ATTO TERZO
La notte di Sant’Eligio
(Una grande sala della fattoria. Nel fondo di essa si aprono quattro porte su d'una terrazza che si prolunga sino all'angolo della fiancata sinistra. La terrazza sporge sopra una valle chiusa, in lontananza, da un panorama di verdi colline. Nell'angolo sinistro della sala una scaletta di legno in due rampe mette alla torretta del fienile. In primo piano, pure a sinistra, la porta della camera di Rosa e Vivetta. Poco avanti un tavolo ed una sedia. A destra, lungo la parete della sala, s'aprono due porte; una delle quali, la più vicina, è la porta d'ingresso e l'altra in fondo è quella della camera di Federico e dell'innocente. Di fronte a questa, nella parete sinistra della sala, vi è un piccolo tabernacolo con una statuina della Madonna, davanti alla quale arde un lumicino. Ai piedi un inginocchiatoio. Tutte le porte che mettono sulla terrazza sono munite di vetrate e adorne di tralci di vite e di piante. Spira un'aria di festa. Sta per annottare)
(Delle fanciulle, graziosamente vestite, sono affaccendate a intrecciar fiori per farne ghirlande, in fondo alla scena, mentre altre danzano gaiamente)
▼LE FANCIULLE▲
Di gigli candidi
faremo dono,
domani, al provvido
nostro Patrono.
Nè rose e anemoni
dovran mancar
ai nostri giovani
pronti a sposar.
E fior a fior
leghiamo ognor.
I fior, che effondono
lor miti olezzi,
son quasi il simbolo
dei nostri vezzi:
nimbi fulgenti
della virtù;
aliti ardenti
di gioventù.
E fior a fior
leghiamo ognor,
al par che amore
si avvince al core.
▼BALDASSARRE▲
(entrando, lieto)
O bella, allegra gioventù, salute!
▼ALCUNE FANCIULLE▲
(interrompendo la danza)
O papà Baldassarre, anche voi qui per le nozze?
(circondano il pastore)
▼BALDASSARRE▲
Sì, certo!
Ho dato moglie al padre dello sposo,
e l'ho data anche al nonno.
Prima d'aver queste pupille immote
nel lungo, ultimo sonno,
voglio provar la gran felicità
di darla anche al nipote.
▼ALCUNE FANCIULLE▲
Han data oggi promessa.
Domani i regali, poi?
▼BALDASSARRE▲
Sabato le nozze.
Ma io, la stessa sera,
mentre andran le lucciole
fra i tepor della nuova primavera
raminghe alla campagna,
randello in pugno, e su per la montagna.
▼LE FANCIULLE▲
Tanto presto perchè vuoi partire?
▼BALDASSARRE▲
Io voglio alfin sull'Alpi morire.
▼LE FANCIULLE▲
(tra loro, raccogliendo i fiori)
E fiori a fiori leghiamo ognor…
(Le fanciulle, dopo aver raccolto altri fiori, circondano allegramente Baldassarre ed escono con lui. Altre riprendono la danza, e infine si disperdono per le porte della terrazza. La luna, intanto, illumina a poco a poco la scena)
▼VIVETTA▲
(vien fuori dalla terrazza cingendo teneramente col bracciole spalle di Federico)
Non lo negar, non sei felice?
▼FEDERICO▲
(carezzandola)
Sono felice, sì!… Temi pel tuo malato?
Ti rassicura: egli è guarito!
▼VIVETTA▲
Credi d'esserlo, e forse… non lo sei.
▼FEDERICO▲
Dico il ver, non so ingannare;
io, finora, non t'amai,
t'amo adesso, e tuo m'avrai. T'amo!
▼VIVETTA▲
(con gioia)
M'ami, dunque, è proprio ver?
▼FEDERICO▲
(abbracciandola)
Va, disperdi ogni triste pensiero:
t'amo tanto, soave mio fior.
Vieni, vieni sul mio cor!
Pace, vita è il tuo amore per me;
per me è il tuo dire una dolce carezza.
Qui sul mio sen, Vivetta,
tu m'allieta, o mio dolce tesor…
tu sola ormai regni sul cor.
▼VIVETTA▲
(ripresa dal dubbio)
Non pensi, dunque, all'altra?
▼FEDERICO▲
No, a te sola.
▼VIVETTA▲
(timidamente)
Perchè tu serbi qui?…
▼FEDERICO▲
(sorridendo)
Non serbo nulla.
