualmente è reo,
o se parla o se tace.
Or che si pensa?
Il giudice che fa?
Questo è quel padre che
vendicar doveva un doppio oltraggio?

▼ARBACE▲
Mi vuoi morto, o Mandane?

▼MANDANE▲
(Fra sè)
Alma, coraggio.

▼ARTABANO▲
Principessa, è il tuo sdegno
sprone alla mia virtù. Resti alla Persia
nel rigor d'Artabano un grand'esempio
di giustizia e di fé non visto ancora.
Io condanno il mio figlio.
Arbace mora.

(sottoscrive il foglio)

▼MANDANE▲
(Fra sè)
Oh dio!

▼ARTASERSE▲
Sospendi amico il decreto fatal.

▼ARTABANO▲
Segnato è il foglio,
ho compito il dover.

(s'alza e dà il foglio ad Artaserse)

▼ARTASERSE▲
Barbaro vanto!

(scende dal trono e i grandi si levano da sedere)

▼SEMIRA▲
Padre inumano!

▼MANDANE▲
(Fra sè)
Ah mi tradisce il pianto!

▼ARBACE▲
Piange Mandane!
E pur sentisti alfine
qualche pietà del mio destin tiranno?

▼MANDANE▲
Si piange di piacer
come d'affanno.

▼ARTABANO▲
Di giudice severo adempite ho le parti.
Ah si permetta agli affetti di padre
uno sfogo o signor. Figlio perdona
alla barbara legge
d'un tiranno dover. Soffri, che poco
ti rimane a soffrir. Non ti spaventi
l'aspetto della pena; il mal peggiore
è de' mali il timor.

▼ARBACE▲
Vacilla o padre
la sofferenza mia. Trovarmi esposto
in faccia al mondo intero
in sembianza di reo, veder recise
sul verdeggiar le mie speranze, estinti
su l'aurora i miei dì, vedermi in odio
alla Persia, all'amico, a lei che adoro,
saper che il padre mio…
Barbaro padre…

(Fra sè)

Ah, ch'io mi perdo!)

(Forte)

Addio.

(in atto di partire, poi si ferma)

▼ARTABANO▲
(Fra sè)
Io gelo.

▼MANDANE▲
(Fra sè)
Io moro.

▼ARBACE▲
O temerario Arbace,
dove trascorri?
Ah genitor, perdono.
Eccomi a' piedi tuoi.
Scusa i trasporti d'un insano dolor.
Tutto il mio sangue si versi pur,
non me ne lagno;
e invece di chiamarla tiranna,
io bacio quella man che mi condanna.

▼ARTABANO▲
Basta, sorgi, purtroppo
hai ragion di lagnarti;
ma sappi…

(Fra sè)

Oh dèi!

(Ad Arabace)

Prendi un abbraccio e parti.

▼ARBACE▲
Per quel paterno amplesso,
per questo estremo addio,
conservami te stesso,
placami l'idol mio,
difendimi il mio re.
Vado a morir beato,
se della Persia il fato
tutto si sfoga in me.

(parte fra le guardie seguìto da Megabise e partono i grandi)

Scena Dodicesima

(Mandane ed Artabano)

▼MANDANE▲
Ah, che al partir d'Arbace
io comincio a provar che sia la morte!

▼ARTABANO▲
A prezzo del mio sangue ecco, o Mandane,
sodisfatto il tuo sdegno.

▼MANDANE▲
Ah scelerato!
Fuggi dagli occhi miei, fuggi la luce
delle stelle e del sol; celati indegno
nelle più cupe e cieche
viscere della terra,
se pur la terra istessa a un empio padre,
così d'umanità privo e d'affetto,
nelle viscere sue darà ricetto.

▼ARTABANO▲
Dunque la mia virtù…

▼MANDANE▲
Taci inumano;
di qual virtù ti vanti?
Ha questa i suoi confini; e quando eccede,
cangiata in vizio ogni virtù si vede.

▼ARTABANO▲
Ma non sei quella istessa
che finor m'irritò?

▼MANDANE▲
Son quella e sono
degna di lode. E se dovesse Arbace
giudicarsi di nuovo, io la sua morte
di nuovo chiederei. Dovea Mandane
un padre vendicar; salvare un figlio
Artabano dovea. A te l'affetto,
l'odio a me conveniva. Io l'interesse
d'una tenera amante
non dovevo ascoltar.
Ma tu dovevi di giudice
il rigor porre in oblio;
questo era il tuo dover, questo era il mio.

Va' tra le selve ircane
barbaro genitore;
fiera di te peggiore,
mostro peggior non v'è.
Quanto di reo produce
l'Africa al sol vicina,
l'inospita marina,
tutto s'aduna in te.

