ATTO TERZO


Scena Prima

(Parte interna della fortezza, nella quale è ritenuto prigione Arbace. Cancelli in prospetto. Picciola porta a mano destra, per la quale si ascende alla reggia Arbace, poi Artaserse)

▼ARBACE▲
Perché tarda è mai la morte,
quando è termine al martir?
A chi vive in lieta sorte
è sollecito il morir.

▼ARTASERSE▲
Arbace.

▼ARBACE▲
Oh dèi, che miro! In questo albergo
di mestizia e d'orror chi mai ti guida?

▼ARTASERSE▲
La pietà, l'amicizia.

▼ARBACE▲
A funestarti perché vieni o signor?

▼ARTASERSE▲
Vengo a salvarti.

▼ARBACE▲
A salvarmi!

▼ARTASERSE▲
Non più. Per questa via,
che in solitaria parte
termina della reggia,
i passi affretta;
fuggi cauto da questo
in altro regno e quivi
rammentati Artaserse,
amalo e vivi.

▼ARBACE▲
Mio re, se reo mi credi,
perché vieni a salvarmi?
E se innocente,
perché debbo fuggir?

▼ARTASERSE▲
Se reo tu sei,
io ti rendo una vita
che a me donasti. E se innocente,
io t'offro quello scampo che solo
puoi tacendo ottener. Fuggi,
risparmia d'un amico all'affetto
d'ucciderti il dolor. Placa i tumulti
di quest'alma agitata. O sia che cieco
l'amicizia mi renda o sia che un nume
protegga l'innocenza, io non ho pace,
se tu salvo non sei. Parmi nel seno
una voce ascoltar che ognor mi dica,
qualor bilancio e la tua colpa e il merto,
che il fallo è dubbio, il beneficio è certo.

▼ARBACE▲
Signor lascia che io mora.
In faccia al mondo colpevole
apparisco ed a punirmi
t'obbliga l'onor tuo.
Morrò felice,
se a l'amico conservo
e al mio signore
una volta la vita, una l'onore.

▼ARTASERSE▲
Sensi non anco intesi
su le labra d'un reo!
Diletto Arbace
non perdiamo i momenti.
All'onor mio
basterà che si sparga
che un segreto castigo
già ti punì. Che funestar non volli
di questo dì la pompa, in cui mirarmi
l'Asia dovrà la prima volta in trono.

▼ARBACE▲
Ma potrebbe il tuo dono
un giorno esser palese. E allora…

▼ARTASERSE▲
Ah parti;
amico io te ne priego
e se pregando nulla ottener poss'io,
re te 'l comando.

▼ARBACE▲
Ubbidisco al mio re.
Possa una volta
esserti grato Arbace.
Ascolti intanto il cielo i voti miei;
regni Artaserse e gli anni
del suo regno felice
distinguano i trionfi. Allori e palme
tutto il mondo vassallo a lui raccolga,
lentamente ravvolga
i suoi giorni la parca e resti a lui
quella pace ch'io perdo,
che non spero trovar fino a quel giorno
che alla patria e all'amico ç
io non ritorno.

L'onda dal mar divisa
bagna la valle, il monte,
va passeggiera in fiume;
va prigioniera in fonte.
Mormora sempre e geme
fin che non torna al mar.
Al mar dov'ella nacque,
dove acquistò gli umori,
dove dai lunghi errori
spera di riposar.

(parte)

Scena Seconda

(Artaserse)

▼ARTASERSE▲
Quella fronte sicura e quel sembiante
non l'accusano reo.
L'esterna spoglia
tutta d'un'alma grande
la luce non ricopre
e in gran parte dal volto
il cor si scopre.

Nuvoletta opposta al sole
spesso il giorno adombra e vela
ma non cela il suo splendor.
Copre invan le basse arene
picciol rio col velo ondoso,
che rivela il fondo algoso
la chiarezza dell'umor.

(parte)

Scena Terza

(Artabano con séguito di Congiurati, poi Megabise, tutti da' cancelli, a guardia de' quali restano i Congiurati)

▼ARTABANO▲
(entra fra le scene a mano destra)
Figlio, Arbace, ove sei? Dovrebbe pure
ascoltar le mie voci. Arbace? O stelle!
Dove mai si celò? Compagni intanto
ch'io ritrovo il mio figlio,
custodite l'ingresso.

▼MEGABISE▲
(entrando fra le scene a mano sinistra. Alli congiurati)
E ancor si tarda?
Ormai tempo saria…
Ma qui non vedo
né Artabano né Arbace! Che si fa?
Che si pensa, in tanta impresa
che lentezza è mai questa?
Artabano, signore.

▼ARTABANO▲
(uscendo dall'istesso lato per il quale entrò ma da strada diversa)
O me perduto!
Non trovo il figlio mio.
Gelar mi sento;
temo… Dubito… Ascoso
forse in quest'altra parte io non invano…
Megabise!

(incontrandosi in Megabise, quale esce dall'istesso lato per il quale entrò ma da strada diversa)

▼MEGABISE▲
Artabano!

▼ARTABANO▲
Trovasti Arbace?

▼MEGABISE▲
E non è teco?

▼ARTABANO▲
O dèi! Crescono i dubbi miei.

▼MEGABISE▲
Spiegati, parla,
che fu d'Arbace?

▼ARTABANO▲
E chi può dirlo. Ondeggio
fra mille affanni e mille
orribili sospetti. Il mio timore
quante funeste idee forma e descrive!
Chi sa che fu di lui!
Chi sa se vive!