▼VIVETTA▲
Sì… le lettere sue…
▼FEDERICO▲
(sorpreso)
Che?! Tu sapevi?
(poi, amaramente)
Le ho conservate, è ver, gran tempo…
Stamane Baldassarre le riportò.
Duo
▼VIVETTA▲
(con gioia)
Fia ver?
Vedi dei mio affetto la luce, l'ardor,
vedi il mio grande amor…
o mio dolce tesor…
▼FEDERICO▲
Tremo, se tu mi parli,
se mi avvinci col puro candor
o casto e santo amor.
▼VIVETTA▲
Deh, guardami negli occhi,
vedi la luce del mio grande amor.
▼FEDERICO▲
Altro non bramo.
▼VIVETTA▲
Sol questo io sogno!
▼FEDERICO▲
T'amo!
(ritornano abbracciati sulla terrazza e si allontanano)
▼BALDASSARRE▲
(entrando, guarda con tenerezza i due giovani)
Bravi ragazzi miei…
col vostro puro amor
la gioia qui è tornata.
Siate felici ognor!…
(Metifio entra concitato dalla porta d'ingresso a destra, s'imbatte in Baldassarre)
▼BALDASSARRE▲
Sei tu? Che vuoi?
▼METIFIO▲
Le mie lettere.
▼BALDASSARRE▲
(meravigliato)
Come?
Le ho date stamane a tuo padre!
▼METIFIO▲
Capisco…
(sottovoce)
Son due notti che dormo ad Arles.
▼BALDASSARRE▲
Ah, ah! dunque, continua?
▼METIFIO▲
Sempre, sempre.
▼BALDASSARRE▲
Davver?… Dopo la storia delle lettere,
avrei creduto il contrario.
(Vivelta e Federico traversano la scena in fondo)
▼METIFIO▲
Perdonano le donne, quando per lor siam vili,
ogni nostra viltà.
▼BALDASSARRE▲
Che Dio t'aiuti, giovanotto.
Guarir tu possa,
come qui è guarito il ragazzo.
Ei prende moglie fra quattro giorni,
e sposa un'onesta fanciulla.
(Vivetta e Federico appaiono in fondo e traversano ancora la scena)
▼VIVETTA▲
Vedi tesor, negli occhi del mio affetto
la luce… l'ardor… Vedi, dolce amor!
▼METIFIO▲
Oh, lui felice davvero!
lui che le potrà dormire
sul cor tranquillamente.
Fra noi, smanie, rimbrotti
ed impeti feroci di gelosia.
Così passan le notti.
Ma tanto inferno, ormai,
sta per finire. Insiem vivremo, e allora
ari per bene, ari diritto… o guai!
▼BALDASSARRE▲
(con meraviglia)
Che? Vi sposate?
(Vivetta e Federico ritornano e, ogni tanto soffermandosi, si avvicinano un po' più, ma restando in disparte)
Quartetto
▼METIFIO▲
(risoluto)
No, io la rapisco.
Se col gregge stanotte tu stai,
la pianura percossa udirai
da un galoppo terribile: in sella,
stretta a me, griderà la mia bella,
ma il suo grido coi vento ne andrà.
▼BALDASSARRE▲
(a Metifio)
Ma veramente l'ami tu?
Stregato ti ha così la maledetta Arlesiana?
▼METIFIO▲
Sì, per il momento sono il suo bel capriccio.
▼FEDERICO▲
(con un grido, riconoscendolo)
Ah, finalmente! Oh, sì, è lui!
▼VIVETTA▲
Meco ne vieni! Non restar qui.
▼FEDERICO▲
(a Vivetta)
Lasciami dunque!
▼VIVETTA▲
Ah, tu l'ami ancora!
▼METIFIO▲
Alla ventura correr le strade,
sapersi inseguita, tremar dalla paura,
mutar d'alberghi
e non aver mai pace nel cor,
mai nella testa sonno, o quiete;
a lei questo sol piace:
canta uccello di mar con la tempesta.
▼BALDASSARRE▲
(a Metifio)
Rinunzia a lei, la tua mente è smarrita!
Cerca la dolce pace della vita.
▼FEDERICO▲
È costui il mio rival? Ah! Ah! Questo villano!
▼VIVETTA▲
Vieni, se di pietà ti resta un raggio,
deh, torna a me… raccogli il tuo coraggio.