(parte)

Scena Tredicesima

(Artaserse, Semira ed Artabano)

▼ARTASERSE▲
Quanto, amata Semira,
congiura il ciel del nostro Arbace a danno.

▼SEMIRA▲
Inumano, tiranno!Così presto ti cangi?
Prima uccidi l'amico e poi lo piangi?

▼ARTASERSE▲
All'arbitrio del padre
la sua vita commisi
ed io sono il tiranno?
Ed io l'uccisi?

▼SEMIRA▲
Questa è la più ingegnosa
barbara crudeltà.
Giudice il padre
era servo alla legge.
A te sovrano la legge era vassalla.
Ei non poteva esser pietoso.
E tu dovevi.
Eh dimmi che godi di veder
svenato un figlio
per man del genitore,
che amicizia non hai,
non senti amore.

▼ARTASERSE▲
Parli la Persia e dica
se ad Arbace son grato,
se ho pietà del tuo duol,
se t'amo ancora.

▼SEMIRA▲
Ben ti credei finora,
lusingata ancor io dal genio antico,
pietoso amante e generoso amico;
ma ti scopre un istante
perfido amico
e dispietato amante.

Per quell'affetto
che l'incatena,
l'ira depone
la tigre armena,
lascia il leone
la crudeltà.
Tu delle fiere
più fiero ancora
alle preghiere
di chi t'adora
spogli il tuo petto
d'ogni pietà.

(parte)

Scena Quattordicesima

(Artaserse ed Artabano)

▼ARTASERSE▲
Dell'ingrata Semira i rimproveri udisti?

▼ARTABANO▲
Udisti i sdegni dell'ingiusta Mandane?

▼ARTASERSE▲
Io son pietoso
e tiranno mi chiama.

▼ARTABANO▲
Io giusto sono
e mi chiama crudel.

▼ARTASERSE▲
Di mia clemenza è questo il prezzo!

▼ARTABANO▲
La mercede è questa
d'un'austera virtù!

▼ARTASERSE▲
Quanto in un giorno,
quanto perdo Artabano!

▼ARTABANO▲
Ah non lagnarti;
lascia a me le querele.
Oggi d'ogn'altro
più misero son io.

▼ARTASERSE▲
Grande è il tuo duol
ma non è lieve il mio.

▼ARTASERSE▲
Non conosco in tal momento
se l'amico o il genitore
sia più degno di pietà.
So però per mio tormento
ch'era scelta in me l'amore,
ch'era in te necessità.

(parte)

Scena Quindicesima

(Artabano)

▼ARTABANO▲
Son pur solo una volta e dall'affanno
respiro in libertà;
quasi mi persi
nel sentirmi d'Arbace
giudice destinar. Ma superato
non si pensi il periglio;
salvai me stesso,
or si difenda il figlio.

Così stupisce e cade
pallido e smorto in viso
al fulmine improviso
l'attonito pastor.
Ma quando poi s'avvede
del vano suo spavento,
sorge, respira e riede
a numerar l'armento
disperso dal timor.
ATTO SECONDO


Scena Prima

Appartamenti reali. Artaserse ed Artabano

ARTASERSE
nell'uscire verso la scena
Dal carcere o custodi
qui si conduca Arbace. Ecco adempite
le tue richieste; ah voglia il ciel che giovi
questo incontro a salvarlo.

ARTABANO
Io non vorrei
che credessi, o signor, la mia domanda
pietà di padre o mal fondata speme
di trovarlo innocente. È troppo chiara
la colpa sua, deve morir.
Non altro mi muove a rivederlo
che la tua sicurezza. Ancor del fallo
è ignota la cagione,
sono i complici ignoti, ogni segreto
tenterò discoprir.

ARTASERSE
La tua fortezza
quanto invidio Artabano. Io mi sgomento
d'un amico al periglio;
tu non ti perdi e si condanna il figlio.

ARTABANO
La fermezza del volto
quanto costa al mio core. Intesi anch'io
le voci di natura. Anch'io provai
le comuni di padre deboli tenerezze;
ma fra le mie dubiezze
il dover trionfò. Non è mio figlio
chi mi porta il rossor di sì gran fallo;
prima ch'io fossi padre, ero vassallo.

ARTASERSE
La tua virtude istessa
mi parla per Arbace. Io più ti deggio
quanto meno il difendi.
Ah renderei
troppo ingrata mercede a' merti tui,
senza dolor s'io ti punissi in lui.
Deh cerchiamo Artabano
una via di salvarlo, una ragione
ch'io possa dubbitar del suo delitto;
unisci, io te ne priego,
le tue cure alle mie.

ARTABANO
Che far poss'io,
s'ogni evento l'accusa
e intanto Arbace si vede reo,
non si difende e tace?