▼MEGABISE▲
Troppo presto a l'estremo
precipiti i sospetti. E non potrebbe
Artaserse, Mandane, amico, amante
aver del prigioniero
procurata la fuga? Ecco la via
che alla reggia conduce.

▼ARTABANO▲
E per qual fine
la sua fuga celarmi? Ah Megabise
no più non vive Arbace
e ognun pietoso al genitor lo tace.

▼MEGABISE▲
Cessin gli dèi l'augurio. Ah ricomponi
i tumulti del cor. Sia la tua mente
men torbida e più pronta,
che l'impresa il richiede.

▼ARTABANO▲
E quale impresa vuoi ch'io pensi a compir,
perduto il figlio?

▼MEGABISE▲
Signor che dici?
Avrem sedotti invano
tu i reali custodi ed io le schiere?
Risolviti; a momenti
va del regno le leggi
Artaserse a giurar. La sacra tazza
già per tuo cenno avvelenai.
Vogliamo perder così vilmente
tanto sudor, cure sì grandi?

▼ARTABANO▲
Amico, se Arbace io non ritrovo,
per chi deggio affannarmi?
Era il mio figlio
la tenerezza mia.
Per dargli un regno
divenni traditor; per lui mi resi
orribile a me stesso; e lui perduto
tutto dispero e tutto
veggo de' falli miei rapirmi il frutto.

▼MEGABISE▲
Arbace estinto o vivo
dalla tua mano aspetta
il regno o la vendetta.

▼ARTABANO▲
Ah questa sola
in vita mi tratti en,
sì Megabise guidami
dove vuoi,
di te mi fido.

▼MEGABISE▲
Fidati pur, che a trionfar ti guido.

Ardito ti renda,
t'accenda di sdegno
d'un figlio il periglio,
d'un regno l'amor.
È dolce ad un'alma
che aspetta vendetta
il perder la calma
fra l'ire del cor.

(parte)

Scena Quarta

(Artabano)

▼ARTABANO▲
Trovaste avversi dèi
l'unica via d'indebolirmi; al solo
dubbio che più non viva il figlio amato,
timido, disperato
vincer non posso il turbamento interno
che a me stesso di me toglie il governo.

Figlio se più non vivi,
morrò; ma del mio fato
farò che un re svenato
preceda messaggier.
Infin che il padre arrivi
fa' che sospenda il remo
colà sul guado estremo
il pallido nocchier.

(parte)

Scena Quinta

(Gabinetto negli appartamenti di Mandane. Mandane, poi Semira)

▼MANDANE▲
O che all'uso de' mali
istupidisca il senso o ch'abbian l'alme
qualche parte di luce
che presaghe le renda, io per Arbace
quanto dovrei non so dolermi. Ancora
l'infelice vivrà.
Se fosse estinto
già purtroppo il saprei.
Porta i disastri sollecita la fama.

▼SEMIRA▲
Al fin potrai
consolarti Mandane. Il ciel t'arrise.

▼MANDANE▲
Forse il re sciolse Arbace?

▼SEMIRA▲
Anzi l'uccise.

▼MANDANE▲
Come!

▼SEMIRA▲
È noto a ciascun; benché in segreto
ei terminò la sua dolente sorte.

▼MANDANE▲
(Fra sé)
O presagi fallaci!
O giorno! O morte!

▼SEMIRA▲
Eccoti vendicata, ecco adempito
il tuo genio crudel. Ti basta? O vuoi
altre vittime ancor? Parla.

▼MANDANE▲
Ah Semira,
soglion le cure lievi esser loquaci
ma stupide le grandi.

▼SEMIRA▲
Alma non vidi
della tua più inumana.
Al caso atroce non v'è ciglio che sappia
serbarsi asciutto e tu non piangi intanto.

▼MANDANE▲
Picciolo è il duol, quando permette il pianto.

▼SEMIRA▲
Va' se paga non sei; pasci i tuoi sguardi
su la trafitta spoglia
del mio caro germano.
Osserva il seno, numera le ferite
e lieta in faccia…

▼MANDANE▲
Taci, parti da me.

▼SEMIRA▲
Che io parta e taccia!
Fin che vita ti resta
sempre intorno m'avrai.
Sempre importuna
render i giorni tuoi voglio infelici.

▼MANDANE▲
E quando io meritai tanti nemici!

Mi credi spietata?
Mi chiami crudele?
Non tanto furore,
non tante querele,
che basta il dolore
per farmi morir.
Quell'odio, quell'ira
d'un'alma sdegnata,
ingrata Semira,
non posso soffrir.

(parte)

Scena Sesta

(Semira)

▼SEMIRA▲
Forsennata, che feci! Io mi credei
condivider l'affanno,
a me scemarlo e pur l'accrebbi. Allora
che insultando Mandane
qualche ristoro a questo cor desio,
il suo trafiggo e non risano il mio.

Non è ver che sia contento
il veder nel suo tormento
più d'un ciglio lagrimar.
Che l'esempio del dolore
è uno stimolo maggiore
che richiama a sospirar.

(parte)

Scena Settima

(Arbace, poi Mandane)

▼ARBACE▲
Né pur qui la ritrovo. Almen vorrei
dell'amata Mandane
calmar gli sdegni e l'ire,
rivederla una volta e poi partire.
In più segreta parte
forse potrò… Ma dove
temerario m'inoltro? Eccola, o dèi!
Ardir non ho di presentarmi a lei.