Non restar qui!
▼FEDERICO▲
O maledetto! O maledetto!
▼VIVETTA▲
Federico! Federico!
Ah, meco vieni,
ti stringi al mio seno, il mio core
resister non può. Vieni! Vieni.
▼METIFIO▲
É tardi… è la tortura…
al mio buon vecchio penso che solo lascerò.
▼BALDASSARRE▲
Rimani dunque, rinunzia a quella donna
e prendi moglie anche tu.
▼METIFIO▲
Non posso, è così bella!
▼FEDERICO▲
(fra sè, con rabbia)
E a parlar vien qui che ancora
l'aroma delle sue carni esala, o sciagurato.
Ed ei me noma il fortunato…
me!… me! che darei sol per un'ora
dell'inferno suo tutto il mio paradiso!
▼VIVETTA▲
(fra sè, disperata)
Ei non m'ascolta!
O quale strazio, quale martir!
Ei non m'ascolta, io son perduta!
▼BALDASSARRE▲
Maledetta! Maledetta!
Con la sua fatal bellezza
or diffonde pianto e danni!
O maledetta maga
orditrice d'inganni!
▼METIFIO▲
Fuggirò alla ventura
fra perigli e paura,
sul mio fido destriero la involerò.
Fra perigli e paura
sin la morte per essa sfiderò!
▼FEDERICO▲
(respingendo con violenza Vlvetta)
Lo so che è bella,
per Dio, lo so;
ma tu, tu riportarmene novella
proprio in quest'ora e qui? T'ucciderò!
(afferra uno dei grossi martelli con cui si sono piantati gli alberi di maggio e si slancia contro il rivale)
▼METIFIO▲
(minaccioso)
Indietro! indietro, dico!
▼FEDERICO▲
Difenditi, bandito!
▼BALDASSARRE▲
(trapponendosi)
Ah, no! Che fai?
▼FEDERICO▲
(fuori di sé a Baldassarre)
Va via! ti scosta!
▼METIFIO▲
Indietro!
▼ROSA▲
(accorrendo spaventate e slanciandosi in mezzo a loro)
Ah, spezza prima a tua madre il cor.
(Federico si ferma, vacilla, il martello gli cade dalle mani. Baldassarre spinge Metifio fuori. Rosa e Vivetta conducono amorevolmente Federico, che non oppone resistenza, nella sua camera)
▼VOCI LONTANE▲
Ferve la danza nell'esultanza.
Al Santo onore, ai cor l'amore!
La nostra gioia giammai non muoia!
(rientra Rosa con una lucerna in mano, la posa sul tavolo e va al balcone: guarda un momento fuori, poi torna)
▼ROSA▲
Cantano ancor laggiù…
Le liete voci ancor ne reca il vento:
come funebre vel l'anima avvolge
mortal presentimento.
Aria
Esser madre è un inferno.
Ho dolorato fino quasi a morirne
il dì che venne alla luce.
Signor, tu che m'hai vista
alla sua cuna in quelle paurose
notti della sua infanzia… e tu lo sai
che te l'ho disputato ora per ora,
con la fronte dimessa al pavimento,
e con le palme aperte in te converse,
invocando il Tuo nome. Io da quei giorni
non ebbi requie più. Sai che gli ho dato
a brani a brani l'anima per farne
un uom che fosse onesto e forte, amore
e orgoglio mio. Io T'ho pregato tanto
ma sempre invano!
Sai che, se muor, nè un'ora
gli sopravvivo, e morirò dannata!
Signor! Tu che hai voluto
vane le preci mie insino ad ora
e vedermi piangente e dolorosa,
rammentati Signor, la Madre Tua
ai piedi della Croce prosternata!…
Anch'io, Signor, son madre desolata.
Per pietà veglia sulla vita sua,
per pietà, Signor!
(resta assorta)
Che notte!… quale veglia!…
(s'apre vivamente la porta della camera a destra, Rosa trasale)
Chi va là?
(esce dalla camera di destra l'Innocente: scalzo, i capelli arruffati, mezzo svestito, i calzoni tenuti su da una sola bretella. I suoi occhi brillano, nel suo volto c'è un'insolita espressione di vita, un che d'aperto e d'intelligente)
▼L'INNOCENTE▲
Mamma…
▼ROSA▲
Sei tu?…Che vuoi?…
▼L'INNOCENTE▲
(a voce bassa)
Va pure a letto senza paura,
chè questa notte nulla accadrà.