ARTASERSE
Ma innocente si chiama. I labri suoi
non son usi a mentir. Come in un punto
cangiò natura! Ah l'infelice ha forse
qualche ragion del suo silenzio. A lui
parla Artabano; ei svelerà col padre
quanto al giudice tace. Io m'allontano.
In libertà seco ragiona; osserva,
esamina il suo cor. Trova, se puoi,
un'ombra di difesa. Accorda insieme
la salvezza del figlio,
la pace del tuo re, l'onor del trono;
ingannami, se puoi, ch'io ti perdono.

Rendimi il caro amico,
parte dell'alma mia,
fa' ch'innocente sia
come l'amai finor.
Compagni dalla cuna
tu ci vedesti e sai
che in ogni mia fortuna
seco finor provai
ogni piacer diviso,
diviso ogni dolor.

parte

Scena Seconda

Artabano, poi Arbace con alcune Guardie

ARTABANO
Fra sè
Son quasi in porto.

Ad Arbace

Arbace avvicinati.

alle guardie

E voinelle prossime stanze
pronti attendete ad ogni cenno.

partono

ARBACE
Il padre solo con me!

ARTABANO
Pur mi riesce o figlio
di salvar la tua vita. Io chiesi ad arte
all'incauto Artaserse
la libertà di favellarti.
Andiamo. Per una via che ignota
sempre gli fu, scorgendo i passi tui
deluder posso i suoi custodi e lui.

ARBACE
Mi proponi una fuga
che saria prova al mio delitto.

ARTABANO
Ah vieni,
folle che sei; la libertà ti rendo,
t'involo al regio sdegno,
agli applausi ti guido e forse al regno.

ARBACE
Che dici! Al regno?

ARTABANO
È da gran tempo, il sai,
a tutti in odio il regio sangue. Andiamo,
alle commosse squadre
basta mostrarti. Ho già la fede in pegno
de' primi duci.

ARBACE
Io divenir ribelle!
Solo in pensarlo innorridisco! Ah padre
lasciami l'innocenza.

ARTABANO
È già perduta
nella credenza altrui. Sei prigioniero
e comparisci reo.

ARBACE
Ma non è vero.

ARTABANO
Questo non giova.
È l'innocenza, Arbace,
un pregio che consiste
nel credulo consenso
di chi l'ammira; e se le togli questo,
in nulla si risolve. Il giusto è solo
chi sa fingerlo meglio e chi nasconde
con più destro artificio i sensi sui
nel teatro del mondo agli occhi altrui.

ARBACE
T'inganni. Un'alma grande
è teatro a sé stessa. Ella in segreto
s'approva e si condanna;
e placida e sicura
del volgo spettator l'aura non cura.

ARTABANO
Sia ver; ma l'innocenza
si dovrà preferir forse alla vita
per conservarla?

ARBACE
E questa vita, o padre,
che mai la credi?

ARTABANO
Il maggior dono, o figlio,
che dar possan gli dèi.

ARBACE
La vita è un bene
che usandone si scema; ogni momento
ch'altri ne gode è un passo
che al termine avvicina e dalle fascie
si comincia a morir, quando si nasce.

ARTABANO
E dovrò per salvarti
contender teco? Altra ragion per ora
non ricercar che il cenno mio. T'affretta.

ARBACE
No, perdona; sia questo
il tuo cenno primiero
trasgredito da me.

ARTABANO
Vinca la forza
le resistenze tue. Sieguimi.

va per prenderlo

ARBACE
si scosta
In pace
lasciami o padre. A troppo gran cimento
riduci il mio rispetto. Ah se mi sforzi farò…

ARTABANO
Minacci ingrato!
Parla, di', che farai?

ARBACE
No 'l so; ma tutto
farò per non seguirti.

ARTABANO
E ben vediamo
chi di noi vincerà. Sieguimi, andiamo.

lo prende per la mano

ARBACE
Custodi, olà?

ARTABANO
T'accheta.

ARBACE
Olà custodi?

Artabano lascia Arbace vedendo li custodi

ARBACE
Rendetemi i miei lacci.
Al carcer mio guidatemi di nuovo.

ARTABANO
Fra sé
Ardo di sdegno.

ARBACE
Padre, un addio.

ARTABANO
Va', non t'ascolto, indegno.

ARBACE
Mi scacci sdegnato!
Mi sgridi severo!
Pietoso placato
vederti non spero,
se in questi momenti
non senti pietà.
Che ingiusto rigore!
Che fiero consiglio!
Scordarsi l'amore
d'un misero figlio,
d'un figlio infelice
che colpa non ha.

parte con le guardie

Scena Terza

Artabano, poi Megabise

ARTABANO
I tuoi deboli affetti
vinci Artabano. Un temerario figlio
s'abbandoni al suo fato. Ah che nel core
condannarlo non posso.
Io l'amo appunto perché non mi somiglia.
A un tempo istesso
e mi sdegno e l'ammiro
e d'ira e di pietà
fremo e sospiro.