(si ritira in disparte inosservato)

▼MANDANE▲
(ad un paggio, il quale ricevuto l'ordine rientra dalla scena donde è uscito Arbace)
Olà, non si permetta in queste stanze
a veruno l'ingresso.
Eccovi alfine,
miei disperati affetti
eccovi in libertà. Del caro amante
versai barbara il sangue. Il sangue mio

(impugna uno stile in atto d'uccidersi)

è tempo di versar.

▼ARBACE▲
Fermati.

▼MANDANE▲
Oh dio!

(vedendo Arbace le cade lo stile)

▼ARBACE▲
Quale ingiusto furor…

▼MANDANE▲
Tu in questo luogo!
Tu libero! Tu vivo!

▼ARBACE▲
Amica destrai miei lacci disciolse.

▼MANDANE▲
Ah fuggi, ah parti
misera me! Che si dirà, se alcuno
qui ti ritrova? Ingrato
lasciami la mia gloria.

▼ARBACE▲
E chi poteva mio ben senza vederti
la patria abbandonar?

▼MANDANE▲
Da me che vuoi perfido traditor?

▼ARBACE▲
No, principessa, non dir così.
So ch'hai più bello il core
di quel che voi mostrarmi;
è a me palese;
tu parlasti, o Mandane,
e Arbace intese.

▼MANDANE▲
O mentisci o t'inganni o questo labro
senza il voto dell'alma
per uso favellò.

▼ARBACE▲
Ma pur son io ancor la fiamma tua.

▼MANDANE▲
Sei l'odio mio.

▼ARBACE▲
Dunque crudel t'appaga,
ecco il ferro, ecco il sen,
prendi e mi svena.

(presentandole la spada nuda)

▼MANDANE▲
Saria la morte tua premio e non pena.

▼ARBACE▲
È ver, perdona, errai;
ma questa mano emenderà…

(in atto d'uccidersi)

▼MANDANE▲
Che fai?
Credi forse che basti
il sangue tuo per appagarmi?
Io voglio che publica,
che infame sia la tua morte
e che non abbia un segno,
un'ombra di valor.

▼ARBACE▲
Barbara, ingrata, morrò come a te piace,

(getta la spada)

torno al carcere mio.

(in atto di partire)

▼MANDANE▲
Sentimi Arbace.

▼ARBACE▲
Che vuoi dirmi?

▼MANDANE▲
Ah no 'l so.

▼ARBACE▲
Sarebbe mai quello che mi trattiene
qualche resto d'amor?

▼MANDANE▲
Crudel che brami, vuoi vedermi arrossir?
Salvati, fuggi, non affliggermi più.

Duo

▼ARBACE▲
Tu m'ami ancora,
se a questo segno a compatirmi arrivi.

▼MANDANE▲
No, non crederlo amor ma fuggi e vivi.

▼ARBACE▲
Tu vuoi ch'io viva o cara
ma se mi nieghi amore
cara mi fai morir.

▼MANDANE▲
Oh dio, che pena amara!
Ti basti il mio rossore;
più non ti posso dir.

▼ARBACE▲
Sentimi…

▼MANDANE▲
No.

▼ARBACE▲
Tu sei…

▼MANDANE▲
Parti dagli occhi miei, lasciami per pietà.

▼MANDANE, ARBACE▲
Quando finisce, o dèi,
la vostra crudeltà!
Se in così gran dolore
d'affanno non si muore,
qual pena ucciderà?

(partono)

Scena Ottava

(Luogo magnifico destinato per la coronazione di Artaserse. Trono da un lato con sopra scettro e corona. Ara nel mezzo accesa con simulacro del sole. Artaserse ed Artabano con numeroso Séguito e Popolo)

▼ARTASERSE▲
A voi popoli io m'offro
non men padre che re. Siatemi voi
più figli che vassalli.
Il vostro sangue, la gloria vostra e quanto
è di guerra o di pace acquisto o dono
vi serberò; voi mi serbate il trono
e faccia il nostro core
questo di fedeltà cambio e d'amore.
Sarà del regno mio
soave il freno. Esecutor geloso
delle leggi io sarò. Perché sicuro
ne sia ciascun, solennemente il giuro.

(una comparsa reca una sottocoppa con la tazza)

▼ARTABANO▲
Ecco la sacra tazza. Il giuramento
abbia nodo più forte;

(porge la tazza ad Artaserse)

compisci il rito…

(Fra sé)

E beverai la morte.

▼ARTASERSE▲
«Lucido dio per cui l'april fiorisce,
per cui tutto nel mondo e nasce e muore,
volgiti a me; se il labro mio mentisce
piombi sopra il mio capo il tuo furore,
languisca il viver mio, come languisce
questa fiamma al cader del sacro umore,

(versa sul foco parte del liquore)

e si cangi, or che bevo, entro il mio seno
la bevanda vital tutta in veleno».

(in atto di bevere)

Scena Nona

(Semira e detti. C'è un fragore di armi e voci tumultuose)

▼SEMIRA▲
Al riparo signor. Cinta la reggia
da un popolo infedel, tutta risuona
di grida sediziose e la tua morte
si procura, si chiede.

▼ARTASERSE▲
Numi!

(posa la tazza su l'ara)

▼ARTABANO▲
Qual alma rea mancò di fede?

▼ARTASERSE▲
Ah, che tardi il conosco,
Arbace è il traditore.

▼SEMIRA▲
Arbace estinto!

▼ARTASERSE▲
Vive, vive l'ingrato. Io lo disciolsi,
empio con Serse,
e meritai la pena che il cielo or mi destina.
Io stesso fabricai la mia ruina.

▼ARTABANO▲
Di che temi o mio re?
Per tua difesa
basta solo Artabano.