Io su lui veglio.
▼ROSA▲
(meravigliata)
Tu?
▼L'INNOCENTE▲
Ti stupisce?
Quando il pastor dicea: «Si sveglia!»
il buon pastor non s'ingannava,
il bimbo è sveglio, vede e capisce.
▼ROSA▲
Ma come avvenne?
▼L'INNOCENTE▲
Non lo so come, ma scemi in casa non ce n'è più.
▼ROSA▲
(trasalendo)
No! taci!… ahimè…
▼L'INNOCENTE▲
Mamma, perchè?
▼ROSA▲
(dominandosi)
Nulla, son pazza! Pazza son io!
Tu pur sei figlio, sei sangue mio.
(attirandolo a sè, con tenerezza)
Vieni, ti siedi sui miei ginocchi,
grande or tu sei e bello.
Di nova luce ti splendon gli occhi,
somigli a tuo fratello.
▼L'INNOCENTE▲
Baciami, o mamma.
▼ROSA▲
Sì, tante volte, non una sola…
▼L'INNOCENTE▲
Oh, i dolci baci che ora mi dai!
cosi amorosi non l'ebbi mai!
▼ROSA▲
(mal dissimulando l'agitazionedell'anima)
Va, figliol mio, a dormire.
(con grande commozione lo bacia)
Ancora un bacio… figlio!… Va!
(l'Innocente rientra nella sua camera)
▼ROSA▲
(ripetendole parole dell'Innocente)
«Di scemi in casa non ce n'è più».
E se dovesse questo portarci sventura?
(s'arresta pensierose, poi scuotendosi)
Folle! Folle son io!
(va verso lacamera dei figli e rimane in ascolto)
Dormono entrambi. Grazie, Signor!
(Durante la « ninna-nanna . dell'orchestra, Rosa va a chiudere le vetrate in tondo; poi, dopo essersi genuflessa in atto di preghiera innanzi al tabernacolo della Madonna, va lentamente a riprendere la lucerna già posta sul tavolo e rientra nella sua camera, lasciandone aperta la porta. Spunta l'alba che illumina a poco a poco la vetrata)
▼FEDERICO▲
(entra mezzo svestito, l'aria smarrita; apre rapidamente una finestra, si ferma in ascolto, poi si avanza abbattuto)
Già spunta il dì…
la storia è del pastore:
«Lottò tutta la notte,
ma quando il sol spuntò,
dimise a terra il corpo sanguinoso…»
È orribile! è orribile!
Sempre la vedo… là… nelle sue braccia…
Ei la bacia, ei la stringe… se la porta…
Squarcian le selci le ferrate zampe
dei suo cavallo…
Ah, non posso viver più!
Vision maledetta,
ti strapperò dagli occhi miei!
(sta per slanciarsi verso la scala del fienile)
▼ROSA▲
(accorrendo spaventata)
Federico… sei tu?…
▼VIVETTA▲
(entrando con Rosa, dà anch'essa un grido)
Ah!…
▼ROSA▲
(spaventata)
Dove vai?
▼FEDERICO▲
(si arresta, vacillante, con le braccia tese, ha l'aria smarrita di un pazzo)
E tu non l'odi, tu, laggiù, il galoppo?
▼ROSA, VIVETTA▲
No!
▼FEDERICO▲
(protendendo le braccia verso il fondo sta per salire sulla scala che porta al fienile. Rosa fa per raggiungerlo, ma egli al colmo della disperazione sfugge)
Grida, povera bella, sempre la vedo
là nelle sue braccia!
▼ROSA▲
O figlio mio!
▼FEDERICO▲
Or tra le sue braccia ei forte la stringe!
▼ROSA, VIVETTA▲
No!
▼FEDERICO▲
Ei la bacia!… se la porta!
▼ROSA, VIVETTA▲
No! No!
▼FEDERICO▲
(disperatamente)
È là… É là!
Più vivere non posso!
▼VIVETTA▲
Per pietà!
▼FEDERICO▲
Ah!… Più vivere non posso!
▼ROSA▲
Figlio!
▼FEDERICO▲
E vuol strapparsi a quelle braccia!
▼ROSA, VIVETTA▲
No!
▼FEDERICO▲
L'odi?
L'odi?… Ah!
