Scena quinta
Poeta, e Tonina.
TONINA
E il Maestro dov'è?
POETA
Non so: ma poco
dovria tardar: ei sa, ch'io qui con voi
dovea venir.
TONINA
Lo sa, e non aspetta?
Se non ha più di scienza musicale,
che di buona creanza, stiamo male.
POETA
Dunque, Tonina mia, tanto v'annoia
di star meco un pochino.
TONINA
Oh! bella gioia!
POETA
Ma sapete ch'io vi amo.
TONINA
Se mi seccate più, vi do un ceffone,
e poi lo dico al principe: capite?
POETA
Gran castigo è l'amarvi.
TONINA
Non so per chi di noi
sia castigo maggior: per me, o per voi.
POETA
Non v'alterate.
TONINA
E questo
asino di Maestro ancor non viene!
(rivolgendosi, vede le carte di musica)
Oh, quanta musicaccia.
Quanti spartiti d'opera!
(legge)
«L'avaro».
Il diavol se lo porti;
in Gratz a terra andò, come uno straccio.
E v'era io; pensa un po' che spartitaccio!
(legge)
«La donna letterata».
Non la conosco, ma dal titol solo
capisco, ch'esser deve
una gran seccatura.
(lo getta)
«Premio della virtù»: mediocre assai.
(leggendo sempre, e buttando via gli spartiti)
«La speranza delusa», oibò! il soggetto
è troppo ripetuto.
«Il geloso burlato»:
tanto di barba. «Il vero patriottismo»:
tutta roba del secolo passato.
POETA
Ma voi mandate tutto alla malora.
TONINA
(mette mano agli altri spartiti, sempre leggendo il titolo, e gettando via e scomponendo tutto)
E cosa importa a voi? Gran ficcanaso!
Ecco un altro gran mucchio.
«Annibale sull'Alpi». Il titol solo
fa venir freddo. «L'Attila», «L'Egeria»,
è tutta roba seria:
ecco musica sciolta: ecco un quartetto,
un terzetto, un duetto,
ecco qua un'aria: è in elamì; non posso
soffrir quest'elamì: questa è in befà;
oibò, è per contralto, proviam questa.
È troppo alta per me.
POETA
Tonina mia, ma che dirà il Maestro?
TONINA
Dirà quel che vorrà: ed ei dovea
farsi in casa trovar. Oh! oh! il Maestro
è anche un po' briacone.
(al Poeta)
Che vino è questo?… ahi! ahi! bevete voi.
POETA
Fuori del desinar bever non posso.
(empie un bicchier e l'assaggia)
TONINA
Bevete su, o ve lo getto addosso.
POETA
Ma Tonina…
TONINA
E ardireste
dunque di ricusar ciò ch'io gustai?
POETA
Via, beviamo…
(assaggia un poco)
TONINA
No, tutto.
POETA
Stomacar mi farete.
TONINA
Crepate, ma bevete.
POETA
Che martirio.
(beve con atto di disgusto)
TONINA
Coraggio: così: bravo.
POETA
Ora, Tonina…
(vede un ferraiolo appeso, lo prende e vi s'involge: e in questo mentre giunge il Maestro col cappello in testa e una carta di musica in mano senza accorgersi di Tonina)
TONINA
Zitto… un ferraiolo;
me lo voglio provar.
Scena sesta
Maestro, e detti.
MAESTRO
Signor Poeta,
e la buffa?…
(vedendo la musica per terra si adira contro il Poeta)
Cos'è?
O poveretto me! tutta sossopra
è la musica mia. Che avete fatto?
Diavol! che siete divenuto matto.
POETA
Non son stat'io.
MAESTRO
Chi dunque?
POETA
(accennando Tonina)
Eccola…
MAESTRO
(rivolgendosi)
Chi? che miro!
Chi è qui col mio mantello?
POETA
È appunto…
TONINA
(si sferraiola, getta a terra il mantello, e toglie di testa al Maestro il cappello e glielo getta pure a terra)
Sì, son io… Giù quel cappello.
Quando si sta davanti
a una bella ragazza, com'io sono…
MAESTRO
Il mio mantello, il mio cappello buono!
POETA
(imbarazzato)
Non era alcuno in stanza…
Scusate…
TONINA
Che scusar? Bella creanza!
Farmi un'ora aspettar.
MAESTRO
Ma voi…
POETA
Giudizio,
Tonina.
TONINA
A me giudizio!
(corre verso il Poeta, e nel correre rovescia il tavolino col calamaio e penne, e gli dà un pugno)
Poetaccio insolente,
giudizio a me! son qualche pazza, o forse
voi siete il mio tutor?
MAESTRO
Misericordia!
Costei tutto rovina, ed abbaruffa.
Un diavol mi par, non una buffa.
POETA
(piano al Maestro)
Dissimulate in grazia
di quei cento… capite?