▼ARTASERSE▲
Sì corriamo a punir…

(in atto di partire)

Scena Decima

(Mandane e detti)

▼MANDANE▲
Ferma o germano;
gran novelle io ti reco;
il tumulto svanì.

▼ARTASERSE▲
Fia ver? E come?

▼MANDANE▲
Già la turba ribelle
seguendo Megabise era trascorsa
fino all'atrio maggior.
Quando chiamato
dallo strepito insano accorse Arbace.
Che non fe', che non disse
in tua difesa quell'anima fedel!
Mostrò l'orrore dell'infame attentato.
Espresse i pregi di chi serba la fede.
I merti tuoi, le tue glorie narrò.
Molti riprese, molti pregò,
cangiando aspetto e voce
or placido, or severo ed or feroce.
Ciascun depose l'armi e sol restava
l'indegno Megabise
ma l'assalì, ti vendicò, l'uccise.

▼ARTABANO▲
(Fra sé)
Incauto figlio!

▼ARTASERSE▲
Un nume m'inspirò di salvarlo.
È Megabise d'ogni delitto autor.

▼ARTABANO▲
(Fra sé)
Felice inganno!

▼ARTASERSE▲
Il mio diletto Arbace
dov'è? Si trovi e si conduca a noi.

Scena Undicesima

(Arbace e detti)

▼ARBACE▲
Ecco Arbace, o monarca, a'piedi tuoi.

▼ARTASERSE▲
Vieni, vieni al mio sen; perdona amico
s'io dubitai di te. Troppo è palese
la tua bella innocenza; ah fa' ch'io possa
con franchezza premiarti. Ogni sospetto
nel popolo di liegua e rendi a noi
qualche ragion del sanguinoso acciaro
che in tua man si trovò, della tua fuga,
del tuo tacer, di quanto ti fece reo.

▼ARBACE▲
S'io meritai signore
qualche premio da te, lascia ch'io taccia;
il mio labro non mente;
credi a chi ti salvò. Sono innocente.

▼ARTASERSE▲
Giuralo almeno. E l'atto
terribile e solenne
faccia fede del vero. Ecco la tazza
al rito necessaria. Or seguitando
della Persia il costume,
vindice chiama e testimonio un nume.

▼ARBACE▲
Son pronto.

(prende in mano la tazza)

▼MANDANE▲
(Fra sé)
Ecco il mio ben fuor di periglio.

▼ARTABANO▲
(Fra sé)
Che fo?
Se giura, avvelenato è il figlio.

▼ARBACE▲
«Lucido dio per cui l'april fiorisce,
per cui tutto nel mondo e nasce e muore…»

▼ARTABANO▲
(Fra sé)
Misero me!

▼ARBACE▲
«Se il labro mio mentisce,
si cangi entro il mio seno
la bevanda vital…»

(in atto di voler bere)

▼ARTABANO▲
Ferma; è veleno.

▼ARTASERSE▲
Che sento!

▼ARBACE▲
Oh dèi!

▼ARTASERSE▲
Perché finor tacerlo?

▼ARTABANO▲
Perché a te l'apprestai.

▼ARTASERSE▲
Ma qual furorecontro di me?

▼ARTABANO▲
Dissimular non giova;
già mi tradì l'amor di padre.
Io fui di Serse l'uccisore.
Il regio sangue tutto versar volevo.
È mia la colpa, non è d'Arbace.
Il sanguinoso acciaro
per celarlo io gli diedi.
Il suo pallore era orror del mio fallo.
Il suo silenzio pietà di figlio.
Ah se minore
in lui la virtù fosse stata
o in me l'amore,
compivo il mio disegno
e involata t'avrei la vita e il regno.

▼ARBACE▲
Che dice!

▼ARTASERSE▲
Anima rea! M'uccidi il padre;
della morte di Dario
colpevole mi rendi;
a quanti eccessi t'indusse
mai la scelerata speme.
Empio morrai.

▼ARTABANO▲
Noi moriremo insieme.

(snuda la spada e seco Artaserse in atto di difesa)

▼ARBACE▲
Stelle!

▼ARTABANO▲
Amici, non resta
ch'un disperato ardir.
Mora il tiranno.

(le guardie sedotte si pongono in atto d'assalire)

▼ARBACE▲
Padre che fai?

▼ARTABANO▲
Voglio morir da forte.

▼ARBACE▲
Deponi il ferro o beverò la morte.

(in atto di bere)

▼ARTABANO▲
Folle che dici?

▼ARBACE▲
Se Artaserse uccidi,
no, più viver non devo.

▼ARTABANO▲
(come sopra)
Eh lasciami compir.

▼ARBACE▲
(come sopra)
Guardami, io bevo.

▼ARTABANO▲
Fermati figlio ingrato.
Confuso, disperato
vuoi che per troppo amarti un padre cada?
Vincesti ingrato figlio, ecco la spada.

(getta la spada e le guardie sollevate si ritirano fuggendo)

▼MANDANE▲
O fede!

▼SEMIRA▲
O tradimento!

▼ARTASERSE▲
Olà seguite
i fugaci ribelli ed Artabano
a morir si conduca.

▼ARBACE▲
Oh dio! Fermate; signor, pietà.

▼ARTASERSE▲
Non la sperar per lui.
Troppo enorme è il delitto. Io non confondo
il reo coll'innocente. A te Mandane
sarà sposa, se vuoi; sarà Semira
a parte del mio trono;
ma per quel traditor non v'è perdono.

▼ARBACE▲
Toglimi ancor la vita. Io non la voglio,
se per esserti fido,
se per salvarti il genitore uccido.