(richiude la porta dietro di sè)
▼VIVETTA▲
(implorando)
No! Per pietà!
▼ROSA▲
(spinge la porta disperatamente)
Figlio! Figlio! M'apri! M'apri!
▼VIVETTA▲
(si precipita verso il fondo)
Per pietà! Al soccorso!
(s'ode un tonfo ed un gridare di voci interne)
▼ROSA, VIVETTA▲
Ah!
(Rosa cade svenuta ai piedi della scaletta, Vivetta si abbandona su di lei e l'Innocente, accorrendo spaventato, s'inginocchia presso la madre)
ATTO TERZO
La notte di Sant’Eligio
(Una grande sala della fattoria. Nel fondo di essa si aprono quattro porte su d'una terrazza che si prolunga sino all'angolo della fiancata sinistra. La terrazza sporge sopra una valle chiusa, in lontananza, da un panorama di verdi colline. Nell'angolo sinistro della sala una scaletta di legno in due rampe mette alla torretta del fienile. In primo piano, pure a sinistra, la porta della camera di Rosa e Vivetta. Poco avanti un tavolo ed una sedia. A destra, lungo la parete della sala, s'aprono due porte; una delle quali, la più vicina, è la porta d'ingresso e l'altra in fondo è quella della camera di Federico e dell'innocente. Di fronte a questa, nella parete sinistra della sala, vi è un piccolo tabernacolo con una statuina della Madonna, davanti alla quale arde un lumicino. Ai piedi un inginocchiatoio. Tutte le porte che mettono sulla terrazza sono munite di vetrate e adorne di tralci di vite e di piante. Spira un'aria di festa. Sta per annottare)
(Delle fanciulle, graziosamente vestite, sono affaccendate a intrecciar fiori per farne ghirlande, in fondo alla scena, mentre altre danzano gaiamente)
LE FANCIULLE
Di gigli candidi
faremo dono,
domani, al provvido
nostro Patrono.
Nè rose e anemoni
dovran mancar
ai nostri giovani
pronti a sposar.
E fior a fior
leghiamo ognor.
I fior, che effondono
lor miti olezzi,
son quasi il simbolo
dei nostri vezzi:
nimbi fulgenti
della virtù;
aliti ardenti
di gioventù.
E fior a fior
leghiamo ognor,
al par che amore
si avvince al core.
BALDASSARRE
(entrando, lieto)
O bella, allegra gioventù, salute!
ALCUNE FANCIULLE
(interrompendo la danza)
O papà Baldassarre, anche voi qui per le nozze?
(circondano il pastore)
BALDASSARRE
Sì, certo!
Ho dato moglie al padre dello sposo,
e l'ho data anche al nonno.
Prima d'aver queste pupille immote
nel lungo, ultimo sonno,
voglio provar la gran felicità
di darla anche al nipote.
ALCUNE FANCIULLE
Han data oggi promessa.
Domani i regali, poi?
BALDASSARRE
Sabato le nozze.
Ma io, la stessa sera,
mentre andran le lucciole
fra i tepor della nuova primavera
raminghe alla campagna,
randello in pugno, e su per la montagna.
LE FANCIULLE
Tanto presto perchè vuoi partire?
BALDASSARRE
Io voglio alfin sull'Alpi morire.
LE FANCIULLE
(tra loro, raccogliendo i fiori)
E fiori a fiori leghiamo ognor…
(Le fanciulle, dopo aver raccolto altri fiori, circondano allegramente Baldassarre ed escono con lui. Altre riprendono la danza, e infine si disperdono per le porte della terrazza. La luna, intanto, illumina a poco a poco la scena)
VIVETTA
(vien fuori dalla terrazza cingendo teneramente col bracciole spalle di Federico)
Non lo negar, non sei felice?
FEDERICO
(carezzandola)
Sono felice, sì!… Temi pel tuo malato?
Ti rassicura: egli è guarito!
VIVETTA
Credi d'esserlo, e forse… non lo sei.
FEDERICO
Dico il ver, non so ingannare;
io, finora, non t'amai,
t'amo adesso, e tuo m'avrai. T'amo!
VIVETTA
(con gioia)
M'ami, dunque, è proprio ver?
FEDERICO
(abbracciandola)
Va, disperdi ogni triste pensiero:
t'amo tanto, soave mio fior.
Vieni, vieni sul mio cor!
Pace, vita è il tuo amore per me;
per me è il tuo dire una dolce carezza.