MEGABISE
Che fai? Che pensi? Irresoluto e lento
signor così ti stai? Non è più tempo
di meditar ma d'eseguir. Si aduna
de' satrapi il consiglio; ecco raccolte
molte vittime insieme. I tuoi rivali
là troveremo uniti. Uccisi questi,
piana è per te la via del trono.
Arbace a liberar si voli.

ARTABANO
Ah Megabise,
che sventura è la mia! Ricusa il figlio
e regno e libertà. De' giorni suoi
cura non ha, perde sé stesso e noi.

MEGABISE
Che dici?

ARTABANO
Invan finora
con lui contesi.

MEGABISE
A liberarlo a forza
al carcere corriamo.

ARTABANO
Il tempo istesso,
che perderemo in superar la fede
e il valor de' custodi,
agio bastante al re sarà
di preparar difese.

MEGABISE
È ver.
Dunque Artaserse
prima si sveni e poi si salvi Arbace.

ARTABANO
Ma rimane in ostaggio
la vita d'un mio figlio.

MEGABISE
Ecco il riparo.
Dividiamo i seguaci. Assaliremo
nell'istesso momento
tu il carcere, io la reggia.

ARTABANO
Ah che divisi
siamo deboli entrambi.

MEGABISE
Ad un partito
convien pure appigliarsi.

ARTABANO
Il più sicuro è il non prenderne alcuno.
Agio bisogna a ricompor le sconcertate fila
della trama impedita.

MEGABISE
E se frattanto Arbace si condanna?

ARTABANO
Il caso estremo
al più pronto rimedio
risolver ne farà. Basta per ora
che a simular tu siegua e che de' tuoi
mi conservi la fede. Io cauto intanto
a sedurre i custodi
m'applicherò. Non m'avvisai finor
d'abbisognarne e reputai follia
moltiplicare i rischi
senza necessità.

MEGABISE
Di me disponi come più vuoi.

ARTABANO
Deh non tradirmi amico.

MEGABISE
Io tradirti! Ah signor, che mai dicesti?
Tanto ingrato mi credi? Io mi rammento
de' miei bassi principi; alla tua mano
deggio quanto possiedo; a' primi gradi
dal fango popolar tu mi traesti.
Io tradirti! Ah signor, che mai dicesti?

ARTABANO
È poco, o Megabise,
quanto feci per te; vedrai s'io t'amo,
se m'arride il destin.
So per Semiragli affetti tuoi,
non gli condanno e penso…
Eccola. Un mio comando
l'amor suo t'assicuri e noi congiunga
con più saldi legami.

MEGABISE
O qual contento!

Scena Quarta

Semira e detti

ARTABANO
Figlia, è questi il tuo sposo.

SEMIRA
Fra sé
Ahimè, che sento.

Ad Artabano

E ti par tempo o padre
di stringere imenei,
quando il germano…

ARTABANO
Non più. Può la tua mano
molto giovargli.

SEMIRA
Il sacrificio è grande;
signor meglio rifletti. Io son…

ARTABANO
Tu sei
folle, se mi contrasti;
ecco il tuo sposo; io così voglio e basti.

Amalo e se al tuo sguardo
amabile non è,
la man che te lo diè
rispetta e taci.
Poi nell'amar men tardo
forse il tuo cor sarà,
quando fumar vedrà
le sacre faci.

parte

Scena Quinta

Semira e Megabise

SEMIRA
Ascolta o Megabise; io mi lusingo
alfin dell'amor tuo. Posso una prova
sperarne a mio favor?

MEGABISE
Che non farei cara per ubbidirti!

SEMIRA
E pure io temo le ripugnanze tue.

MEGABISE
Questo timore dilegui un tuo comando.

SEMIRA
Ah se tu m'ami, questi imenei disciogli.

MEGABISE
Io!

SEMIRA
Sì. Salvarmi del genitor così potrai dall'ira.

MEGABISE
T'ubbidirei ma parmi
ch'ora meco scherzar voglia Semira!

SEMIRA
Io non parlo da scherzo.

MEGABISE
Eh non ti credo;
vuoi così tormentarmi, io me n'avvedo.

SEMIRA
Tu mi deridi. Io ti credei finora
più generoso amante.

MEGABISE
Ed io più saggia finora ti credei.

SEMIRA
D'un'alma grande
che bella prova è questa!

MEGABISE
Che discreta richiesta
da farsi a un amator!

SEMIRA
T'apersi un campo
ove potevi esercitar con lode
la tua virtù, senz'essermi molesto.