MAESTRO
Sì… ma intanto…
POETA
(a Tonina con dolcezza)
Via, che avete ragion.
TONINA
Se voi sarete
più savi e buoni, io vi perdono.
MAESTRO
Oh bella!
Or sta a veder, ch'io torto avrò, non ella.
POETA
Orsù, tronchiam questi discorsi, e omai
parliam di ciò, che importa più.
MAESTRO
Quai sono
i caratteri suoi più favoriti?
TONINA
Io tutto vi farò: la contadina,
la vecchia, la bambina,
la semplice, l'astuta.
MAESTRO
È tutta roba, che l'abbiam veduta.
POETA
Si vorria qualche cosa nuova, e bella.
TONINA
L'Arlecchino, il Dottore, il Pulcinella?
MAESTRO
Oh cari quei caratteri!
POETA
Deliziosi, è ver: ma, poco o nulla
conoscendosi qui gli originali,
non si posson gustar.
MAESTRO
Son vari i gusti.
POETA
Ma poi il più bello è che ciascun pretende
essere il gusto suo miglior d'ogni altro.
TONINA
Conosciuti caratteri vi annoiano,
sconosciuti non son di vostro gusto:
e chi diavolo mai può contentarvi?
Vi farò… che so io…
la selvaggia, la zinghera, la quaquera.
MAESTRO
La papera?
TONINA
Non papera, ma quaquera.
POETA
(seriamente al Maestro)
Sì, squacquera.
MAESTRO
Cioè?
TONINA
Zucche! Già vedo
che l'un, e l'altro non capisce un zero.
A proposito: ancor talvolta ho fatta,
e posso far la matta.
POETA
Bella esser dée la scena.
MAESTRO
Né dovrebbe costarvi una gran pena.
TONINA
Figuratevi, ch'io per affluenza
di sangue nel cervello, o per dolore,
per rabbia, per amore,
per sùbito spavento,
o per altra ragion pazza divento.
Stranamente vestita,
ho gli occhi stralunati,
capelli scarmigliati,
la guardatura fissa, il viso giallo,
e ora piango, ora rido, or canto, or ballo.
Via largo ragazzi,
non tanti schiamazzi
ché arriva la sposa
con gala sfarzosa,
la bella Tonina
che vien dalla China:
oh quante carrozze!
oh quanti cavalli!
Venite alle nozze,
si canti, si balli;
cantate, ballate,
la rà, la ra là.
Ma cosa mai veggio?
Si può far di peggio?
(guardandoli stralunatamente)
Voi siete due cosi
barbuti, pelosi…
Che musi che avete?
Montoni voi siete.
Io son l'agnelletta,
che sopra l'erbetta
saltando se n' va.
E voi cosa volete
così vestiti a lutto?
Tacete, oh dio! tacete,
ché già comprendo il tutto.
Il caro sposo è morto:
chi sa se torna più.
Ma non ha avuto torto,
ché giusto a mezza vita
aveva una ferita,
da quindici anni, e più.
Ombra sanguigna errante
del caro sposo amante,
se intorno a me t'aggiri,
ascolta i miei sospiri,
rimira queste lagrime,
come mi colan giù.
Voi non piangete, o perfidi?
POETA
Pare ossessa.
MAESTRO
E chi sa che non lo sia.
TONINA
Ma tu chi sei, che in maschera
mi vieni a dar dei pizzichi?
Or ti conosco: ah cane.
Morrai per le mie mane.
(piglia pe 'l collo il Maestro)
Sì, l'uccisor sei tu.
Paventa i sdegni miei;
Marfisa io son, tu sei
il brutto Ferraù.
MAESTRO
Per carità, finite questa scena.
POETA
Eppur non la fa male.
MAESTRO
Anzi un pochetto troppo al naturale.
TONINA
Volete altro?
MAESTRO
Io per me ne ho già abbastanza.
POETA
Tonina, dite un po': vi ricordate
di quella cavatina,
che giusto ier mattina
fe' rider tanto il principe?
TONINA
Ah, sì quella
che figura un Tartaglia,
che a ogni sillaba intoppa, impunta e sbaglia.
(canta tartagliando)
Cucuzze! Che concorso!
Chi chiacchiera, chi ride,
e chi schiamazza, e stride,
chi fugge a tutto corso,
e chi va qua, chi là.
MAESTRO
Cessate in grazia, ché mi fate pena.
POETA
Vedete ben, ch'ella sa far di tutto.
TONINA
Troppo gentil.
MAESTRO
(a Tonina)
Ella saprà che qui
dée darsi un'operetta in quattro dì.
Se però si compiace
d'accettare una parte, evvene appunto
una per lei, che parmi
moltissimo a proposito.
TONINA
Cioè?
POETA
Ella è una cameriera allegra, e scaltra,
che divertir procura la padrona,
e toglierle il pensier, che ha d'ammazzarsi.