Qui sul mio sen, Vivetta,
tu m'allieta, o mio dolce tesor…
tu sola ormai regni sul cor.
VIVETTA
(ripresa dal dubbio)
Non pensi, dunque, all'altra?
FEDERICO
No, a te sola.
VIVETTA
(timidamente)
Perchè tu serbi qui?…
FEDERICO
(sorridendo)
Non serbo nulla.
VIVETTA
Sì… le lettere sue…
FEDERICO
(sorpreso)
Che?! Tu sapevi?
(poi, amaramente)
Le ho conservate, è ver, gran tempo…
Stamane Baldassarre le riportò.
Duo
VIVETTA
(con gioia)
Fia ver?
Vedi dei mio affetto la luce, l'ardor,
vedi il mio grande amor…
o mio dolce tesor…
FEDERICO
Tremo, se tu mi parli,
se mi avvinci col puro candor
o casto e santo amor.
VIVETTA
Deh, guardami negli occhi,
vedi la luce del mio grande amor.
FEDERICO
Altro non bramo.
VIVETTA
Sol questo io sogno!
FEDERICO
T'amo!
(ritornano abbracciati sulla terrazza e si allontanano)
BALDASSARRE
(entrando, guarda con tenerezza i due giovani)
Bravi ragazzi miei…
col vostro puro amor
la gioia qui è tornata.
Siate felici ognor!…
(Metifio entra concitato dalla porta d'ingresso a destra, s'imbatte in Baldassarre)
BALDASSARRE
Sei tu? Che vuoi?
METIFIO
Le mie lettere.
BALDASSARRE
(meravigliato)
Come?
Le ho date stamane a tuo padre!
METIFIO
Capisco…
(sottovoce)
Son due notti che dormo ad Arles.
BALDASSARRE
Ah, ah! dunque, continua?
METIFIO
Sempre, sempre.
BALDASSARRE
Davver?… Dopo la storia delle lettere,
avrei creduto il contrario.
(Vivelta e Federico traversano la scena in fondo)
METIFIO
Perdonano le donne, quando per lor siam vili,
ogni nostra viltà.
BALDASSARRE
Che Dio t'aiuti, giovanotto.
Guarir tu possa,
come qui è guarito il ragazzo.
Ei prende moglie fra quattro giorni,
e sposa un'onesta fanciulla.
(Vivetta e Federico appaiono in fondo e traversano ancora la scena)
VIVETTA
Vedi tesor, negli occhi del mio affetto
la luce… l'ardor… Vedi, dolce amor!
METIFIO
Oh, lui felice davvero!
lui che le potrà dormire
sul cor tranquillamente.
Fra noi, smanie, rimbrotti
ed impeti feroci di gelosia.
Così passan le notti.
Ma tanto inferno, ormai,
sta per finire. Insiem vivremo, e allora
ari per bene, ari diritto… o guai!
BALDASSARRE
(con meraviglia)
Che? Vi sposate?
(Vivetta e Federico ritornano e, ogni tanto soffermandosi, si avvicinano un po' più, ma restando in disparte)
Quartetto
METIFIO
(risoluto)
No, io la rapisco.
Se col gregge stanotte tu stai,
la pianura percossa udirai
da un galoppo terribile: in sella,
stretta a me, griderà la mia bella,
ma il suo grido coi vento ne andrà.
BALDASSARRE
(a Metifio)
Ma veramente l'ami tu?
Stregato ti ha così la maledetta Arlesiana?
METIFIO
Sì, per il momento sono il suo bel capriccio.
FEDERICO
(con un grido, riconoscendolo)
Ah, finalmente! Oh, sì, è lui!
VIVETTA
Meco ne vieni! Non restar qui.
FEDERICO
(a Vivetta)
Lasciami dunque!
VIVETTA
Ah, tu l'ami ancora!
METIFIO
Alla ventura correr le strade,
sapersi inseguita, tremar dalla paura,
mutar d'alberghi
e non aver mai pace nel cor,
mai nella testa sonno, o quiete;
a lei questo sol piace:
canta uccello di mar con la tempesta.
BALDASSARRE
(a Metifio)
Rinunzia a lei, la tua mente è smarrita!
Cerca la dolce pace della vita.
FEDERICO
È costui il mio rival? Ah! Ah! Questo villano!
VIVETTA
Vieni, se di pietà ti resta un raggio,
deh, torna a me… raccogli il tuo coraggio.