▼ARTASERSE▲
O virtù che innamora!

▼ARBACE▲
Ah non domando
da te clemenza; usa rigor; ma cambia
la sua nella mia morte.
Al regio piede chi ti salvò
ti chiede di morir per un padre.

(s'inginocchia)

In questa guisa
s'appaghi il tuo desio;
è sangue d'Artabano il sangue mio.

▼ARTASERSE▲
Sorgi, non più. Rasciuga
quel generoso pianto anima bella.
Chi resister ti può?
Viva Artabano
ma viva almeno
in doloroso esiglio;
e doni il tuo sovrano
l'error d'un padre
alla virtù d'un figlio.

▼CORO▲
Giusto re, la Persia adora
la clemenza assisa in trono,
quando premia col perdono
d'un eroe la fedeltà.
La giustizia è bella allora
che compagna ha la pietà.
ATTO TERZO


Scena Prima

Parte interna della fortezza, nella quale è ritenuto prigione Arbace. Cancelli in prospetto. Picciola porta a mano destra, per la quale si ascende alla reggia Arbace, poi Artaserse

ARBACE
Perché tarda è mai la morte,
quando è termine al martir?
A chi vive in lieta sorte
è sollecito il morir.

ARTASERSE
Arbace.

ARBACE
Oh dèi, che miro! In questo albergo
di mestizia e d'orror chi mai ti guida?

ARTASERSE
La pietà, l'amicizia.

ARBACE
A funestarti perché vieni o signor?

ARTASERSE
Vengo a salvarti.

ARBACE
A salvarmi!

ARTASERSE
Non più. Per questa via,
che in solitaria parte
termina della reggia,
i passi affretta;
fuggi cauto da questo
in altro regno e quivi
rammentati Artaserse,
amalo e vivi.

ARBACE
Mio re, se reo mi credi,
perché vieni a salvarmi?
E se innocente,
perché debbo fuggir?

ARTASERSE
Se reo tu sei,
io ti rendo una vita
che a me donasti. E se innocente,
io t'offro quello scampo che solo
puoi tacendo ottener. Fuggi,
risparmia d'un amico all'affetto
d'ucciderti il dolor. Placa i tumulti
di quest'alma agitata. O sia che cieco
l'amicizia mi renda o sia che un nume
protegga l'innocenza, io non ho pace,
se tu salvo non sei. Parmi nel seno
una voce ascoltar che ognor mi dica,
qualor bilancio e la tua colpa e il merto,
che il fallo è dubbio, il beneficio è certo.

ARBACE
Signor lascia che io mora.
In faccia al mondo colpevole
apparisco ed a punirmi
t'obbliga l'onor tuo.
Morrò felice,
se a l'amico conservo
e al mio signore
una volta la vita, una l'onore.

ARTASERSE
Sensi non anco intesi
su le labra d'un reo!
Diletto Arbace
non perdiamo i momenti.
All'onor mio
basterà che si sparga
che un segreto castigo
già ti punì. Che funestar non volli
di questo dì la pompa, in cui mirarmi
l'Asia dovrà la prima volta in trono.

ARBACE
Ma potrebbe il tuo dono
un giorno esser palese. E allora…

ARTASERSE
Ah parti;
amico io te ne priego
e se pregando nulla ottener poss'io,
re te 'l comando.

ARBACE
Ubbidisco al mio re.
Possa una volta
esserti grato Arbace.
Ascolti intanto il cielo i voti miei;
regni Artaserse e gli anni
del suo regno felice
distinguano i trionfi. Allori e palme
tutto il mondo vassallo a lui raccolga,
lentamente ravvolga
i suoi giorni la parca e resti a lui
quella pace ch'io perdo,
che non spero trovar fino a quel giorno
che alla patria e all'amico ç
io non ritorno.

L'onda dal mar divisa
bagna la valle, il monte,
va passeggiera in fiume;
va prigioniera in fonte.
Mormora sempre e geme
fin che non torna al mar.
Al mar dov'ella nacque,
dove acquistò gli umori,
dove dai lunghi errori
spera di riposar.

parte

Scena Seconda

Artaserse

ARTASERSE
Quella fronte sicura e quel sembiante
non l'accusano reo.
L'esterna spoglia
tutta d'un'alma grande
la luce non ricopre
e in gran parte dal volto
il cor si scopre.

Nuvoletta opposta al sole
spesso il giorno adombra e vela
ma non cela il suo splendor.
Copre invan le basse arene
picciol rio col velo ondoso,
che rivela il fondo algoso
la chiarezza dell'umor.

parte

Scena Terza

Artabano con séguito di Congiurati, poi Megabise, tutti da' cancelli, a guardia de' quali restano i Congiurati

ARTABANO
entra fra le scene a mano destra
Figlio, Arbace, ove sei? Dovrebbe pure
ascoltar le mie voci. Arbace? O stelle!
Dove mai si celò? Compagni intanto
ch'io ritrovo il mio figlio,
custodite l'ingresso.

MEGABISE
entrando fra le scene a mano sinistra. Alli congiurati
E ancor si tarda?
Ormai tempo saria…
Ma qui non vedo
né Artabano né Arbace! Che si fa?
Che si pensa, in tanta impresa
che lentezza è mai questa?
Artabano, signore.

ARTABANO
uscendo dall'istesso lato per il quale entrò ma da strada diversa
O me perduto!
Non trovo il figlio mio.
Gelar mi sento;
temo… Dubito… Ascoso
forse in quest'altra parte io non invano…
Megabise!

incontrandosi in Megabise, quale esce dall'istesso lato per il quale entrò ma da strada diversa

MEGABISE
Artabano!