MEGABISE
La voglio esercitar ma non in questo.

SEMIRA
Dunque
invano sperai?

MEGABISE
Sperasti invano.

SEMIRA
Dunque il pianto…

MEGABISE
Non giova.

SEMIRA
Queste preghiere mie…

MEGABISE
Son sparse a' venti.

SEMIRA
E bene, al padre ubbidirò ma senti;
non lusingarti mai
ch'io voglia amarti. Aborrirò costante
quel funesto legame
che a te mi stringerà. Sarai, lo giuro,
oggetto agli occhi miei sempre d'orrore;
la mano avrai ma non sperare il core.

MEGABISE
Non lo chiedo o Semira.
Io mi contento
di vederti mia sposa; e per vendetta,
se ti basta d'odiarmi,
odiami pur, ch'io non saprò lagnarmi.

Non temer ch'io mai ti dica
alma infida, ingrato core;
possederti ancor nemica
chiamerò felicità.
Io detesto la follia
d'un incomodo amatore
che a' pensieri ancor vorria
limitar la libertà.

parte

Scena Sesta

Semira, poi Mandane

SEMIRA
Qual serie di sventure un giorno solo
unisce a' danni miei!
Mandane, ah senti.

MANDANE
Non m'arrestar Semira.

SEMIRA
Ove t'affretti?

MANDANE
Vado al real consiglio.

SEMIRA
Io tua seguace
sarò, se giova all'infelice Arbace.

MANDANE
L'interesse è distinto;
tu salvo il brami ed io lo voglio estinto.

SEMIRA
E un'amante d'Arbace parla così?

MANDANE
Parla così, Semira, una figlia di Serse.

SEMIRA
Il mio germano
o non ha colpa o per tua colpa è reo,
perché troppo t'amò…

MANDANE
Questo è il maggiore
de' falli suoi. Col suo morir degg'io
giustificar me stessa e vendicarmi
di quel rossor che soffre
il mio genio real che a lui donato
dovea destarlo a generose imprese
e per mia pena un traditor lo rese.

SEMIRA
E non basta a punirlo
delle leggi il rigor che a lui sovrasta,
senza gl'impulsi tuoi?

MANDANE
No che non basta.
Io temo in Artaserse
la tenera amistà; temo l'affetto
ne' satrapi e ne' grandi; e temo in lui
quell'ignoto poter, quell'astro amico
che in fronte gli risplende,
che degli animi altrui signor lo rende.

SEMIRA
Va', sollecita il colpo,
accusalo, spietata,
riducilo a morir. Però misura
prima la tua costanza. Hai da scordarti
le speranze, gli affetti,
la data fé, le tenerezze, i primi
scambievoli sospiri, i primi sguardi
e l'idea di quel volto
dove apprese il tuo core
la prima volta a sospirar d'amore.

MANDANE
Ah barbara Semira,
io che ti feci mai! Perché risvegli
quella al dover ribelle
colpevole pietà che opprimo in seno
a forza di virtù? Perché ritorni
con questa idea che il mio coraggio atterra
fra' miei pensieri a rinovar la guerra.

Se d'un amor tiranno
credei di trionfar,
lasciami nell'inganno,
lasciami lusingar
che più non amo.
Se l'odio è il mio dover,
barbara, e tu lo sai,
perché avveder mi fai
che invan lo bramo.

parte

Scena Settima

Semira

SEMIRA
A qual di tanti mali
prima oppormi degg'io?
Mandane, Arbace, Megabise,
Artaserse, il genitore,
tutti son miei nemici.
Ognun m'assale
in alcuna del cor tenera parte;
mentre ad uno m'oppongo,
io resto agli altri
senza difesa esposta;
ed il contrasto sola di tutti
a sostener non basto.

Se del fiume altera l'onda
tenta uscir dal letto usato,
corre a questa, a quella sponda
l'affannato agricoltor.
Ma disperde in su l'arene
il sudor, le cure e l'arti,
che se in una ei lo trattiene,
si fa strada in cento parti
il torrente vincitor.

parte

Scena Ottava

Gran sala del real consiglio con trono da un lato, sedili dall'altro per i Grandi del regno. Tavolino e sedia alla destra del suddetto trono. Artaserse preceduto da una parte delle Guardie e da' Grandi del regno, seguìto dal restante delle Guardie, poi Megabise

ARTASERSE
Eccomi, o della Persia
fidi sostegni, del paterno soglio
le cure a tolerar. Son del mio regno
sì torbidi i principi e sì funesti
che l'inesperta mano
teme di questo avvicinarsi al freno.
Voi che nudrite in seno
zelo, valore, esperienza e fede,
dell'affetto in mercede,
che il mio gran genitor vi diede in dono,
siatemi scorta in su le vie del trono.