Non restar qui!
FEDERICO
O maledetto! O maledetto!
VIVETTA
Federico! Federico!
Ah, meco vieni,
ti stringi al mio seno, il mio core
resister non può. Vieni! Vieni.
METIFIO
É tardi… è la tortura…
al mio buon vecchio penso che solo lascerò.
BALDASSARRE
Rimani dunque, rinunzia a quella donna
e prendi moglie anche tu.
METIFIO
Non posso, è così bella!
FEDERICO
(fra sè, con rabbia)
E a parlar vien qui che ancora
l'aroma delle sue carni esala, o sciagurato.
Ed ei me noma il fortunato…
me!… me! che darei sol per un'ora
dell'inferno suo tutto il mio paradiso!
VIVETTA
(fra sè, disperata)
Ei non m'ascolta!
O quale strazio, quale martir!
Ei non m'ascolta, io son perduta!
BALDASSARRE
Maledetta! Maledetta!
Con la sua fatal bellezza
or diffonde pianto e danni!
O maledetta maga
orditrice d'inganni!
METIFIO
Fuggirò alla ventura
fra perigli e paura,
sul mio fido destriero la involerò.
Fra perigli e paura
sin la morte per essa sfiderò!
FEDERICO
(respingendo con violenza Vlvetta)
Lo so che è bella,
per Dio, lo so;
ma tu, tu riportarmene novella
proprio in quest'ora e qui? T'ucciderò!
(afferra uno dei grossi martelli con cui si sono piantati gli alberi di maggio e si slancia contro il rivale)
METIFIO
(minaccioso)
Indietro! indietro, dico!
FEDERICO
Difenditi, bandito!
BALDASSARRE
(trapponendosi)
Ah, no! Che fai?
FEDERICO
(fuori di sé a Baldassarre)
Va via! ti scosta!
METIFIO
Indietro!
ROSA
(accorrendo spaventate e slanciandosi in mezzo a loro)
Ah, spezza prima a tua madre il cor.
(Federico si ferma, vacilla, il martello gli cade dalle mani. Baldassarre spinge Metifio fuori. Rosa e Vivetta conducono amorevolmente Federico, che non oppone resistenza, nella sua camera)
VOCI LONTANE
Ferve la danza nell'esultanza.
Al Santo onore, ai cor l'amore!
La nostra gioia giammai non muoia!
(rientra Rosa con una lucerna in mano, la posa sul tavolo e va al balcone: guarda un momento fuori, poi torna)
ROSA
Cantano ancor laggiù…
Le liete voci ancor ne reca il vento:
come funebre vel l'anima avvolge
mortal presentimento.
Aria
Esser madre è un inferno.
Ho dolorato fino quasi a morirne
il dì che venne alla luce.
Signor, tu che m'hai vista
alla sua cuna in quelle paurose
notti della sua infanzia… e tu lo sai
che te l'ho disputato ora per ora,
con la fronte dimessa al pavimento,
e con le palme aperte in te converse,
invocando il Tuo nome. Io da quei giorni
non ebbi requie più. Sai che gli ho dato
a brani a brani l'anima per farne
un uom che fosse onesto e forte, amore
e orgoglio mio. Io T'ho pregato tanto
ma sempre invano!
Sai che, se muor, nè un'ora
gli sopravvivo, e morirò dannata!
Signor! Tu che hai voluto
vane le preci mie insino ad ora
e vedermi piangente e dolorosa,
rammentati Signor, la Madre Tua
ai piedi della Croce prosternata!…
Anch'io, Signor, son madre desolata.
Per pietà veglia sulla vita sua,
per pietà, Signor!
(resta assorta)
Che notte!… quale veglia!…
(s'apre vivamente la porta della camera a destra, Rosa trasale)
Chi va là?
(esce dalla camera di destra l'Innocente: scalzo, i capelli arruffati, mezzo svestito, i calzoni tenuti su da una sola bretella. I suoi occhi brillano, nel suo volto c'è un'insolita espressione di vita, un che d'aperto e d'intelligente)
L'INNOCENTE
Mamma…
ROSA
Sei tu?…Che vuoi?…
L'INNOCENTE
(a voce bassa)
Va pure a letto senza paura,
chè questa notte nulla accadrà.
Io su lui veglio.
ROSA
(meravigliata)
Tu?
L'INNOCENTE
Ti stupisce?