ARTABANO
Trovasti Arbace?

MEGABISE
E non è teco?

ARTABANO
O dèi! Crescono i dubbi miei.

MEGABISE
Spiegati, parla,
che fu d'Arbace?

ARTABANO
E chi può dirlo. Ondeggio
fra mille affanni e mille
orribili sospetti. Il mio timore
quante funeste idee forma e descrive!
Chi sa che fu di lui!
Chi sa se vive!

MEGABISE
Troppo presto a l'estremo
precipiti i sospetti. E non potrebbe
Artaserse, Mandane, amico, amante
aver del prigioniero
procurata la fuga? Ecco la via
che alla reggia conduce.

ARTABANO
E per qual fine
la sua fuga celarmi? Ah Megabise
no più non vive Arbace
e ognun pietoso al genitor lo tace.

MEGABISE
Cessin gli dèi l'augurio. Ah ricomponi
i tumulti del cor. Sia la tua mente
men torbida e più pronta,
che l'impresa il richiede.

ARTABANO
E quale impresa vuoi ch'io pensi a compir,
perduto il figlio?

MEGABISE
Signor che dici?
Avrem sedotti invano
tu i reali custodi ed io le schiere?
Risolviti; a momenti
va del regno le leggi
Artaserse a giurar. La sacra tazza
già per tuo cenno avvelenai.
Vogliamo perder così vilmente
tanto sudor, cure sì grandi?

ARTABANO
Amico, se Arbace io non ritrovo,
per chi deggio affannarmi?
Era il mio figlio
la tenerezza mia.
Per dargli un regno
divenni traditor; per lui mi resi
orribile a me stesso; e lui perduto
tutto dispero e tutto
veggo de' falli miei rapirmi il frutto.

MEGABISE
Arbace estinto o vivo
dalla tua mano aspetta
il regno o la vendetta.

ARTABANO
Ah questa sola
in vita mi tratti en,
sì Megabise guidami
dove vuoi,
di te mi fido.

MEGABISE
Fidati pur, che a trionfar ti guido.

Ardito ti renda,
t'accenda di sdegno
d'un figlio il periglio,
d'un regno l'amor.
È dolce ad un'alma
che aspetta vendetta
il perder la calma
fra l'ire del cor.

parte

Scena Quarta

Artabano

ARTABANO
Trovaste avversi dèi
l'unica via d'indebolirmi; al solo
dubbio che più non viva il figlio amato,
timido, disperato
vincer non posso il turbamento interno
che a me stesso di me toglie il governo.

Figlio se più non vivi,
morrò; ma del mio fato
farò che un re svenato
preceda messaggier.
Infin che il padre arrivi
fa' che sospenda il remo
colà sul guado estremo
il pallido nocchier.

parte

Scena Quinta

Gabinetto negli appartamenti di Mandane. Mandane, poi Semira

MANDANE
O che all'uso de' mali
istupidisca il senso o ch'abbian l'alme
qualche parte di luce
che presaghe le renda, io per Arbace
quanto dovrei non so dolermi. Ancora
l'infelice vivrà.
Se fosse estinto
già purtroppo il saprei.
Porta i disastri sollecita la fama.

SEMIRA
Al fin potrai
consolarti Mandane. Il ciel t'arrise.

MANDANE
Forse il re sciolse Arbace?

SEMIRA
Anzi l'uccise.

MANDANE
Come!

SEMIRA
È noto a ciascun; benché in segreto
ei terminò la sua dolente sorte.

MANDANE
Fra sé
O presagi fallaci!
O giorno! O morte!

SEMIRA
Eccoti vendicata, ecco adempito
il tuo genio crudel. Ti basta? O vuoi
altre vittime ancor? Parla.

MANDANE
Ah Semira,
soglion le cure lievi esser loquaci
ma stupide le grandi.

SEMIRA
Alma non vidi
della tua più inumana.
Al caso atroce non v'è ciglio che sappia
serbarsi asciutto e tu non piangi intanto.

MANDANE
Picciolo è il duol, quando permette il pianto.

SEMIRA
Va' se paga non sei; pasci i tuoi sguardi
su la trafitta spoglia
del mio caro germano.
Osserva il seno, numera le ferite
e lieta in faccia…

MANDANE
Taci, parti da me.

SEMIRA
Che io parta e taccia!
Fin che vita ti resta
sempre intorno m'avrai.
Sempre importuna
render i giorni tuoi voglio infelici.

MANDANE
E quando io meritai tanti nemici!

Mi credi spietata?
Mi chiami crudele?
Non tanto furore,
non tante querele,
che basta il dolore
per farmi morir.
Quell'odio, quell'ira
d'un'alma sdegnata,
ingrata Semira,
non posso soffrir.

parte

Scena Sesta

Semira

SEMIRA
Forsennata, che feci! Io mi credei
condivider l'affanno,
a me scemarlo e pur l'accrebbi. Allora
che insultando Mandane
qualche ristoro a questo cor desio,
il suo trafiggo e non risano il mio.

Non è ver che sia contento
il veder nel suo tormento
più d'un ciglio lagrimar.
Che l'esempio del dolore
è uno stimolo maggiore
che richiama a sospirar.

parte

Scena Settima

Arbace, poi Mandane

ARBACE
Né pur qui la ritrovo. Almen vorrei
dell'amata Mandane
calmar gli sdegni e l'ire,
rivederla una volta e poi partire.
In più segreta parte
forse potrò… Ma dove
temerario m'inoltro? Eccola, o dèi!
Ardir non ho di presentarmi a lei.

si ritira in disparte inosservato

MANDANE
ad un paggio, il quale ricevuto l'ordine rientra dalla scena donde è uscito Arbace
Olà, non si permetta in queste stanze
a veruno l'ingresso.
Eccovi alfine,
miei disperati affetti
eccovi in libertà. Del caro amante
versai barbara il sangue. Il sangue mio

impugna uno stile in atto d'uccidersi

è tempo di versar.