MEGABISE
Mio re, chiedono a gara
e Mandane e Semira a te l'ingresso.

ARTASERSE
Oh dèi!
Vengano. Io vedo
qual diversa cagione entrambe affretta.

parte Megabise

Scena Nona

Mandane, Semira, Megabise e detto

SEMIRA
Artaserse pietà.

MANDANE
Signor vendetta;
d'un reo chiedo la morte.

SEMIRA
Ed io la vita chiedo d'un innocente.

MANDANE
Il fallo è certo.

SEMIRA
Incerto è il traditor.

MANDANE
Condanna Arbace ogni apparenza.

SEMIRA
Assolve Arbace ogni ragion.

MANDANE
L'amor l'accusa.

SEMIRA
L'amicizia il difende.

MANDANE
Il sangue sparso
dalle vene del padre chiede un castigo.

SEMIRA
E il conservato sangue
nelle vene del figlio un premio chiede.

MANDANE
Ricordati…

SEMIRA
Rammenta…

MANDANE
Che sostegno del trono solo è il rigor.

SEMIRA
Che la clemenza è base.

MANDANE
D'una misera figlia deh t'irriti il dolor.

SEMIRA
Ti plachi il pianto
d'una afflitta germana.

MANDANE
Ognun che vedi,
fuor che Semira, il sacrificio aspetta.

s'inginocchiano

SEMIRA
Artaserse pietà.

MANDANE
Signor vendetta.

ARTASERSE
Sorgete; oh dio, sorgete.
Il vostro affanno quanto è minor del mio.
Teme Semira il mio rigor, Mandane
teme la mia clemenza.
E amico e figlio Artaserse sospira
nel timor di Mandane e di Semira.
Solo d'entrambe io così provo…

vedendo Artabano

Ah vieni. Consolami Artabano.
Hai per Arbace difesa alcuna?
Ei si discolpa?

Scena Decima

Artabano e detti

ARTABANO
È vana
la tua, la mia pietà. La sua salvezza
o non cura o dispera.

ARTASERSE
E vuol ridurmi
l'ingrato a condannarlo?

SEMIRA
Condannarlo? Ah crudel!
Dunque vedrassi sotto
un'infame scure di Semira il germano,
della Persia l'onore,
l'amico d'Artaserse, il difensore?
Misero Arbace! Inutile mio pianto!
Vilipeso dolor!

ARTASERSE
Semira a torto
m'accusi di crudel. Che far poss'io,
se difesa non ha? Tu che faresti?
Che farebbe Artabano? Olà custodi,
Arbace a me si guidi.
Il padre istesso
sia giudice del figlio. Egli l'ascolti,
ei l'assolva se può. Tutta in sua mano
la mia depongo autorità reale.

ARTABANO
Come!

MANDANE
E tanto prevale
l'amicizia al dover? Punir no 'l vuoi,
se la pena del reo commetti al padre.

ARTASERSE
A un padre io la commetto
di cui nota è la fé, che un figlio accusa
ch'io difender vorrei, che di punirlo
ha più ragion di me.

MANDANE
Ma sempre è padre.

ARTASERSE
Perciò doppia ragione
ha di punirlo. Io vendicar di Serse
la morte sol deggio in Arbace. Ei deve
nel figlio vendicar con più rigore
e di Serse la morte e il suo rossore.

MANDANE
Dunque così…

ARTASERSE
Così, se Arbace è il reo,
la vittima assicuro al re svenato
ed al mio difensor non sono ingrato.

ARTABANO
Ah signor, qual cimento…

ARTASERSE
Degno di tua virtù.

ARTABANO
Di questa scelta che si dirà?

ARTASERSE
Che si può dir?

a' grandi

Parlate,
se v'è ragion che a dubitar vi muova.

MEGABISE
Il silenzio d'ognun la scelta approva.

SEMIRA
Ecco il germano.

MANDANE
Fra sé
Ahimè!

ARTASERSE
S'ascolti.

va in trono e i grandi siedono

ARTABANO
nell'andare e sedere al tavolino, Fra sé
Affetti, ah tolerate il freno.

MANDANE
Fra sé
Povero cor non palpitarmi in seno.

Scena Undicesima

Arbace, con catene fra alcune Guardie, e detti

ARBACE
Tanto in odio alla Persia
dunque son io che di mia rea fortuna
l'ingiustizie a mirar tutta s'aduna!
Mio re.

ARTASERSE
Chiamami amico.
Infin ch'io possa
dubitar del tuo fallo,
esser lo voglio.
E perché sì bel nome
in un giudice è colpa,
ad Artabano
il giudizio è commesso.

ARBACE
Al padre!

ARTASERSE
A lui.

ARBACE
Para sí
Gelo d'orror.