Quando il pastor dicea: «Si sveglia!»
il buon pastor non s'ingannava,
il bimbo è sveglio, vede e capisce.
ROSA
Ma come avvenne?
L'INNOCENTE
Non lo so come, ma scemi in casa non ce n'è più.
ROSA
(trasalendo)
No! taci!… ahimè…
L'INNOCENTE
Mamma, perchè?
ROSA
(dominandosi)
Nulla, son pazza! Pazza son io!
Tu pur sei figlio, sei sangue mio.
(attirandolo a sè, con tenerezza)
Vieni, ti siedi sui miei ginocchi,
grande or tu sei e bello.
Di nova luce ti splendon gli occhi,
somigli a tuo fratello.
L'INNOCENTE
Baciami, o mamma.
ROSA
Sì, tante volte, non una sola…
L'INNOCENTE
Oh, i dolci baci che ora mi dai!
cosi amorosi non l'ebbi mai!
ROSA
(mal dissimulando l'agitazionedell'anima)
Va, figliol mio, a dormire.
(con grande commozione lo bacia)
Ancora un bacio… figlio!… Va!
(l'Innocente rientra nella sua camera)
ROSA
(ripetendole parole dell'Innocente)
«Di scemi in casa non ce n'è più».
E se dovesse questo portarci sventura?
(s'arresta pensierose, poi scuotendosi)
Folle! Folle son io!
(va verso lacamera dei figli e rimane in ascolto)
Dormono entrambi. Grazie, Signor!
(Durante la « ninna-nanna . dell'orchestra, Rosa va a chiudere le vetrate in tondo; poi, dopo essersi genuflessa in atto di preghiera innanzi al tabernacolo della Madonna, va lentamente a riprendere la lucerna già posta sul tavolo e rientra nella sua camera, lasciandone aperta la porta. Spunta l'alba che illumina a poco a poco la vetrata)
FEDERICO
(entra mezzo svestito, l'aria smarrita; apre rapidamente una finestra, si ferma in ascolto, poi si avanza abbattuto)
Già spunta il dì…
la storia è del pastore:
«Lottò tutta la notte,
ma quando il sol spuntò,
dimise a terra il corpo sanguinoso…»
È orribile! è orribile!
Sempre la vedo… là… nelle sue braccia…
Ei la bacia, ei la stringe… se la porta…
Squarcian le selci le ferrate zampe
dei suo cavallo…
Ah, non posso viver più!
Vision maledetta,
ti strapperò dagli occhi miei!
(sta per slanciarsi verso la scala del fienile)
ROSA
(accorrendo spaventata)
Federico… sei tu?…
VIVETTA
(entrando con Rosa, dà anch'essa un grido)
Ah!…
ROSA
(spaventata)
Dove vai?
FEDERICO
(si arresta, vacillante, con le braccia tese, ha l'aria smarrita di un pazzo)
E tu non l'odi, tu, laggiù, il galoppo?
ROSA, VIVETTA
No!
FEDERICO
(protendendo le braccia verso il fondo sta per salire sulla scala che porta al fienile. Rosa fa per raggiungerlo, ma egli al colmo della disperazione sfugge)
Grida, povera bella, sempre la vedo
là nelle sue braccia!
ROSA
O figlio mio!
FEDERICO
Or tra le sue braccia ei forte la stringe!
ROSA, VIVETTA
No!
FEDERICO
Ei la bacia!… se la porta!
ROSA, VIVETTA
No! No!
FEDERICO
(disperatamente)
È là… É là!
Più vivere non posso!
VIVETTA
Per pietà!
FEDERICO
Ah!… Più vivere non posso!
ROSA
Figlio!
FEDERICO
E vuol strapparsi a quelle braccia!
ROSA, VIVETTA
No!
FEDERICO
L'odi?
L'odi?… Ah!
(richiude la porta dietro di sè)
VIVETTA
(implorando)
No! Per pietà!
ROSA
(spinge la porta disperatamente)
Figlio! Figlio! M'apri! M'apri!
VIVETTA
(si precipita verso il fondo)
Per pietà! Al soccorso!
(s'ode un tonfo ed un gridare di voci interne)
ROSA, VIVETTA
Ah!
(Rosa cade svenuta ai piedi della scaletta, Vivetta si abbandona su di lei e l'Innocente, accorrendo spaventato, s'inginocchia presso la madre)