ARBACE
Fermati.

MANDANE
Oh dio!

vedendo Arbace le cade lo stile

ARBACE
Quale ingiusto furor…

MANDANE
Tu in questo luogo!
Tu libero! Tu vivo!

ARBACE
Amica destrai miei lacci disciolse.

MANDANE
Ah fuggi, ah parti
misera me! Che si dirà, se alcuno
qui ti ritrova? Ingrato
lasciami la mia gloria.

ARBACE
E chi poteva mio ben senza vederti
la patria abbandonar?

MANDANE
Da me che vuoi perfido traditor?

ARBACE
No, principessa, non dir così.
So ch'hai più bello il core
di quel che voi mostrarmi;
è a me palese;
tu parlasti, o Mandane,
e Arbace intese.

MANDANE
O mentisci o t'inganni o questo labro
senza il voto dell'alma
per uso favellò.

ARBACE
Ma pur son io ancor la fiamma tua.

MANDANE
Sei l'odio mio.

ARBACE
Dunque crudel t'appaga,
ecco il ferro, ecco il sen,
prendi e mi svena.

presentandole la spada nuda

MANDANE
Saria la morte tua premio e non pena.

ARBACE
È ver, perdona, errai;
ma questa mano emenderà…

in atto d'uccidersi

MANDANE
Che fai?
Credi forse che basti
il sangue tuo per appagarmi?
Io voglio che publica,
che infame sia la tua morte
e che non abbia un segno,
un'ombra di valor.

ARBACE
Barbara, ingrata, morrò come a te piace,

getta la spada

torno al carcere mio.

in atto di partire

MANDANE
Sentimi Arbace.

ARBACE
Che vuoi dirmi?

MANDANE
Ah no 'l so.

ARBACE
Sarebbe mai quello che mi trattiene
qualche resto d'amor?

MANDANE
Crudel che brami, vuoi vedermi arrossir?
Salvati, fuggi, non affliggermi più.

Duo

ARBACE
Tu m'ami ancora,
se a questo segno a compatirmi arrivi.

MANDANE
No, non crederlo amor ma fuggi e vivi.

ARBACE
Tu vuoi ch'io viva o cara
ma se mi nieghi amore
cara mi fai morir.

MANDANE
Oh dio, che pena amara!
Ti basti il mio rossore;
più non ti posso dir.

ARBACE
Sentimi…

MANDANE
No.

ARBACE
Tu sei…

MANDANE
Parti dagli occhi miei, lasciami per pietà.

MANDANE, ARBACE
Quando finisce, o dèi,
la vostra crudeltà!
Se in così gran dolore
d'affanno non si muore,
qual pena ucciderà?

partono

Scena Ottava

Luogo magnifico destinato per la coronazione di Artaserse. Trono da un lato con sopra scettro e corona. Ara nel mezzo accesa con simulacro del sole. Artaserse ed Artabano con numeroso Séguito e Popolo

ARTASERSE
A voi popoli io m'offro
non men padre che re. Siatemi voi
più figli che vassalli.
Il vostro sangue, la gloria vostra e quanto
è di guerra o di pace acquisto o dono
vi serberò; voi mi serbate il trono
e faccia il nostro core
questo di fedeltà cambio e d'amore.
Sarà del regno mio
soave il freno. Esecutor geloso
delle leggi io sarò. Perché sicuro
ne sia ciascun, solennemente il giuro.

una comparsa reca una sottocoppa con la tazza

ARTABANO
Ecco la sacra tazza. Il giuramento
abbia nodo più forte;

porge la tazza ad Artaserse

compisci il rito…

Fra sé

E beverai la morte.

ARTASERSE
«Lucido dio per cui l'april fiorisce,
per cui tutto nel mondo e nasce e muore,
volgiti a me; se il labro mio mentisce
piombi sopra il mio capo il tuo furore,
languisca il viver mio, come languisce
questa fiamma al cader del sacro umore,

versa sul foco parte del liquore

e si cangi, or che bevo, entro il mio seno
la bevanda vital tutta in veleno».

in atto di bevere

Scena Nona

Semira e detti. C'è un fragore di armi e voci tumultuose

SEMIRA
Al riparo signor. Cinta la reggia
da un popolo infedel, tutta risuona
di grida sediziose e la tua morte
si procura, si chiede.

ARTASERSE
Numi!

posa la tazza su l'ara

ARTABANO
Qual alma rea mancò di fede?

ARTASERSE
Ah, che tardi il conosco,
Arbace è il traditore.

SEMIRA
Arbace estinto!

ARTASERSE
Vive, vive l'ingrato. Io lo disciolsi,
empio con Serse,
e meritai la pena che il cielo or mi destina.
Io stesso fabricai la mia ruina.

ARTABANO
Di che temi o mio re?
Per tua difesa
basta solo Artabano.

ARTASERSE
Sì corriamo a punir…

in atto di partire

Scena Decima

Mandane e detti

MANDANE
Ferma o germano;
gran novelle io ti reco;
il tumulto svanì.

ARTASERSE
Fia ver? E come?