ARTABANO
Che pensi? Ammiri forse
la mia costanza?

ARBACE
Inorridisco, o padre,
nel mirarti in quel luogo.
E ripensando quale io son,
qual tu sei, come potesti
farti giudice mio?
Come conservi così intrepido il volto?
E non ti senti l'anima lacerar?

ARTABANO
Quei moti interni,
ch'io provo in me, tu ricercar non devi
né quale intelligenza
abbia col volto il cor. Qualunque io sia
lo son per colpa tua.
Se a' miei consigli
tu davi orecchio e seguitar sapevi
l'orme d'un padre amante, in faccia a questi
giudice non sarei, reo non saresti.

ARTASERSE
Misero genitor!

MANDANE
Qui non si venne
i vostri ad ascoltar privati affanni.
O Arbace si difenda o si condanni.

ARBACE
Fra sè
Quanto rigor

ARTABANO
Dunque alle mie richieste
risponda il reo.
Tu comparisci, Arbace,
di Serse l'uccisor.
Ne sei convinto;
ecco le prove.
Un temerario amore,
uno sdegno ribelle…

ARBACE
Il ferro, il sangue,
il tempo, il luogo, il mio timor, la fuga
so che la colpa mia fanno evidente.
E pur vera non è, sono innocente.

ARTABANO
Dimostralo se puoi;
placa lo sdegno
dell'offesa Mandane.

ARBACE
Ah se mi vuoi
costante nel soffrir, non assalirmi
in sì tenera parte. Al nome amato
barbaro genitor…

ARTABANO
Taci, e non vedi
nella tua cieca intolleranza e stolta
dove sei, con chi parli
e chi t'ascolta?

ARBACE
Ma padre…

ARTABANO
Fra sè
Affetti, ah tollerate il freno!

MANDANE
Fra sè
Povero cor
non palpitarmi in seno.

SEMIRA
Chiede pur la tua colpa
difesa o pentimento.

ARTASERSE
Ah porgi aita alla nostra pietà.

ARBACE
Mio re non trovo né colpa né difesa
né motivo a pentirmi; e se mi chiedi
mille volte ragion
di questo eccesso,
tornarò mille volte a dir l'istesso.

ARTABANO
Fra sè
O amor di figlio!

MANDANE
Egli ugualmente è reo,
o se parla o se tace.
Or che si pensa?
Il giudice che fa?
Questo è quel padre che
vendicar doveva un doppio oltraggio?

ARBACE
Mi vuoi morto, o Mandane?

MANDANE
Fra sè
Alma, coraggio.

ARTABANO
Principessa, è il tuo sdegno
sprone alla mia virtù. Resti alla Persia
nel rigor d'Artabano un grand'esempio
di giustizia e di fé non visto ancora.
Io condanno il mio figlio.
Arbace mora.

sottoscrive il foglio

MANDANE
Fra sè
Oh dio!

ARTASERSE
Sospendi amico il decreto fatal.

ARTABANO
Segnato è il foglio,
ho compito il dover.

s'alza e dà il foglio ad Artaserse

ARTASERSE
Barbaro vanto!

scende dal trono e i grandi si levano da sedere

SEMIRA
Padre inumano!

MANDANE
Fra sè
Ah mi tradisce il pianto!

ARBACE
Piange Mandane!
E pur sentisti alfine
qualche pietà del mio destin tiranno?

MANDANE
Si piange di piacer
come d'affanno.

ARTABANO
Di giudice severo adempite ho le parti.
Ah si permetta agli affetti di padre
uno sfogo o signor. Figlio perdona
alla barbara legge
d'un tiranno dover. Soffri, che poco
ti rimane a soffrir. Non ti spaventi
l'aspetto della pena; il mal peggiore
è de' mali il timor.

ARBACE
Vacilla o padre
la sofferenza mia. Trovarmi esposto
in faccia al mondo intero
in sembianza di reo, veder recise
sul verdeggiar le mie speranze, estinti
su l'aurora i miei dì, vedermi in odio
alla Persia, all'amico, a lei che adoro,
saper che il padre mio…
Barbaro padre…

Fra sè

Ah, ch'io mi perdo!)

Forte

Addio.

in atto di partire, poi si ferma

ARTABANO
Fra sè
Io gelo.

MANDANE
Fra sè
Io moro.

ARBACE
O temerario Arbace,
dove trascorri?
Ah genitor, perdono.
Eccomi a' piedi tuoi.
Scusa i trasporti d'un insano dolor.
Tutto il mio sangue si versi pur,
non me ne lagno;
e invece di chiamarla tiranna,
io bacio quella man che mi condanna.

ARTABANO
Basta, sorgi, purtroppo
hai ragion di lagnarti;
ma sappi…

Fra sè

Oh dèi!