TONINA
Per questo io sono a meraviglia buona.
MAESTRO
Giusto ho un'aria qui pronta.
TONINA
Sentiamo.
(prende l'aria di mano del Maestro, e si pone in atto di cantare)
MAESTRO
Volentieri: è un allegretto.
POETA
Sentirete, maestro, sentirete
come ella canta all'improvviso.
TONINA
Io poi
fo tutto all'improvviso.
MAESTRO
Dunque a noi.
(il Maestro sta al cembalo accompagnando Tonina, che, appena ha cantato alcune battute, vien interrotta da Eleonora che sopraggiunge)
Scena ultima
Eleonora, e detti.
ELEONORA
(colla solita sostenutezza)
Maestro, vi saluto. ~ Addio, Poeta.
MAESTRO
(a Tonina)
Signora mia… scusate, un sol momento…
TONINA
Mi piantate così?
MAESTRO
Subito torno.
ELEONORA
Ecco l'aria: vogliam provarla un poco?
MAESTRO
Subito; quando sbrigo
quell'altra virtuosa, e son da lei.
(va per mettersi di nuovo al cembalo)
ELEONORA
(al Poeta)
Dite, chi è colei?
POETA
È una buffa eccellente.
ELEONORA
Non mi intrigo con buffe.
TONINA
(al Maestro)
Ebben, venite, o non venite?
MAESTRO
(accostandosi a Tonina)
Adesso.
Quell'è donna Eleonora
che ora vien di Spagna.
TONINA
Fosse anche la contessa di Culagna,
non me ne importa un fico.
ELEONORA
Incominciamo, dico.
MAESTRO
Aspetti un poco.
Quella signora ha cominciato omai.
ELEONORA
E le mie pari non aspettan mai.
POETA
(Qui nasce uno scompiglio.)
TONINA
(al Maestro)
Se non venite voi, finisco sola.
ELEONORA
(al Maestro)
Se voi non mi volete accompagnare
al cembalo mi pongo,
e da me stessa mi accompagno, e canto.
TONINA
Canti pur: l'aria mia finisco intanto.
(Eleonora si pone al cembalo, e canta la sua aria -Se questo mio pianto-; e intanto Tonina canta l'aria sua -Per pietà-; mentre cantano, parla alla seria il Maestro, e il Poeta alla buffa)
ELEONORA
Se questo mio pianto
il cor non ti tocca,
se questo mio canto,
che m'esce di bocca
ancor non espugna
quel barbaro sen;
via sfodera, impugna
quel ferro spietato
e questo castrato
trafiggimi almen.
POETA E MAESTRO
Maestro
Via, donna Eleonora…
Poeta
Via, cara Tonina…
Maestro
Cessate in buon'ora.
Poeta
Deh siate bonina.
Poeta e Maestro
Stizzarsi, adirarsi
a voi non convien.
Al principe, al conte
disgusto darete,
che come sapete,
vi vuol tanto ben.
Insieme
TONINA
Per pietà padrona mia,
per pietà non v'ammazzate,
ch'è una gran minchioneria.
Queste sono ragazzate,
e può farsene di men.
Deh! Lasciate che s'ammazzi
qualche brutta, o scioccherella;
ché l'uccidersi è da pazzi,
sia col ferro o col velen.
Voi dovete star nel mondo,
voi che siete savia, e bella,
voi che avete il sen fecondo,
voi che avete un figlio in sen.
(Eleonora finisce la sua aria prima di Tonina, la quale segue a cantare con dispetto; e intanto Eleonora si leva, e si ferma a guardarla ridendo)
ELEONORA
E pur quell'orgoglio
diverte, mi piace;
quell'estro vivace
diletto mi dà.
TONINA
(facendo un gran respiro)
Ho vinto l'impegno,
or altro non voglio,
depongo lo sdegno,
son tutta bontà.
POETA E MAESTRO
Se il riso, se il gioco
successe a quel foco,
si stringa costante
sincera amistà.
ELEONORA E TONINA
Il vate, il maestro
risveglino l'estro.
POETA E MAESTRO
La seria, la buffa
non faccian baruffa.
TUTTI
Si stringa costante
sincera amistà.
POETA
Or se tutti son d'accordo,
se nessuno è muto, o sordo,
se la musica è già pronta,
se il libretto non si conta,
se il vestiario, se scenario,
se gli attori, i sonatori,
se ogni cosa in somma è lesta,
se chi paga e dà la festa
vuole, ed ordina così,
sarà cosa facilissima
di far l'opra in quattro dì.
MAESTRO
Grazie al ciel, che la ragione
alla fin l'ostinazione
d'un poeta convertì.
TUTTI
Lieto intanto applauda il canto
allo stuolo spettator.
Astro in ciel propizio splenda
di contenti annunziator.
Ch'efficaci i voti renda
e il desio del nostro cor.
Fine (Atto unico)