MANDANE
Già la turba ribelle
seguendo Megabise era trascorsa
fino all'atrio maggior.
Quando chiamato
dallo strepito insano accorse Arbace.
Che non fe', che non disse
in tua difesa quell'anima fedel!
Mostrò l'orrore dell'infame attentato.
Espresse i pregi di chi serba la fede.
I merti tuoi, le tue glorie narrò.
Molti riprese, molti pregò,
cangiando aspetto e voce
or placido, or severo ed or feroce.
Ciascun depose l'armi e sol restava
l'indegno Megabise
ma l'assalì, ti vendicò, l'uccise.

ARTABANO
Fra sé
Incauto figlio!

ARTASERSE
Un nume m'inspirò di salvarlo.
È Megabise d'ogni delitto autor.

ARTABANO
Fra sé
Felice inganno!

ARTASERSE
Il mio diletto Arbace
dov'è? Si trovi e si conduca a noi.

Scena Undicesima

Arbace e detti

ARBACE
Ecco Arbace, o monarca, a'piedi tuoi.

ARTASERSE
Vieni, vieni al mio sen; perdona amico
s'io dubitai di te. Troppo è palese
la tua bella innocenza; ah fa' ch'io possa
con franchezza premiarti. Ogni sospetto
nel popolo di liegua e rendi a noi
qualche ragion del sanguinoso acciaro
che in tua man si trovò, della tua fuga,
del tuo tacer, di quanto ti fece reo.

ARBACE
S'io meritai signore
qualche premio da te, lascia ch'io taccia;
il mio labro non mente;
credi a chi ti salvò. Sono innocente.

ARTASERSE
Giuralo almeno. E l'atto
terribile e solenne
faccia fede del vero. Ecco la tazza
al rito necessaria. Or seguitando
della Persia il costume,
vindice chiama e testimonio un nume.

ARBACE
Son pronto.

prende in mano la tazza

MANDANE
Fra sé
Ecco il mio ben fuor di periglio.

ARTABANO
Fra sé
Che fo?
Se giura, avvelenato è il figlio.

ARBACE
«Lucido dio per cui l'april fiorisce,
per cui tutto nel mondo e nasce e muore…»

ARTABANO
Fra sé
Misero me!

ARBACE
«Se il labro mio mentisce,
si cangi entro il mio seno
la bevanda vital…»

in atto di voler bere

ARTABANO
Ferma; è veleno.

ARTASERSE
Che sento!

ARBACE
Oh dèi!

ARTASERSE
Perché finor tacerlo?

ARTABANO
Perché a te l'apprestai.

ARTASERSE
Ma qual furorecontro di me?

ARTABANO
Dissimular non giova;
già mi tradì l'amor di padre.
Io fui di Serse l'uccisore.
Il regio sangue tutto versar volevo.
È mia la colpa, non è d'Arbace.
Il sanguinoso acciaro
per celarlo io gli diedi.
Il suo pallore era orror del mio fallo.
Il suo silenzio pietà di figlio.
Ah se minore
in lui la virtù fosse stata
o in me l'amore,
compivo il mio disegno
e involata t'avrei la vita e il regno.

ARBACE
Che dice!

ARTASERSE
Anima rea! M'uccidi il padre;
della morte di Dario
colpevole mi rendi;
a quanti eccessi t'indusse
mai la scelerata speme.
Empio morrai.

ARTABANO
Noi moriremo insieme.

snuda la spada e seco Artaserse in atto di difesa

ARBACE
Stelle!

ARTABANO
Amici, non resta
ch'un disperato ardir.
Mora il tiranno.

le guardie sedotte si pongono in atto d'assalire

ARBACE
Padre che fai?

ARTABANO
Voglio morir da forte.

ARBACE
Deponi il ferro o beverò la morte.

in atto di bere

ARTABANO
Folle che dici?

ARBACE
Se Artaserse uccidi,
no, più viver non devo.

ARTABANO
come sopra
Eh lasciami compir.

ARBACE
come sopra
Guardami, io bevo.

ARTABANO
Fermati figlio ingrato.
Confuso, disperato
vuoi che per troppo amarti un padre cada?
Vincesti ingrato figlio, ecco la spada.

getta la spada e le guardie sollevate si ritirano fuggendo

MANDANE
O fede!

SEMIRA
O tradimento!

ARTASERSE
Olà seguite
i fugaci ribelli ed Artabano
a morir si conduca.

ARBACE
Oh dio! Fermate; signor, pietà.

ARTASERSE
Non la sperar per lui.
Troppo enorme è il delitto. Io non confondo
il reo coll'innocente. A te Mandane
sarà sposa, se vuoi; sarà Semira
a parte del mio trono;
ma per quel traditor non v'è perdono.

ARBACE
Toglimi ancor la vita. Io non la voglio,
se per esserti fido,
se per salvarti il genitore uccido.

ARTASERSE
O virtù che innamora!

ARBACE
Ah non domando
da te clemenza; usa rigor; ma cambia
la sua nella mia morte.
Al regio piede chi ti salvò
ti chiede di morir per un padre.

s'inginocchia

In questa guisa
s'appaghi il tuo desio;
è sangue d'Artabano il sangue mio.

ARTASERSE
Sorgi, non più. Rasciuga
quel generoso pianto anima bella.
Chi resister ti può?
Viva Artabano
ma viva almeno
in doloroso esiglio;
e doni il tuo sovrano
l'error d'un padre
alla virtù d'un figlio.

CORO
Giusto re, la Persia adora
la clemenza assisa in trono,
quando premia col perdono
d'un eroe la fedeltà.
La giustizia è bella allora
che compagna ha la pietà.
最終更新:2024年06月18日 16:19