Ad Arabace

Prendi un abbraccio e parti.

ARBACE
Per quel paterno amplesso,
per questo estremo addio,
conservami te stesso,
placami l'idol mio,
difendimi il mio re.
Vado a morir beato,
se della Persia il fato
tutto si sfoga in me.

parte fra le guardie seguìto da Megabise e partono i grandi

Scena Dodicesima

Mandane ed Artabano

MANDANE
Ah, che al partir d'Arbace
io comincio a provar che sia la morte!

ARTABANO
A prezzo del mio sangue ecco, o Mandane,
sodisfatto il tuo sdegno.

MANDANE
Ah scelerato!
Fuggi dagli occhi miei, fuggi la luce
delle stelle e del sol; celati indegno
nelle più cupe e cieche
viscere della terra,
se pur la terra istessa a un empio padre,
così d'umanità privo e d'affetto,
nelle viscere sue darà ricetto.

ARTABANO
Dunque la mia virtù…

MANDANE
Taci inumano;
di qual virtù ti vanti?
Ha questa i suoi confini; e quando eccede,
cangiata in vizio ogni virtù si vede.

ARTABANO
Ma non sei quella istessa
che finor m'irritò?

MANDANE
Son quella e sono
degna di lode. E se dovesse Arbace
giudicarsi di nuovo, io la sua morte
di nuovo chiederei. Dovea Mandane
un padre vendicar; salvare un figlio
Artabano dovea. A te l'affetto,
l'odio a me conveniva. Io l'interesse
d'una tenera amante
non dovevo ascoltar.
Ma tu dovevi di giudice
il rigor porre in oblio;
questo era il tuo dover, questo era il mio.

Va' tra le selve ircane
barbaro genitore;
fiera di te peggiore,
mostro peggior non v'è.
Quanto di reo produce
l'Africa al sol vicina,
l'inospita marina,
tutto s'aduna in te.

parte

Scena Tredicesima

Artaserse, Semira ed Artabano

ARTASERSE
Quanto, amata Semira,
congiura il ciel del nostro Arbace a danno.

SEMIRA
Inumano, tiranno!Così presto ti cangi?
Prima uccidi l'amico e poi lo piangi?

ARTASERSE
All'arbitrio del padre
la sua vita commisi
ed io sono il tiranno?
Ed io l'uccisi?

SEMIRA
Questa è la più ingegnosa
barbara crudeltà.
Giudice il padre
era servo alla legge.
A te sovrano la legge era vassalla.
Ei non poteva esser pietoso.
E tu dovevi.
Eh dimmi che godi di veder
svenato un figlio
per man del genitore,
che amicizia non hai,
non senti amore.

ARTASERSE
Parli la Persia e dica
se ad Arbace son grato,
se ho pietà del tuo duol,
se t'amo ancora.

SEMIRA
Ben ti credei finora,
lusingata ancor io dal genio antico,
pietoso amante e generoso amico;
ma ti scopre un istante
perfido amico
e dispietato amante.

Per quell'affetto
che l'incatena,
l'ira depone
la tigre armena,
lascia il leone
la crudeltà.
Tu delle fiere
più fiero ancora
alle preghiere
di chi t'adora
spogli il tuo petto
d'ogni pietà.

parte

Scena Quattordicesima

Artaserse ed Artabano

ARTASERSE
Dell'ingrata Semira i rimproveri udisti?

ARTABANO
Udisti i sdegni dell'ingiusta Mandane?

ARTASERSE
Io son pietoso
e tiranno mi chiama.

ARTABANO
Io giusto sono
e mi chiama crudel.

ARTASERSE
Di mia clemenza è questo il prezzo!

ARTABANO
La mercede è questa
d'un'austera virtù!

ARTASERSE
Quanto in un giorno,
quanto perdo Artabano!

ARTABANO
Ah non lagnarti;
lascia a me le querele.
Oggi d'ogn'altro
più misero son io.

ARTASERSE
Grande è il tuo duol
ma non è lieve il mio.

ARTASERSE
Non conosco in tal momento
se l'amico o il genitore
sia più degno di pietà.
So però per mio tormento
ch'era scelta in me l'amore,
ch'era in te necessità.

parte

Scena Quindicesima

Artabano

ARTABANO
Son pur solo una volta e dall'affanno
respiro in libertà;
quasi mi persi
nel sentirmi d'Arbace
giudice destinar. Ma superato
non si pensi il periglio;
salvai me stesso,
or si difenda il figlio.

Così stupisce e cade
pallido e smorto in viso
al fulmine improviso
l'attonito pastor.
Ma quando poi s'avvede
del vano suo spavento,
sorge, respira e riede
a numerar l'armento
disperso dal timor.
最終更新:2024年06月18日 16:23